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28 marzo 2024

Treviso

Referendun per l'autonomia in Veneto

Confronto tra Veneto e Lombardia

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

Referendun per l'autonomia in Veneto

TREVISO - I motivi per chiedere un diverso ordinamento dello Stato sono diventati particolarmente sentiti in seguito alla crisi economica che ha colpito, negli ultimi anni, anche le regioni economicamente forti e trainanti.

La Costituzione Italiana concede qualche spazio di manovra, ma è sempre più evidente che in essa ci sono disposizioni, che non hanno ragione di essere, che non servono alla crescita del Paese, che non servono a sviluppare un senso di appartenenza collettiva.

In questo contesto andrebbe superata la divisione di compiti tra le varie istituzioni, come l' anacronistica distinzione tra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario.

L’istituzione delle Regioni nel 1970 rese più evidente la divisione tra regioni autonome di serie A e regioni a statuto ordinario di serie B. Il gettito fiscale delle regioni a statuto ordinario va in gran parte allo Stato, mentre la Sicilia ne trattiene il 100%, la Val d’Aosta e il Trentino il 90%, la Sardegna il 70% e il Friuli Venezia Giulia il 60 %.

Il decentramento delle competenze pare lo strumento più adatto per evitare gli sprechi, secondo l’antico principio di sussidiarietà, che presuppone però competenze chiare per i singoli livelli e lo Stato centrale.

La storia.

La rivendicazione di maggiore autonomia dallo Stato italiano da parte dei Veneti ha radici antiche e motivazioni molto pratiche e di attualità.

Si legge nello Statuto della Regione del Veneto, approvato con legge 22 maggio 1971: “ Il Veneto è Regione autonoma, nell’unità della Repubblica italiana… (art. 1)”; “L’autogoverno del popolo veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia. (art.2)”.

Sono chiare affermazioni di autonomia e di identità, fatte un anno dopo l’istituzione delle regioni in Italia e una decina di anni prima che apparisse all’orizzonte politico dell’Italia la Liga Veneta.

 

Il nuovo statuto della Regione approvato con legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n.1 recita: “Il Veneto è Regione autonoma, secondo il presente Statuto, in armonia con la Costituzione della repubblica e con i principi dell’ordinamento dell’Unione europea”.

Il Veneto quindi è regione autonoma come tutte le regioni italiane.

A Cinque Regioni (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta) la Costituzione riconosce “forme e condizioni particolari di autonomia”.

La stessa Costituzione afferma sempre all’art. 116, che “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” concernenti alcune materie possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della regione interessata… “.

Lo Stato è sempre più accentrato, più burocratizzato e più indebitato e più impotente di fronte a certe situazioni.

Addirittura, fino a un decreto Monti del 2012, lo Stato non aveva neppure la possibilità di esaminare i bilanci regionali e le regioni non avevano l’obbligo di farsi controllare i conti da revisori professionisti.

Oggi sappiamo che i debiti delle regioni ammontano a 33.000 miliardi e che le regioni hanno trent’anni di tempo per arrivare al pareggio.

La battaglia per fare dell’Italia uno stato veramente federale, non per aggiungere il Veneto al numero delle Regioni a statuto speciale, o per eliminare le regioni a statuto speciale, pare giusta e non più rinviabile.

E' legittima, comunque questa domanda: come mai non sia stata combattuta questa battaglia, quando tre regioni (Piemonte, Lombardia e Veneto) erano governate dalla Lega Nord, che contemporaneamente era al governo del Paese?

Allora, forse, sarebbe stato più facile: infatti nel 2008 la Lega, al governo con Berlusconi, affossò un tavolo di lavoro sui nuovi poteri da dare alle regioni, proposto dalla Lombardia e dal Veneto..

 

Oggi, Veneto e Lombardia hanno trovato l’accordo per celebrare, il prossimo 22 ottobre, un referendum, per chiedere allo Stato ciò che è già esplicitamente previsto nella Costituzione italiana.

Durante l'estate il Corriere della sera del 12 luglio u.s. titolava: “Lombardia e Veneto, i referendum gemelli che non si somigliano”.

Sono diversi, significativamente, i due quesiti:

a) per il Veneto, ”Vuoi che alla Regione Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”;

b) il quesito referendario della Lombardia, recita: “Volete voi che la Regione Lombardia, … nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse ,… ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione …?

Il quesito della Lombardia contiene una frase significativa, che manca nel quesito veneto: “nel quadro dell’unità nazionale”, e fa riferimento alla normativa vigente.  Ufficialmente il referendum del Veneto mira a rafforzare il potere, che alla Regione è già riconosciuto dalla Costituzione, di trattare col governo nazionale maggiori competenze, ma a molti esso appare una dichiarazione di guerra al governo nazionale, in quanto l’autonomia è vista come il primo passo verso l’indipendenza.

Se qualcuno avesse dubbi, legga le dichiarazioni reiterate sui giornali da parte di qualche consigliere della maggioranza del Consiglio Regionale: “Il nostro auspicio è che con il 22 ottobre abbia inizio un percorso che porterà il popolo veneto alla completa indipendenza”.

Una qualche conferma può dedursi dalla pubblicazione, con vari interventi di autorevoli esponenti della maggioranza regionale, tra cui il Presidente della Giunta e il Presidente del Consiglio, dal titolo significativo Venexit (frontespizio in foto). (continua)

pietro.panzarino@oggitreviso.it

 


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