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25 aprile 2024

Conegliano

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Sono Antonio. Sordomuto dalla nascita

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

CONEGLIANO - Le lentiggini sul naso. La prima cosa che vedo di Antonio quando lo incontro sono le lentiggini sul naso. Ma non tante, no. Appena un grappolino che fai fatica a notare. Un dettaglio insignificante, ma così carino che lo registri per primo. Poi di Antonio vedi i capelli (lunghi, ricci e castani), gli occhi verdi dolci e intelligenti, dietro gli occhiali dalla montatura divertente, e poi la bocca. Impastrocchiata di Nutella.

Antonio è seduto sul tappeto del suo appartamento a Sarano di Santa Lucia di Piave e sta facendo merenda. L’ho conosciuto da cinque minuti (sono nel suo salotto, dove sto così bene che mi toglierei le scarpe) e suo padre Fabrizio Coluccia mi sta dicendo che Antonio oltre che sordomuto dalla nascita è affetto da una malattia che si chiama “retinite pigmentosa”, un difetto visivo teoricamente destinato a peggiorare col tempo, a portare il bimbo alla cecità.

Fabrizio mi dice anche che il bimbo è celiaco. E Antonio, che fa finta di niente ma ascolta la conversazione dal tappeto, aggiunge: “Sono celiaco e affamato!” E continua a masticare fette biscottate senza glutine e a impastrocchiarsi la bocca di Nutella. Ovviamente, a questo punto, gli chiedo un bacino. Concesso.

Antonio, otto anni, è davvero un bimbo da catalogo H&M. Ha lo sguardo vivace, il sorriso pronto, la serenità negli occhi. Finite le fette (senza glutine!) va in camera e si mette a leggere - a voce alta che si sente fino al salotto – Geronimo Stilton. Poi, a un certo punto, chiede a mamma Vita e a papà Fabrizio di andare in bici al parco. Esce dall’appartamento e si allontana. Del resto, è sabato pomeriggio, c’è il sole…che dovrebbe fare un bambino di otto anni? Guardare la tivù che tra l’altro, in questa casa, pare non ci sia nemmeno?

Che Antonio vada al parco da solo non ci dovrebbe stupire se papà Fabrizio non ci avesse appena detto che il campo visivo di Antonio è limitato, che appena Antonio ha iniziato ad andare in bici andava a sbattere contro i pali e che, in teoria, il problema alla vista di cui soffre dovrebbe subire un processo degenerativo.

“Invece – aggiunge Fabrizio – io e mia moglie ci siamo accorti che Antonio negli ultimi tempi non solo non ha peggiorato, ma si muove bene, in autonomia. Con sicurezza.”

Ad Antonio, che è seguito sia al Ca’ Foncello di Treviso che alla nostra Famiglia di Conegliano, e che in passato era stato visitato al Burlo di Trieste, era stata diagnosticata la sindrome di Usher. Un’analisi del dna a cui tutta la famiglia Coluccia si è sottoposta in Svizzera ha però escluso questa patologia. E quindi la malattia complessiva di Antonio resta un enigma, una patologia non ancora classificabile, che non ha un’evoluzione certa, anche se le cellule staminali di Antonio sono conservate nel laboratorio della Nostra famiglia a scopo di ricerca.

Come vi siete accorti che Antonio era sordomuto?, chiedo a Vita e Fabrizio.

“Da neonato – risponde Vita – Antonio era tranquillo. Forse troppo. Non piangeva mai. Non aveva quasi voce. Quando il pediatra muoveva i campanellini per misurare l’udito, Antonio però si girava verso il giochino. Non perché sentisse dei rumori, abbiamo realizzato poi, ma perché vedeva l’ombra del gioco…”

A 18 mesi Antonio, che a questo punto viene dichiarato sordomuto, è operato all’ospedale Ca’ Fondello di Treviso. Papà Fabrizio e mamma Vita, entrambi operai (lui, 39 anni, lavora alla Plastopiave; lei, 38, all’Electrolux) avevano deciso di far visitare il bimbo a Treviso. “Mi sono fermato al San Camillo – racconta Fabrizio – cioè al primo ospedale che ho trovato a Treviso, poi sono stato indirizzato a Ca’ Foncello.

I genitori del piccolo Antonio

Qui il primario di Audiologia e Foniatra, Edoardo Arslan, ha innestato su Antonio un impianto cocleare: ha inserito nel cervello del bimbo una specie di microchip. Grazie a una calamita l’apparecchio interno è in grado di interagire con un piccolo dispositivo esterno (che i capelli lunghi di Antonio nascondono benissimo) dando la possibilità al bambino di sentire e quindi di parlare come tutti gli altri. Ovviamente lo sforzo per decodificare voci e rumori è tanto e alla sera, a volte, Antonio – stanchissimo - stacca spontaneamente l’apparecchio, non cena, torna nella sua sua bolla di silenzio totale e si addormenta. Ma il mattino è pronto a riprendere voce, vita.”

I coniugi Coluccia originari di un paese vicino a Lecce dicono che l’emigrazione a Conegliano, avvenuta 13 anni fa, per motivi di lavoro ha avuto un senso.

“Qui nella marca trevigiana – dice Vita – abbiamo trovato le cure adatte per nostro figlio. Una serie di interventi sinergici tra medici, operatori della Nostra Famiglia e maestre (Antonio frequenta con passione la scuola primaria di santa Lucia di Piave) hanno permesso ad Antonio di avere una vita normale. Anche il suo problema con la celiachia è stato risolto grazie all’interessamento della mensa Ottavian che ha predisposto un menù senza glutine apposta per lui. Probabilmente al Sud non avremmo avuto tutto questo…Certo: abbiamo affrontato tutto pian piano, crollando a vicenda. Sostenendoci l’un l’altro. Ma ora vediamo Antonio frequentare la scuola come qualsiasi altro bimbo, correre in bici, in monopattino, far karatè…E pensiamo di essere stati fortunati”.

“Forse lo sforzo che ci costa di più – aggiunge Fabrizio – è controllare le nostre angosce. Perché i momenti no ci sono. E noi vorremmo nasconderli ad Antonio: dargli serenità. Due giorni fa il dispositivo cocleare si è rotto...Poteva essere un trauma perché Antonio senza apparecchio resta isolato dall’esterno, ma la ditta Cochlear di Bologna in due giorni ci ha sostituito il pezzo. E tutto è tornato alla normalità.”

Normale, infatti, è che Antonio sorrida rientrando in casa (“Al parco non c’era nessuno con cui giocare, uffa!”) e che riprenda a leggere Stilton. A voce alta, scivolando appena su sdrucciole e piane come fanno i bambini della sua età.

Un miracolo, viene pensare, e ci guardiamo intorno. Nessun crocifisso…Fabrizio e Vita, sulle pareti di casa, hanno preferito appendere la foto di Che Guevara. Nel caso di Antonio, la fede probabilmente non c’entra. C’entra la scienza, l’amore, il buon senso, la fortuna. La dolce audacia di una mamma e un papà disposti a raccontare una storia personale non troppo qualunque.

 

 


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