LO SPETTRO DELLE CAVE
Uno spettro si aggira per il trevigiano. Lo spettro della riapertura delle vecchie cave.
Uno spettro si aggira per il trevigiano. Lo spettro della riapertura delle vecchie cave. Il Piano regionale, modificato a fine ottobre dalla giunta Galan, congela l’apertura di nuove aree di scavo a favore dello sfruttamento e dell’accorpamento di siti già esistenti. I cosiddetti “Ate”, ovvero zone che abbracciano più cave vicine senza distinguere tra impianti ancora attivi o abbandonati.
I cavatori hanno già annunciato che tra poco non si parlerà più di limiti percentuali per l’attività estrattiva ma che, in attesa accordare la legge regionale del 1982 con i contenuti del nuovo Piano, si farà riferimento solo a quantitativi e fabbisogno. Una prospettiva che allarma i sindaci e mette in allerta gli ambientalisti, pronti a ricorrere al Tar per difendere il limite del 3% scavabile rispetto al territorio agricolo di un singolo comune, per la verità già disatteso in molte occasioni.
Nel frattempo dalla Provincia arriva una pioggia di multe sui cavatori della Destra Piave. Gli strumenti dell’Istituto nazionale di Geofisica, assoldati da viale Battisti, hanno scandagliato i fondali delle cave dove si estrae sottofalda. E delle industrie della ghiaia sparse nell’area a nord di Treviso sembra non salvarsi proprio nessuno. La colpa? Sempre la stessa, aver scavato più in profondità di quanto concesso dalle autorizzazioni regionali.
I cavatori dovranno versare quasi 700 mila euro per aver scavato abusivamente circa 110 mila metri cubi di terreno. In sintesi, circa 6 euro per ogni metro. La multa più salata è stata affibbiata alla SuperBeton, società del gruppo Grigolin, che dovrà pagare oltre 320 mila euro. Seconda, in ordine di cifre, la ditta Biasuzzi Cave, che ne dovrà sborsare oltre 270 mila. Completano il quadro la Calcestruzzi, con 50 mila euro, e Gianni Tonini, colpito da una sanzione di oltre 30 mila euro.
Cifre irrisorie secondo i primi cittadini, che non vedranno il denaro entrare solo nelle casse della Provincia. E anche i gruppi d’opposizione a palazzo Ferro Fini alzano la voce. “Le multe, ridotte a un terzo se pagate subito, risultano irrisorie – spiega Nicola Atalmi, consigliere regionale dei Comunisti Italiani – estraendo 50 mila metri cubi in più e moltiplicandoli per 20 euro al metro, prezzo medio di vendita sul mercato, il ricavato è pari a un milione di euro con la multa ridotta a 105 mila euro che diventa irrilevante”. Ma è scontro con la categoria dei cavatori rappresentata da Gianni Tonini, presidente del gruppo estrattivo marmifero presso Unindustria. “La sanzione è proporzionata – spiega – il raffronto non va fatto con il prezzo di vendita sul mercato, ma con quello della ghiaia non lavorata, pari a circa 8 euro al metro cubo”.
Se già prima c’erano malumori, ora si allungano ombre sugli ulteriori progetti di approfondimento che proprio le imprese multate hanno presentato per alcune cave situate a nord di Treviso. Le amministrazioni locali annunciano battaglia attraverso le inchieste pubbliche. In Regione l’approvazione del Prac non è ancora arrivata e il contrasto con la legge del 1982 rischia di creare una situazione di anomia capace di giustificare anche le escavazioni più selvagge.
Mauro Favaro