La storia di Julieta, camionista donna
Julieta Contreras, 51 anni, tre figli, un nipote guida i Tir. Un mestiere anomalo per una donna. Che ha scelto di svolgere seguendo un (condivisibile) obiettivo
| Emanuela Da Ros |
SAN FIOR - Lei si chiama Giulietta e il suo Romeo è un Tir. No. Ricominciamo. Lei si chiama Julieta Contreras, è nata a Buenos Aires 51 anni fa (“Sono cresciuta in un focoso contesto peronista”, anticipa), ma da 25 anni vive a San Fior.
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Nel comune trevigiano si è trasferita dopo il matrimonio con l’imprenditore Claudio Baro, da cui ha avuto tre figli: Milena, 34 anni, Sebastian, 27, e Ilenia, 24. Da due anni - mica possiamo glissare sul dettaglio - è nonna di Ginevra e tra qualche mese lo sarà anche di Achille. Se le indicazioni anagrafiche dicono poco di Julieta è perché non avete ancora sentito il rombo. Non di un motore qualsiasi, ma di quello superpotente di un camion bilico, uno di quei poderosi mezzi ingoiastrada che con una lunghezza di oltre 16 metri e un’altezza di 4 possono pesare più di 40 tonnellate.
Ecco, a guidare il megacamion è Julieta, che di mestiere - dopo averne fatti tanti altri - fa la camionista. Un lavoro tradizionalmente declinato al maschile, anche se i dati più recenti dicono che: a) le donne camioniste fanno meno incidenti degli uomini (e ora non replicate che succede perché in proporzione sono poche); b) in Italia le donne al volante di camion e tir sono il 6,2%, percentuale che in Europa rappresenta un primato. Secondo il Driver Shortage Report 2022 la media europea di donne al volante di camion si ferma al 3,2%. Al secondo posto, dopo l’Italia, si trovano Norvegia col 5,1%, Germania e Francia, col 4,6% e 4,5% e infine Olanda e Regno Unito, Romania, Lituania, Spagna, Portogallo, Danimarca, Polonia e Ungheria (che non raggiungono i due punti percentuali). Dati a parte, è inconsueto vedere una donna al volante di un camion. E Julieta non fa eccezione visto che in provincia di Treviso quelle che svolgono il suo mestiere si contano (forse) sulle dita di una (sola) mano e che nell’azienda dove opera - la Logistica Canzian di Spresiano - su 41 camionisti è l’unica donna. La sua giornata tipo? Sveglia alle 3, partenza col camion verso le 4 - 4 e mezza. Dopo aver percorso qualche centinaio di chilometri col suo pesantissimo carico di sabbia, pietre o altro materiale inerte recuperato nei pressi di una cava e portato a destinazione su sterrati, strade e autostrade, Julieta torna a casa. Soddisfatta.
Vien da chiederle: ma chi te l’ha fatto fare?
(sorriso) A questo mestiere mi ha portato un obiettivo preciso: lavorare poco e guadagnare tanto (sorriso). Dopo aver fatto la casalinga, la mamma, la ristoratrice (per una decina d’anni ho gestito un bar in Piazza del Popolo a Sacile, che ho lasciato perché 3.500 euro di affitto mensile erano davvero un macigno), l’osteopata specializzata in kinesiterapia in una Spa a Malaga (un lavoro splendido, stoppato dal Covid), ho aperto un chioschetto itinerante a forma di ciliegia con cui giravo per le fiere: è stato un successo in Italia, ma in Spagna - dove sono voluta tornare - non ha avuto lo stesso riscontro. E così ho ripensato a quello che avrei potuto fare, escludendo i lavori che richiedono troppe ore di disponibilità per un salario minimo. E ho avuto l’illuminazione: due anni fa ho fatto la patente C - E, proprio per guidare i camion.
Che hanno detto i tuoi figli?
Hanno riso tanto. Mi hanno chiesto: mamma, perché non ti trovi un lavoro normale? Ma ora sono contenti, perché condividono la mia soddisfazione.
Come ti sei trovata in un contesto lavorativo egemonizzato dagli uomini?
Che la professione del camionista sia maschile è un preconcetto fossilizzato nel cervello delle persone…neanche fossimo nel settecento. Le donne possono tutto. La questione di genere è mentale, non pratica. Tutto è difficile finché non diventa facile! Io, come donna, in cabina e sulla strada porto sensibilità, gentilezza, rispetto: valori che vincono sempre. Anche su quella prepotenza o arroganza (di facciata) che a volte possono mostrare gli uomini alla guida di grossi mezzi. E comunque c’è meno competitività quando lavori con dei maschi. Sai come dice quel detto? Metti cento uomini per due ore in una stanza: quando apri la porta troverai cento amici; metti cento donne in una stanza: dopo due ore troverai cento nemiche!
I colleghi come ti hanno accolto?
Bene. Sono amichevoli, cordiali. Ogni tanto inevitabilmente fanno qualche battuta sessista, ma con un perdonabile umorismo.
Mi risulta che ogni camionista abbia un nomignolo di battaglia, scelto o affibbiato dagli altri. Anche tu ce l’hai?
Sì! L’hanno scelto i colleghi. Mi hanno anche dato la targa col nickname da esporre sul parabrezza, ma non l’ho ancora messa…anche per non alimentare quelle battutine-stereotipo di cui ti parlavo…
Altra cosa: nelle cabine dei camion si intravedono oggetti tra i più disparati: la tua com’è?
Pulita, perché odio la polvere. In stile minimal, come l’arredamento della mia casa. I colleghi invece si portano - che so? - il pupazzetto, il giochino che il figlio gli ha consegnato come portafortuna…oggetti che ricordano l’atmosfera familiare e che fanno compagnia in viaggi che comunque a volte sono rischiosi.
Il rischio lo senti anche tu?
Be’, questo è un mestiere che richiede coraggio. Quando vai in cantiere, in una cava e guidi un rimorchio con oltre 40 tonnellate di inerti devi avere coraggio e, appunto, saper valutare i rischi.
A parte le nonstrade nei pressi delle cave, da camionista come valuti le autostrade italiane?
Le peggiori del mondo. E anche le strade non sono sempre ottimali: la Romea è un disastro.
Te lo ricordi il tuo primo trasporto? Com’è stato?
Figurati se lo dimentico! Dovevo trasportare un carico di mucche su un rimorchio a due piani da Padova a Bordeaux. E‘ stato un battesimo pazzesco. Per tutto il viaggio sono stata accompagnata da un costante muuuuuu muuuuu, al casello non preso le misure giuste e ho dato un bello scossone a tutto il rimorchio. Secondo me le povere mucche, per la paura che hanno preso, non hanno fatto latte per almeno un mese. E comunque evito di trasportare animali: sento la loro sofferenza. Meglio pietre e sabbia…
Ma tu sei una di quei camionisti che strombetta se vai piano o che ti viene proprio dietro il culo ricordandoti costantemente Duel di Spielberg?
Non ho visto quel film! Ma no: non suono mail il clacson e rispetto gli automobilisti. La gentilezza la pratico anche al volante, ma a volte succede che un camionista possa accelerare per rispettare la rigorosa tabella di marcia che ci monitora: guidiamo per 4 ore e mezza al massimo, poi dobbiamo fare una pausa di 45 minuti. Secondo il regolamento, gli autotrasportatori non devono guidare più di 9 ore al giorno (o 10 due volte alla settimana), in totale 56 ore alla settimana e 90 ore per due settimane. Quando sei sulla strada il tempo è oro: se sfori anche solo di un minuto hai una sanzione di 200 euro e perdita di punti sulla patente, per questo a volte qualcuno supera o…suona il clacson.
Che fai mentre guidi? ascolti musica?
Ascolto audiolibri: almeno uno al giorno.
Di che genere?
Testi motivazionali come quelli di Eckhart Tolle, saggi, ma a volte anche romanzi. Ho appena finito di ascoltare Anna Karenina.
E quando sei in pausa in autogrill?
Ho la mia chitarra elettrica, l’amplificatore e suono heavy metal. Sono una rockettara: a 50 anni ho capito che gli strumenti rilassano.
Non instagrammi i tuoi viaggi?
I social massacrano la testa. Fanno perdere tempo e basta. Che indossi quando lavori? Una maglietta e dei calzoni. Niente di particolare. Ma mi trucco, ovviamente. Bisogna sempre poter contare su un po’ di fascino.
Hai un’alimentazione particolare?
Mangio di tutto, soprattutto frutta e verdura. Durante le soste se vado coi colleghi in trattoria mangio primo, secondo, dolce e caffè. Niente alcol, ovviamente.
Me lo riveli in confidenza (ci legge solo qualche migliaio di lettori) il tuo nickname da camionista?
I miei colleghi hanno soprannomi altisonanti o scherzosi: Imperatore è quello che ha 30 anni di esperienza, poi c’è Fragolino, Pirata, L’Ultimo dei Mohicani…Vuoi proprio sapere il mio? I colleghi mi hanno ribattezzata Biscotto. Come vedi è un nomignolo coi doppi sensi. Ma è molto dolce, in fondo. Mi sa che prima o poi lo esporrò sul parabrezza…