La storia insegna. Oppure no
Aperte le Camere. Leone fa riferimento al Papa, Napolitano e Aldo Moro

ROMA - Si guardavano in giro. Molti, a Montecitorio, non erano mai stati. Si è aperta ufficialmente questa mattina la Camera dei deputati. Il Presidente provvisorio Leone nel suo discorso ha ricevuto tre grandi ovazioni da tutti i presenti. La prima è stata dedicata a Papa Francesco, la seconda al Presidente della Repubblica Napolitano, la terza al leader democristiano Aldo Moro. La sua scorta, cinque servitori dello Stato, venne massacrata, mentre per lui cominciò il calvario dei 55 giorni, che si concluse con il suo assassinio, il 9 maggio. La politica di Moro nel contesto molto difficile del 1976, che ha somiglianze con l'attuale momento politico nel Paese, riuscì a sbloccare la situazione. E' un auspicio per i giorni nostri.
Nell'attuale contesto politico viene spontaneo parafrasare Manzoni, sottolineando che "questo governo s'ha da fare!". È la Costituzione che lo prescrive. Mentre domani, 16 marzo, ricorre il 35° anniversario della strage di Via Fani, con l'uccisione dei cinque poliziotti della scorta e l'inizio dei 55 giorni di prigionia di Moro, ragionare sul messaggio moroteo potrebbe aiutare a risolvere questo momento difficile del Paese. Non è facile, ma tentar non nuoce. Per questo il PD intende percorrere la via "stretta", indicata dal suo segretario Pier Luigi Bersani, presidente del consiglio in pectore, a Napolitano piacendo.
Per smussare un dibattito faticoso, in questa fase, i politici fanno largo uso di metafore, per rendere più ovattato il messaggio, che si vuole lanciare, fiduciosi che in tal modo possa aprirsi la via del confronto, senza pregiudiziali. Ma cosa intende dire Bersani? La storia ci aiuta a dipanare la matassa. Durante la prima Repubblica, il primo grande impasse, si riscontra nel 1976, dopo una campagna elettorale molto combattuta, al termine del quale, Aldo Moro fotografò l'esito delle elezioni con la celebre frase "I vincitori sono stati due e due vincitori in una sola battaglia creano certamente dei problemi".
Alla vigilia del suo rapimento, il 28 febbraio 1978, lo statista disse: "Si sarebbe potuto e dovuto ritornare a nuove elezioni, secondo i vecchi parametri previsti anche dalla Costituzione. Non lo abbiamo fatto. Non abbiamo tentato di farlo, credo concordemente, per rispetto del Paese... L'iniziale quadro del confronto di avvio legislatura, non contrattato, si è evoluto, imbarcandosi sulla via degli accordi programmatici..."
In tale contesto maturò l'atteggiamento di sperimentare qualcosa di nuovo, dando luogo al cartello della non sfiducia... Era la premessa che introduceva la nuova prospettiva, avendo come obiettivo esplicito l'esclusione di elezioni anticipate. "E cosa possiamo fare per fronteggiare la situazione ed insieme non rompere, per non distruggere, per non fare nulla di catastrofico, per non guastare cose che sono essenziali per noi?". Ecco la risposta che si diede Moro: "Si può immaginare cioè una convergenza sul programma, un programma arricchito, adeguato al momento che attraversiamo, una convergenza che si esprima con adesioni positive".
Una celebre espressione definisce la storia come "maestra di vita". I parlamentari devono mantenere costantemente un occhio all'economia. La ricchezza prodotta dall'Italia può essere bruciata in breve tempo. I mercati globali, in genere, non aspettano a tempo indeterminato.