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18 aprile 2024

Treviso

Terrorismo: espulso marocchino, imam 'supplente' a Treviso

Alfano: “Attenzione a esponenti religiosi ostili nostre tradizioni”

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TREVISO - "Con un'altra espulsione, nella tarda serata di ieri, è stato allontanato per motivi di sicurezza dello Stato con volo Fiumicino-Casablanca, un marocchino di 33 anni, Fagrouch Hmidane (in foto), segretario della Comunità islamica di Treviso e provincia, oltre che, in assenza del titolare, 'imam supplente'". Lo rivela il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, sottolineando l'attenzione che viene riservata a quegli esponenti religiosi che si dimostrano "ostili alle nostre tradizioni".

"A partire dal 2015 - afferma Alfano - sono 12 gli imam espulsi. Complessivamente, dall'inizio del 2015, si contano 115 rimpatri forzati, dei quali 49 sono stati eseguiti nell'anno in corso".

 

Il marocchino  aveva rifiutato di prestare giuramento per la cittadinanza italiana e questo è uno dei motivi che ne hanno determinato l'allontanamento dal territorio nazionale. "Prestiamo grande attenzione all'attività di esponenti religiosi che, se in contrasto con le nostre leggi e se ostili alle nostre tradizioni, possono condizionare e orientare negativamente i loro fedeli, alimentando sentimenti di odio e di violenza", ha detto il ministro dell'Interno Angelino Alfano.

In particolare, ha spiegato, "questa persona si era rifiutata di prestare giuramento per il conferimento della cittadinanza italiana. Decisione, questa, maturata sulla base del convincimento secondo cui c'è piena incompatibilità tra l'osservanza dei precetti salafiti e la fedeltà alla Repubblica, laddove la nostra legislazione sarebbe portatrice di valori inaccettabili per un musulmano vero: un 'insieme di peccati su peccati' come, per esempio, la parità tra uomo e donna". "In linea con questi sentimenti di avversione verso le nostre regole - ha aggiunto Alfano - ha disprezzato i principi fondanti la nostra Costituzione e ha invitato persino i suoi familiari e i suoi conoscenti a rifiutare la cittadinanza italiana, proprio come lui aveva fatto".

 

Aveva avviato nel 2013 le pratiche per la cittadinanza italiana il marocchino,segretario della Comunità islamica di Treviso e provincia, oltre che, in assenza del titolare, 'imam supplente'", espulso ieri sera. L'uomo è sposato con una connazionale dalla quale ha avuto tre figli. Era arrivato a Treviso nel 1998 e non si è mai reso protagonista di reati, esternazioni o episodi di estremismo religioso. Dopo quindici anni di vita nella città veneta, ha deciso di chieder la cittadinanza italiana.

La domanda, secondo quanto si è appreso, era stata accettata, ma nel giorno in cui doveva completare l'iter della richiesta, che prevedeva appunto il giuramento sulla Costituzione, non si è presentato. La mancata presenza è stata ritenuta sospetta dalla polizia e la Digos ha voluto approfondire la questione. Gli investigatori hanno voluto sentire anche il marocchino che ha espresso il suo totale rifiuto sui principi fondanti dell'Italia, dichiarando di non voler prestare alcun giuramento e intervenendo anche sui suoi familiari perché lo seguissero in questa sua decisione. L'uomo lavorava come elettricista autonomo.

 

"Lo straniero ha tenuto comportamenti non conformi alla legge italiana e a suoi dettami". Così il questore di Treviso, Tommaso Cacciapaglia, sull'espulsione del marocchino che viveva nella città veneta e annunciata oggi dal ministro dell'Interno, Angelino Alfano. "Sono tenuti sotto pressante controllo - ha aggiunto Cacciapaglia - i comportamenti non conformi al vivere comune italiano. Sotto questo profilo la polizia di Stato, come le altre forze dell'Ordine, tiene alta l'attenzione sul fenomeno e sulle persone che potrebbero destare sospetti".

 

"La Questura di Treviso ha realizzato un'ottima attività di controllo, garanzia di legalità e sicurezza. Non può esserci nessun cedimento verso chi non rispetta le nostre leggi e le regole della convivenza civile e vuole imporre le sue. Avanti così". Così il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia commenta l'espulsione decisa per l'Imam supplente di Treviso al termine di verifiche che hanno portato la Polizia trevigiana ad accertare comportamenti non conformi alle legge italiana e ai suoi dettami.

"Nessuno, nemmeno per motivi religiosi - aggiunge - può permettersi né di violare le nostre leggi, né di mettere in discussione i fondamenti della Costituzione, chiedendo la cittadinanza italiana ma rifiutandosi di fare il necessario giuramento. Se a questo signore non andavano bene le nostre regole - conclude Zaia - avrebbe fatto bene a non venire proprio. Bene che ora sia stato rispedito al mittente".

 

L'Imam supplente di Treviso allontanato dal Ministro dell'Interno sarebbe "una persona molto ortodossa e rigorosa nei comportamenti individuali di aderenza ai dettami religiosi, ma del tutto innocua e disinteressata alla diffusione dei modelli islamici nel suo ambiente di riferimento". A sostenerlo è Abderrahmane Kounti, uno dei più "storici" mediatori culturali di Treviso, secondo il quale la decisione assunta dalle autorità risponderebbe a una logica di ricerca, da parte della Polizia, "di una causa qualsiasi, come il mancato giuramento sulla Costituzione italiana". Per Kounti anche l'Imam titolare sarebbe oggetto di attenzioni costanti da parte della Questura, al punto di non essere autorizzato ad accedere a particolari ambienti, come il carcere minorile presso il quale lo stesso Kounti opera da mediatore.

"Sono molti gli islamici - aggiunge - che, pur in Italia da molti anni, a lungo non hanno chiesto la cittadinanza per non far entrare in conflitto il proprio credo con la carta costituzionale. Questo, tuttavia - prosegue - non significa automaticamente l'introduzione di elementi di pericolosità e nemmeno la predisposizione alla propaganda jihadista". Il giovane espulso, ricorda ancora Kounti, sarebbe giunto in Italia con i genitori quando era ancora minorenne, per poi acquisire un diploma e dedicarsi al suo lavoro da elettricista che svolge in più parti.

 

Per il consigliere comunale di Treviso Said Chaibi (Sel), anch'egli nato da genitori marocchini, l'ambiente del centro culturale di via Pisa paga tuttavia per una situazione di "ignoranza diffusa" che rende plausibili posizioni radicali, per quanto mai tradotte in gesti di una qualche pericolosità. "A questo proposito diventerebbe importante - aggiunge Chaibi - creare moschee ufficiali e trasparenti ed evitare quindi che i fedeli islamici si radunino in garage o altri luoghi anonimi nei quali è impossibile controllare la circolazione dei messaggi".

 


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