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01 dicembre 2024

Treviso

Treviso, +157 imprese nel secondo trimestre del 2020: "La quiete prima della tempesta”

Il comparti più penalizzati restano il commercio al dettaglio e la ristorazione

| Isabella Loschi |

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camera di commercio

TREVISO - Numeri sorprendentemente positivi arrivano dai dati sulla demografia d’impresa relativi al secondo trimestre 2020: tra marzo e giugno lo stock delle sedi di impresa risale di +157 per Treviso e +1.562 per il Veneto. Una sorpresa, considerato l’impatto Covid sull’economia come rappresentato dai diversi indicatori congiunturali.

Ma niente illusioni di scampato pericolo: “questa risalita degli stock pare più che altro figlia di una significativa discontinuità nei flussi di iscrizioni e cessazioni d’impresa, che praticamente risultano dimezzati nel II trimestre 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”, sottolinea la Camera di Commercio Treviso Belluno.

“Sono apparentemente positivi, rispetto a quanto atteso, ma potremmo anche collocarli sotto il titolo: “la quiete prima della tempesta”. I tecnici del nostro ufficio studi – spiega il presidente della Camera di Commercio di Treviso-Belluno, Mario Pozza– spiegano bene cosa sta succedendo: c’è un vistoso calo dei flussi di iscrizioni e cessazioni, soprattutto di queste ultime, che va a generare un bilancio della demografia d’impresa del tutto anomalo”. Le chiusure d’imprese risultano in flessione del -57% rispetto al corrispondente mese dell’anno scorso; a giugno del -22,6%.

Nella Marca il comparto più penalizzato resta il commercio al dettaglio: perde -28 sedi rispetto a marzo, cui si aggiungono -9 unità locali; mentre il commercio all’ingrosso guadagna +2 sedi, e +12 sedi sono guadagnate dal commercio e riparazione di autoveicoli.Come prevedibile l’alloggio e ristorazione è l’altro comparto nel quale si possono avvertire segnali di sofferenza, pur nel quadro statistico anomalo di cui abbiamo dato conto. Non è tanto l’intensità della flessione a far notizia (-4 sedi rispetto a marzo 2020), quanto la brusca inversione di tendenza rispetto ad un anno fa, quando il settore cresceva di +34 sedi su base trimestrale (e di +27 unità locali). Anche il settore della ristorazione conosce analoga dinamica: -5 sedi rispetto a marzo, contro le +24 di un anno fa (giugno 2019 su marzo 2019).

Stazionario sul fronte delle sedi d’impresa, rispetto a marzo 2020, il manifatturiero nel suo complesso (+1 sede) che guadagnava invece 21 unità nello stesso periodo di un anno fa. Al suo interno si registrano perdite per l’industria del legno-arredo (-10), della meccanica (-8) e per l’industria alimentare e delle bevande (-5) compensate dalle altre industrie manifatturiere (+22) e dall’industria del sistema moda (+3). In rallentamento anche le unità locali (+9) rispetto alla variazione trimestrale di giugno 2019 (+22).In crescita il settore dell’edilizia le cui sedi d’impresa passano da +14 unità di un anno fa a +34, di cui +25 sedi artigiane. Anche i servizi alle imprese risultano in crescita rispetto allo stock di marzo 2020, ma in rallentamento rispetto a quanto registrato un anno fa: +79 sedi d’impresa (contro le +151 di un anno fa), di cui +11 sedi artigiane. L’artigianato, infine, chiude il primo semestre dell’anno con un bilancio positivo: al 30.06.2020 si contano 22.505 imprese artigiane attive, +41 unità rispetto a marzo 2020, di cui +25 nelle costruzioni e +11 nei servizi alle imprese.

“Le dinamiche settoriali, positive o negative, sono ridotte al lumicino – dice Pozza - Di fronte ad un settore martoriato dal lockdown come il turismo, non si può che sospendere il giudizio a fronte di flessioni, in provincia di Treviso, di -5 sedi nella ristorazione e di -4 nell’alloggio, rispetto alla situazione registrata a marzo 2020. Resta più penalizzato il commercio al dettaglio. In scia ad un trend negativo che dura da trimestri. Ma, per quanto detto prima, può essere questo un bilancio attendibile, rispetto alle serrande chiuse che constatiamo nelle nostre città, ai dati sul calo dei consumi?“Semmai qui si può realisticamente ipotizzare che una quota parte delle minori cessazioni dipenda da alcuni fattori dissuasivi alla chiusura d’impresa: su tutti, i vincoli legati alle procedure di scioglimento ove comportino licenziamenti; inoltre, con riferimento alla microimpresa senza dipendenti, anche l’accesso ai sussidi può essere un motivo che induce l’imprenditore a prendere tempo, prima di chiudere, per capire se migliorano le condizioni di mercato”.

 


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