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29 marzo 2024

Treviso

Tutti dicono la loro su tutto, a cominciare dai politici

Quando il politico (ma non solo) vuole brillare di luce riflessa e il lettore ne brama il verbo

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

Tutti dicono la loro su tutto

EDITORIALE - Sempre più spesso amministratori pubblici e politici di professione, commentano fatti di cronaca al pari degli opinionisti più competenti. Un fenomeno che sta diventando una consuetudine. La cosa è decisamente singolare, dato che un tempo “l’opinione” su fatti extra amministrativi o avulsi dalla politici era prerogativa solo di chi aveva un’autorevolezza ampia e riconosciuta da tutti: tradizionalmente il Capo dello Stato o tutt'al più il Presidente del Consiglio.

Il commento di tutti a tutto è evidentemente un segno dei tempi che cambiano. Un mutamento che certo riguarda anche il giornalismo, giacché sono proprio i media a diffondere comunicati al riguardo o a porre quesiti in tal senso, nel corso delle interviste. Nelle redazioni sempre più spesso giungono note con il commento del politico di turno, sul tal fatto: nel migliore dei casi si va dalle condoglianze per i decessi illustri, alle congratulazioni per lo sportivo che primeggia.

Ma viene proprio da chiedersi se affermazioni scontate, come il rammarico per una dipartita o l’opinione su un fatto di cronaca abbiano o meno la dignità di una notizia. Doveroso riconoscere però che la tendenza non riguarda solo i protagonisti della politica ma anche personalità di altri ambiti. Così capita che il deejay pontifichi di salute o che la showgirl dica la sua sulla guerra. Insomma, tutti si credono ferrati su tutto ma la cosa più surreale è quando un politico interviene su un fatto di cronaca come se si fosse adoperato in prima persone, per soccorrere qualcuno: parossistico desiderio di apparire e di arrogarsi meriti fasulli?

Qualche giorno fa, controllando le veline, mi è capitato di vivere un dilemma non da poco: gran parte dei lanci delle agenzie di stampa erano pareri personali di figure note, su fatti che nulla avevano a che vedere con il loro ruolo amministrativo. Che fare? Beh, ad OggiTreviso da tempo evitiamo, sempre che non sia “strettamente necessario” per la singolarità dell’opinione, di riportare queste amenità. Già, perché mentre chi amministra perde tempo a ponderare sulle questioni più disparate, il rischio concreto è che i giornalisti tradiscano la loro missione che è quella di informare i lettori su quanto succede.

I fatti passano quasi in secondo piano e il lettore si abitua a cercare tra le informazioni delle insulse elucubrazioni. Solo quest’eventualità può spiegare i dati rilevati sull’appeal delle notizie pubblicate. Capita così che a nessuno interessi che solo due giorni fa in Asia siano morte migliaia di persone per un terremoto, viceversa l’opinione, di “tizio” sul “nulla cosmico” ha destato un interesse portentoso. Segno che stiamo tutti perdendo di vista le realtà? Segno che quanto accade concretamente non è più degno di nota a dispetto di quello che elabora il pensiero, di chicchessia e su qualsivoglia questione? Inevitabile il raffronto con la realtà virtuale dei social, dove la gente dà un’immagine di sé che quasi sempre è lontana anni luce dal concreto.

La realtà, questa fastidiosa circostanza che piace poco, perché diciamocelo: di questi tempi non è poi così edificante, perlomeno secondo chi vive nella parte privilegiata del pianeta. Crisi economica, pandemia, guerra e ora pure la siccità: tutte cose che si reputa non appartengono a contesti opulenti, ritenendoli prerogativa di luoghi lontani e di limitata rilevanza. Insomma, la fantasia, l'astrazione, sono di gran lunga più affascinanti, al pari della parola (spesso scontata) ma evidentemente efficace: talvolta suadente, più spesso strillata e che finisce col diffondersi come un tormentone musicale. 

L'importante è avere un microfono davanti, una platea, un pubblico smanioso di parole. Lo ammetto non è nelle mie corde ma ci provo pure io, curiosa di provare “l’effetto che fa” (cit. Enzo Jannacci). Così dalla mia posizione di Direttrice di un quotidiano che vanta fino a sei milioni di lettori al mese, v’illuminerò (o più probabile vi annoierò - sono un'esordiente, siate pazienti), con il mio sommo pensiero.

«Esprimo la mia vicinanza al popolo afgano e il mio più profondo cordoglio alle famiglie di chi ha perso la vita nel tragico terremoto che ha colpito l’Afghanistan, in questi giorni. Auspico che tutti gli Stati si prodighino per inviare aiuti in soccorso alla popolazione che soffre, in questa terra tanto ricca di cultura e tradizioni quanto martoriata da vicende che negli ultimi decenni hanno causato innumerevoli vittime, tribolazioni e drammatici esodi».

Cavoli, non mi sento appagata. Non ho la sensazione di aver alimentato il mio ego e la mia vanità. Temo che la mia dichiarazione non abbia le caratteristiche per suscitare il clamore sperato. Forse ho toppato!?! Probabilmente avrei dovuto esternare qualcosa sulla conduzione al Festival di Sanremo della Ferragni: il dubbio mi attanaglia!  C’è poca da fare: ciascuno per il proprio ruolo, anche per cianciare in cerca di un po’ di visibilità serve una certa vocazione che evidentemente mi manca, pazienza, me ne farò una ragione (qua ci starebbe di rigore un emoji con l’occhiolino).
 

 

 

 


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