VITTORIO VENETO – L’azienda sanitaria Ulss 2 torna sul caso dell’anziana dimessa dall’ospedale di Vittorio Veneto dopo la pubblica denuncia fatta dal figlio, ricostruendo i fatti e ribadendo che per l’86enne non era necessario un ricovero, oltre al fatto che il medico curante era stato allertato ed è stata attivata l’assistenza domiciliare integrata.

L’anziana era giunta in pronto soccorso a Vittorio Veneto a seguito di uno scontro con un ciclista. Cadendo ha riportato, come refertato dai medici, una frattura al bacino per la quale l’ortopedico ha indicato un “trattamento conservativo, antidolorifici al bisogno, consentiti i passaggi posturali letto-carrozzina/comoda. Controllo clinico e radiografia al bacino a 30 giorni” precisa l’azienda sanitaria.

Dopo la visita ortopedica fatta martedì a Conegliano, l’anziana era stata riporta in ospedale a Vittorio Veneto. “Stante il buon controllo del dolore e la stabilità dei parametri emodinamici, si è organizzata la dimissione della paziente, non sussistendo indicazioni cliniche per un ricovero in ospedale per acuti e nemmeno indicazioni riabilitative contingenti per un ricovero in ospedale di comunità – spiega ancora l’Ulss 2 -. Alla comunicazione della imminente dimissione a domicilio, il figlio della paziente ha espresso forte opposizione, anche con toni aggressivi e minacciosi di ripercussioni verso i sanitari. Nonostante siano state spiegate a più riprese le controindicazioni cliniche legate a un ricovero improprio, come il rischio di contrarre infezioni nosocomiali, errori terapeutici, sviluppo di delirium, allettamento, compromissione del performance status, il figlio si è rifiutato di far rientrare la madre a domicilio: il medico a quel punto ha contattato la direzione medica ospedaliera di Vittorio Veneto per condividere la situazione. Per consentire ai familiari di organizzare il rientro della paziente, attivando i servizi preposti e procurando gli ausili necessari alla gestione domiciliare, il medico del pronto soccorso si è reso disponibile, in via eccezionale, a prolungare la degenza da 24 a 48 ore in osservazione breve”.

Il mercoledì “il figlio ha continuato a ribadire la propria posizione di non voler accettare il rientro a casa della madre, con toni sempre sostenuti e minacciosi; il medico ha così contattato nuovamente la direzione medica ospedaliera di Vittorio Veneto e ha organizzato la dimissione, previo contatto con il medico di medicina generale della paziente che si è reso disponibile a colloquio con il figlio la sera stessa per attivazione dell’assistenza domiciliare integrata – riferisce l’azienda sanitaria -. Al domicilio della paziente erano presenti le forze dell’ordine informate a mezzo telefonata dal personale del pronto soccorso della situazione venutasi a creare con il figlio”.

“L’ospedale è una struttura per acuti – conclude l’Ulss 2 – e la cronica carenza di posti letto è nota a tutti. Il ricovero improprio espone i pazienti, e quindi il medico che ricovera in maniera impropria, a potenziali gravi conseguenze, ben esplicitate in letteratura e ben note ai clinici. Non spetta a un parente non sanitario mettere in discussione una decisione medica, non avendone le competenze, pertanto il figlio non può permettersi di scrivere che la madre si trovi “in condizioni cliniche incompatibili con la permanenza al domicilio”. E non corrisponde al vero la dichiarazione “senza alcun piano di assistenza attivo”: il MMG è stato allertato e l’attivazione dell’ADI già decisa. Infine i “motivi pratici” legati a problemi organizzativi della famiglia non possono essere motivo di ricovero urgente”.