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29 aprile 2024

Treviso

Tutto ok nella sanità pubblica?

In vista di un importante convegno programmato per il 27 aprile alla Fenderl

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

piedi paziente

A livello istituzionale si dice di sì. Che tutto funziona. Che la riorganizzazione delle strutture porta benefici, che ora anche l’IA farà la sua parte nel garantire cure e prevenzione sempre più efficaci. Ma ci sono situazioni ricorrenti e numeri (vedi quelli dei medici di famiglia) che suscitano perplessità. O preoccupazione. Il Comitato per la Difesa della Sanità pubblica dell’Alta marca trevigiana mette in guardia: “E’ in gioco la salvaguardia del diritto fondamentale alla salute”

Riflettiamoci. O pensiamo alle esperienze fatte. A fronte delle notizie istituzionali rassicuranti, oggi ci sono situazioni oggettive che sembrano minare il diritto alla salute e a una sanità pubblica che renda efficaci – e gratuite – cure e prevenzione. L’allarme viene lanciato in particolare dal Comitato per la Difesa della Sanità pubblica che coinvolge soprattutto i cittadini e gli operatori sanitari dei comuni dell’Alta Marca Trevigiana. In vista di un importante convegno programmato per il 27 aprile alla Fenderl, a cui sono stati invitati sindaci, associazioni e operatori sanitari, abbiamo voluto saperne di più.

Perché un Comitato per la Difesa della Sanità pubblica?

Il Comitato per la Difesa della Sanità Pubblica dell'Alta Marca è nato allo scopo di difendere un diritto fondamentale della persona, quello alla Salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione, il quale prevede l'accesso a prevenzione, cura e riabilitazione, secondo criteri di universalità ed uguaglianza, e dovrebbe impegnare le istituzioni a fornire sempre una risposta adeguata ai bisogni dei soggetti più deboli. La nostra preoccupazione è che il modello di sanità pubblica, che in passato nel Veneto ha funzionato bene grazie all'integrazione ospedale-territorio e al decentramento delle strutture, venga smantellato dalle politiche di centralizzazione, dai tagli e dalla privatizzazione dei servizi territoriali e ospedalieri, che potrebbero portarci in un futuro ormai non lontano ad una sanità privata a pagamento.

Quali sono le azioni che avete promosso finora e quali gli interventi del prossimo futuro?

La funzione principale del Comitato è quella di raccogliere i disagi dei cittadini e spingere le istituzioni a risolvere i problemi che essi pongono (abbiamo più volte sollecitato i sindaci ad attivarsi per la sanità del territorio). Inoltre cerchiamo di verificare la qualità dei servizi e denunciare ciò che non funziona nelle politiche messe in atto dal governo regionale e nazionale. Questa attività viene svolta costantemente attraverso interventi sui mezzi di comunicazione e i canali social, nonché attraverso e le diverse iniziative che negli anni sono state organizzate.

Dal 2019 ad oggi abbiamo organizzato due importanti convegni: il primo, nel maggio 2019, sui tagli alla Sanità Locale; il secondo nell’ottobre 2022 sul disagio psichico post-Covid. La nostra è una presenza attiva e militante nell’ambito del dibattito politico sul tema della sanità pubblica del territorio. Ad esempio una delegazione del nostro Comitato era presente al Consiglio Comunale di Conegliano l’11 marzo scorso, quando è stata presentata dal consigliere Alessandro Bortoluzzi una mozione molto dettagliata sulla disastrosa situazione dell'ospedale di Conegliano, condizione che si riflette inevitabilmente anche sull'ospedale di Vittorio Veneto.

Aderiamo al Coordinamento Veneto per la Sanità Pubblica (CoVeSap) e stiamo collaborando all’organizzazione della mobilitazione prevista per il 6 aprile a Mestre (con concentramento presso la stazione ferroviaria alle ore 14).

Chi fa parte del Comitato? Chi sono i referenti?

Il nostro è un comitato di cittadini, ma ne fanno parte anche medici e sanitari. Alcuni di questi ultimi spesso non possono esporsi pubblicamente perché il loro comportamento è molto attenzionato dalle aziende sanitarie e rischiano azioni disciplinari. Non siamo schierati sul fronte partitico, siamo assolutamente trasversali. Ma il comitato è anche portatore di una idea politica precisa: il principio costituzionale della salute come diritto naturale ed universale della persona (quindi non limitato ai cittadini) è attuabile solo se le logiche del profitto restano al di fuori della sanità. Non ci sono referenti o portavoce al momento nel nostro comitato. Ci dividiamo i compiti in base alle cose da fare e tutti partecipiamo in egual misura a produrre i contenuti e le attività che vanno all’esterno.

Nella vostra pagina Fb avete evidenziato alcuni dei disservizi sella sanità pubblica. Quali i più eclatanti?

Nel corso degli anni il Comitato ha denunciato più volte il depotenziamento dell'ospedale di Vittorio Veneto e la sua trasformazione da struttura per pazienti acuti (che tratta le emergenze-urgenze in ambito medico e chirurgico, es: insufficienze respiratorie, peritonite, appendicite...) a struttura per pazienti non acuti con funzioni ambulatoriali, riabilitative e di chirurgia programmata (a chiusura festiva). Dal 2017 ad oggi l’ospedale ha perso 60 posti letto, ovvero un terzo. Sono stati chiusi i reparti di Ortopedia, Ostetricia, Ginecologia, Lungodegenza. Ci siamo battuti per l’attivazione di 4 posti letto di terapia intensiva, previsti nel 2002 e reintegrati nel piano dei servizi nel 2013 ma mai attivati (all’epoca furono raccolte e consegnate alla V commissione Regionale ben 15.000 firme). Abbiamo denunciato il ricorso alle cooperative per l’assunzione di medici “a gettone” nelle strutture ospedaliere della nostra ULSS 2, una pratica che non consente di formare dei validi team operativi e che è molto costosa per le finanze pubbliche. Da una parte ci sono i tagli, ma dall’altra ci si appoggia sempre di più a personale esterno. A nostro giudizio non si tratta di schizofrenia del sistema ma di un indirizzo ideologico preciso.

Da quando è iniziata la fusione delle varie ULSS del Veneto, è in atto la cosiddetta razionalizzazione delle risorse, che persegue un miglioramento assistenziale del tutto teorico e che di fatto prevede la riduzione degli ospedali e dei servizi territoriali pubblici a favore della centralizzazione. Le problematiche sono aumentate: nel privato lavorano tanti medici specialisti, mentre i bandi pubblici per le assunzioni di specialisti in ospedale sono quasi deserti. Da anni le liste di attesa sono sempre più lunghe: gli specialisti vanno in pensione, i carichi di lavoro aumentano e mancano le adeguate sostituzioni. Il problema del ricambio e l’aumento dei carichi mansionari coinvolge anche il personale infermieristico.

La popolazione della Pedemontana ne esce penalizzata, costretta a spostarsi ogni qualvolta necessita di una prestazione sanitaria, mentre, di pari passo, aumentano i servizi privati proprio in queste località. Siamo arrivati a dei paradossi: in Pronto Soccorso a Conegliano dopo le 16 non ci sono medici specialisti per assistere un paziente colpito da una patologia tempo dipendente come l’ictus.

Le visite specialistiche erogate nei centri convenzionati spesso non sono risolutive perché certe prestazioni possono essere fornite solo da strutture pubbliche. Negli ospedali mancano ormai anche i farmaci.

E i medici di base?

Anche i medici di base diminuiscono sempre di più e chi rimane si trova costretto ad ampliare il numero degli assistiti che oggi arrivano a 1.800 per medico, ma che a causa di strani meccanismi amministrativi possono salire anche a 2.000. Per compensare a questa carenza di medici di famiglia, dovuta a gravi errori di programmazione da parte della Regione, ora si permette ai medici del primo anno della scuola di medicina generale di ricevere incarichi a discapito di un’adeguata formazione.

Com’è stata accolta la vostra azione dimostrativa all’incontro pubblico dell’Usl del 19 marzo?

Quella del 19 marzo a Conegliano non è stata un’azione del Comitato anche se diversi di noi hanno partecipato a titolo personale e il Comitato ha poi sostenuto la contestazione messa in atto con un comunicato stampa. I presenti hanno accolto con un’acclamazione il coraggio che questi cittadini. Ad alcuni la contestazione non è piaciuta, l’hanno considerata politicamente orientata, anche se in realtà è stata rivolta a figure istituzionali. Fatto sta che dirigenza della Az. ULSS 2 e Presidente della V Commissione sono venuti a Conegliano a descrivere una situazione idilliaca, a confortare l’opinione pubblica locale con argomenti come le Case di Comunità, la Telemedicina, l’Intelligenza Artificiale.

Ovviamente lo sviluppo tecnologico in medicina è importante, ma l’idea che si possano sostituire i medici con le macchine, continuando a smantellare servizi essenziali è folle. Sulle Case di Comunità nessuno ha ancora capito come verranno realmente gestite. Aprire nuove strutture senza un piano di servizi e senza un piano di personale adeguato e sostenibile significa sprecare risorse. Poco importa se queste vengono dal PNRR: quei soldi non ce li regalano! Ma forse l’idea è che in queste case “la comunità”, dopo il 2026, si debba arrangiare con i volontari e le associazioni…

Avete in programma un convegno alla Fenderl il 27 aprile. Chi avete invitato? Credete vi sarà un’ampia partecipazione dei cittadini?

È importante che i cittadini capiscano che quello che sta succedendo segue un piano ben preciso, una trasformazione strisciante volta a definire una sanità diversa da quella che conosciamo, nella quale le prestazioni saranno volte al profitto e non più erogate in base ad un principio d’equità. Ci stiamo pian piano uniformando al modello americano e rinunciando ad un diritto costituzionale, quello alla salute, che in molti paesi d’Europa era garantito da un solido impianto di norme e principi (ricordiamo in Italia la legge 833 del 1978), nonché da valide infrastrutture.

Per questo abbiamo pensato di alzare l’asticella e invitare a Vittorio Veneto, una città che ha ormai quasi perso i suoi principali presìdi sanitari, relatori d’eccezione come Ivan Cavicchi, docente di organizzazione della Sanità all’Università Tor Vergata di Roma e firma apprezzatissima di “Quotidiano Sanità”, e come Nicoletta Dentico, giornalista esperta di diritti umani e già direttrice di Medici Senza Frontiere Italia nei primi anni 2000. Sarà con noi anche Marco Maisano, un giornalista della trasmissione Rai REPORT. Il convegno sarà una grande opportunità di riflessione sul futuro del nostro servizio sanitario regionale e per questo abbiamo invitato per PEC tutti i membri della Commissione Sanità, nonché l’Assessore Lanzarin. Daremo la parola anche ai sindaci del territorio, alle associazioni e ai cittadini.

Consigliamo a chiunque sia interessato a partecipare o a intervenire nel dibattito, di visitare la nostra pagina facebook @sanitaltamarca e di compilare il modulo di iscrizione. L’appuntamento è per sabato 27 Aprile alle ore 16presso il Palafenderl a Vittorio Veneto.

 



 

 


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