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05 febbraio 2025

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CAVASIN ALLA SAMPDORIA

Il tecnico trevigiano alla corte di Garrone dopo l'esonero di Di Carlo

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CAVASIN ALLA SAMPDORIA

 GENOVA - Alberto Cavasin torna in pista: è lui il nuovo tecnico della Sampdoria dopo l’esonero di ieri di Mimmo Di Carlo.

Dopo l’Udinese-champagne di Francesco Guidolin e dopo l’arrivo a Cagliari di Roberto Donadoni (che ha come vice il trevigiano Luca Gotti), ecco un altro esponente della Marca in Serie A.

Cavasin centrò una clamorosa salvezza col Cesena nel 1999. A Lecce: due salvezze consecutive in A (con Panchina d’Oro), ma poi licenziato alla terza stagione. Guidò la Fiorentina del dopo-Cecchi Gori, e il Messina.

''Non devo risolvere problemi, ma rimettere in pista il gruppo - ha detto Cavasin nel corso della conferenza stampa di presentazione - e per far questo dobbiamo trovare condivisione di metodo, carattere, unità del gruppo, valori comuni''.

Cosa, questa, che dovrà accadere fin dal primo momento, ovvero ''dalla Borghesiana dove andremo in ritiro".

Cosa l’ha spinta ad accettare quest’avventura blucerchiata?

«Le motivazioni, l’amore e la passione per il mio lavoro. Mi stimola essere stato scelto da una società così bella in tutte le sue componenti. Con i piedi per terra sento di assumermi certe responsabilità, di prendere il piacere di sentirmi protagonista, ovviamente vivendo il tutto con grande equilibrio».

Che situazione pensa di trovare a livello di squadra, di spogliatoio e di ambiente in generale?

«Mimmo mi lascia una squadra che farà quello che deve fare in fatto di risultati, un gruppo sano, uno spogliatoio dove non ci sono problematiche. Merito della società, dei giocatori stessi e appunto dell’allenatore. Mi lascia una squadra in condizione fisica competitiva. Non ho tanto tempo a disposizione e i risultati che andremo a fare saranno merito suo in percentuali maggiori rispetto alle mie».

È preoccupato?

«Stanotte ho dormito poco, pochissimo. Ma non per preoccupazione. Sono consapevole di andare a lavorare, sono convinto di quello che faccio e spero di non trovarne di preoccupazioni. Le problematiche ci sono, altrimenti non sarei qui, c’è qualche situazione da sistemare; però so di avere una grande società alle spalle, le condizioni giuste per lavorare, un gruppo che non vedo l’ora di allenare e con cui condividere quotidianità e risultati».

Ha un’idea sulla quota salvezza?

«Difficile fare proiezioni perché le cose cambiano di domenica in domenica. Ieri, ad esempio, il Cesena l’ha alzata, ma credo che sarà attorno ai 40. Noi dobbiamo preparare bene la prossima partita, senza farci condizionare dalla classifica perché la squadra vale sicuramente qualche punto in più rispetto a quelli che ha. Io non devo risolvere problemi o pensare agli aspetti negativi che hanno portato a questa situazione; io devo entrare e rimettere in pista questo gruppo. Vado a fare, a propormi, a proporre il lavoro, a parlare. Vado a fare un lavoro senza carichi enormi e mettere questo gruppo nelle condizioni migliori per rendere al massimo».

Che modulo pensa di adottare?

«Ho vinto la Panchina d’Oro col 3-5-2 e un campionato col 4-4-2. Ho giocato, vinto e perso con tutti i moduli. Vedrò di trovare un sistema di gioco guardando chi avrò a disposizione e in cui la rosa crederà. Vedremo cosa sarà più utile. Ma già da domenica a Catania dobbiamo andare in campo competitivi, come se fosse la prima giornata di campionato, con la squadra pronta fisicamente e tatticamente per fare risultato. Non ci saranno esperimenti che si protrarranno nel tempo».

Alla Samp manca il gol e mancano prime punte.

«Giocheremo con due punte, anche seconde punte: tanti allenatori hanno eliminato la prima punta e fanno bene. È un po’ di moda e secondo me non è un handicap o un limite. A Lecce avevo Lucarelli: mandavi la palla avanti e lui faceva le sponde; noi non lo faremo, non per un limite ma per un pregio. L’importante, in fondo, è che le punte facciano gol, prime o seconde che siano dobbiamo appoggiarle giocando da squadra ed essendo squadra».

Quando va sotto, la Samp fatica a reagire. Si è fatta un’idea del motivo?

«È un classico di una squadra in difficoltà: i sintomi sono quelli di non avere la forza di reazione, prendere gol nei minuti finali o prenderlo subito e non riprendersi. Dobbiamo creare i presupposti affinché non succedano certe cose, dobbiamo esaltarci nelle difficoltà, con carattere e forza, in un contesto di gruppo, di squadra unita. Essere imprevedibili, brillanti e frizzanti. Dobbiamo mettere in campo amore, passione, piacere della maglia; sentirsi protagonisti e stringere i denti come non mai».

Qual è la sua opinione sul ritiro che avrà inizio domani?

«Lo ha deciso la società, io non lo discuto e lo condivido, non solo per il ruolo subalterno. Personalmente non ho problemi: magari mi sento di prepararla meglio andando via un giorno prima, anche se di base non sono né per il ritiro né per il silenzio stampa. Mi piace trovare il mio campo d’allenamento, il mio spogliatoio, scambiare due parole con i tifosi. Mi piace vivere la città, anche solo per una colazione. In questo caso però fare un ritiro in loco sarebbe forse più faticoso: la situazione va affrontata con serenità e in questa serenità imparare a conoscerci».

Chi conosce del gruppo che sta per allenare?

«Personalmente conosco Martinez e Mannini, che li ho avuti alle mie dipendenze a Brescia. Ho sentito telefonicamente Angelo Palombo, andrò presto in ospedale a trovarlo visto che ha qualche problema fisico. Non è giù di corda, ha tanto entusiasmo ed è riuscito addirittura a caricarmi ulteriormente. E poi conosco la A e la B, le ho vivisezionate da osservatore in questi mesi, sono stato sempre sui campi. È una frase fatta ma vedrete che con me saranno importanti tutti, quelli che non saranno attori protagonisti nella prossima partita, saranno fondamentali fra due. Stimolerò tutti, darò a tutti il mio appoggio incondizionato. Ci vorrà sana competitività durante la settimana: starà a loro, magari anche ai più giovani, proporsi e mettere pepe nelle mie scelte».

Ha firmato fino al 30 giugno prossimo, ma, in cuor suo, sogna di restare anche per la prossima stagione?

«Sono talmente coinvolto e concentrato sul presente che al futuro non ci penso affatto. Mi basta e avanza quello che ho. Pensare di essere riconfermato a giugno, dopo un derby vinto e una posizione di classifica migliore sarebbe stupendo perché sognare fa bene. Ma ora piedi a terra».

 

Terzino. Cresciuto nel vivaio del Silea con in testa il mito di Karl-Heinz Schnellinger, la sua carriera di calciatore ha inizio nelle fila azzurre del Treviso.

Baffuto terzino destro vecchio stampo, arcigno e grintoso in marcatura e poco incline a sortite offensive, con le maglie di Avellino (1976/77), Atalanta (1977/78), Spal (1978/81), Verona (1981/82), Catanzaro (1982/83), Bari (1983/86), Cesena (1986/88) e Padova (1988/90) arriva a raggiungere quota 439 presenze ufficiali in carriera, 110 delle quali in Serie A, condite da 3 gol totali.

Crescita. Appese le scarpe al chiodo, proprio nel Padova, intraprende l'avventura in panchina. Qualche mese nel settore giovanile biancorosso basta al Treviso per fargli assaggiare la C2 (nel 1990), categoria con cui il neomister si confronta in altre due occasioni, a Trento (1991/93) e Fano (1993/94).

La crescita è graduale ma costante: Ravenna (1994/95), Gualdo (1995/96) e Fiorenzuola (1996/98) sono step intermedi di C1 prima dell'arrivo a Cesena (Serie B, 1998/99) e, soprattutto, a Lecce, dove nel 1999/00 fa il suo esordio da tecnico nel massimo campionato. L'approccio con la Serie A è entusiastico: i salentini conquistano la salvezza e l'allenatore trevigiano, eletto all'unisono come il migliore, riceve la Panchina d'Oro.

Subentri. Dopo un'altra salvezza, la terza annata leccese si conclude con un esonero, mitigato nell'autunno 2002 dalla chiamata della rinata Fiorentina dei Della Valle, allora Florentia Viola, in sostituzione di Pietro Vierchowod. A fine stagione ottiene la promozione in C1, trasformata in B dalla giustizia sportiva. Nel 2004 la separazione dai gigliati, tra il 2005 e il 2007 tre subentri poco fortunati a Brescia, Treviso e Messina.

Una buona annata è quella al Frosinone, Serie B 2007/08, tranquilla salvezza e nuova chiamata da parte del Brescia (2009), dove raggiunge i play-off ma perde la finale col Livorno. L'ultima esperienza è al Bellinzona, Super League svizzera, datata 2009/10.

 

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