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18 agosto 2024

Nord-Est

Processo di Eraclea, esclusa l'associazione mafiosa

Sentenza del maxiprocesso in aula bunker

| Gianandrea Rorato |

| Gianandrea Rorato |

Processo di Eraclea, esclusa l'associazione mafiosa

VENEZIA - Il tribunale di Venezia ha escluso l'associazione mafiosa nella sentenza su estorsioni e illegalità legate ad attività economiche e politiche del comune di Eraclea (Venezia). Il collegio presieduto da Stefano Manduzio ha emesso condanne più basse rispetto a quanto chiesto dall'accusa. Il principale imputato, Luciano Donadio, ritenuto un terminale dei Casalesi nella località balneare veneziana, è stato condannato a 26 anni e 3 mesi di reclusione, senza l'aggravante del 416 bis. Assolto in particolare l'ex sindaco, Mirco Mestre, perché il fatto non sussiste. Il dispositivo è stato letto nell'aula bunker di Mestre dopo una camera di consiglio durata una decina di giorni. L'accusa aveva chiesto condanne da 30 a 2 anni di reclusione per i 46 imputati, per un totale di 452 anni. Oltre a Donadio, per cui i pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini avevano chiesto 30 anni di reclusione, le pene più pesanti sono andate a Raffaele e Antonio Buonanno, condannati a 19 e 14 anni rispetto a una richiesta di 30 e 20 anni e 8 mesi. Erano ritenuti i capi del presunto "clan di Eraclea", assieme a un altro vertice, Antonio Pacifico, per il quale dai 30 chiesti il collegio ha comminato una pena di 10 anni e mezzo.

L'aggravante del metodo mafioso è stata tuttavia applicata per singoli capi d'accusa come estorsioni, minacce e violenza privata. Esclusa invece l'esistenza di un'organizzazione di stampo mafioso. Un primo stralcio del processo si era celebrato tre anni fa con rito abbreviato, ed è arrivato a sentenza definitiva in Cassazione. In questo procedimento è stata riconosciuta l'aggravante dell'associazione mafiosa, e per alcuni imputati, tra cui l'ex sindaco di Eraclea Graziano Teso, è scattata la detenzione. La fase dibattimentale del processo era iniziata l'11 giugno 2020, e ha visto circa 350 deposizioni di testi, tra cui l'ex ministro dell'Interno Luciana Lamorgese e il presidente del Veneto Luca Zaia, costituitosi parte civile. Nei confronti di regione, Città metropolitana di Venezia e Comune di Eraclea, il tribunale ha disposto un risarcimento provvisionale di 200mila euro, con liquidazione dei danni morali e di immagine da fissare in sede civile; ai sindacati Cgil Cisl e Uil la provvisionale è di 20mila euro ciascuno, all'associazione Libera di 50mila.

"Abbiamo già cominciato a ricostruire Eraclea dal 2020. Dal momento in cui ci sono state le elezioni infatti la linea che ho sempre tenuto è stata che non c'era la mafia a Eraclea, su questo eravamo fortemente convinti e aspettavamo comunque il procedimento". Lo ha detto ai giornalisti la sindaca del Comune veneziano, Nadia Zanchin, presente in aula alla lettura della sentenza del maxiprocesso su una presunta associazione mafiosa. "Un conto sono gli imputati - ha precisato Zanchin - un conto sono le persone di Eraclea, che sono ben altra cosa. Noi abbiamo sempre lavorato per ricostruire e per ridare una nuova vita a questo paese", ha concluso. Sulla posizione di Teso io come ho sempre detto non voglio entrare nel merito; ha scelto un rito abbreviato e quindi in base al rito abbreviato c'è stata la sentenza finale. Io non entro nel merito.

"Mi pare che è stata riconosciuta la richiesta della Procura sull'associazione per delinquere, mentre invece non è stata ritenuta provata l'associazione di carattere mafioso, benché l'aggravante mafiosa sia stata riconosciuta. E quindi adesso dovremo leggere le le motivazioni, per capire con quale ragionamento si è giunti a questa conclusione". Lo ha affermato il procuratore della Repubblica di Venezia Bruno Cherchi, presente in aula bunker a Mestre per la sentenza del processo su Eraclea. Secondo Cherchi "bisognerà bene con attenzione le motivazioni, perché c'è una sentenza passata in giudicato e che è stata confermata in Cassazione, che riconosce l'associazione mafiosa, mentre invece in questo caso il tribunale ha ritenuto che l'associazione esista, ci sia l'aggravante, ma manchi la prova che sia un'associazione mafiosa. Quindi c'è l'aggravante ma non l'associazione. Bisogna vedere come motiveranno questa scelta, che certamente a primo acchito sembra diversa rispetto alle conclusioni a cui è giunta la Cassazione per gli altri coimputati", ha concluso.

(ANSA)

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Gianandrea Rorato

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