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15 dicembre 2024

Conegliano

Una passeggiata amarcord con Luca Zaia

A Godega per rivivere infanzia e giovinezza di un governatore che (forse) mira a un altro mandato

| Federica Gabrieli |

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| Federica Gabrieli |

luca zaia

Dove incontrare Luca Zaia? Nella sua terra, tra le radici che spuntano come ricordi dal terreno. Ho avuto il piacere di passeggiare con lui attraverso le strade di Godega, il suo paese d’origine e quello che mi ha colpito è l’amore che ancora prova verso una terra che lo ha arricchito a livello umano e alla quale lui ha provato a restituire il favore.

“Fare un salto nella memoria di oltre 50 anni , non è facile, però lo diventa - racconta Luca - quando i ricordi vissuti sono stati belli e importanti, ricordi ancora scolpiti nel cuore e nella mente. Infatti mi basta chiudere gli occhi per rivivere quel passato che ridiventa come per magia realtà. Sono nato il 27 marzo 1968 a Conegliano e vissuto fino ai trent’anni a Bibano, frazione di Godega di Sant’Urbano. Andando indietro nel tempo la memoria mi riporta a ricordi di quando avevo forse tre anni: giocavo sulle scale davanti alla porta di casa e mi divertivo con qualsiasi cosa mi capitasse sotto le mani. In quegli anni le case erano tutte abitate e nelle vie del paese c’erano poche attività commerciali e artigianali: due negozi di generi alimentari, un bar, un calzolaio, un falegname....Il paese era pieno di colori e di profumi grazie ai fiori che ogni famiglia esponeva sui balconi, era vivo e pulito. Con il miglioramento economico delle famiglie si verificò un lento ma inesorabile spopolamento e oggi è come lo vediamo”.

 

Cosa si porta dentro della sua infanzia?

“Ne ho parlato anche nel mio libro “Fai presto, vai piano”: la prima partedescrive il contesto nel quale sono vissuto, con un rapporto viscerale con la campagna e che ricordo con piacere. Sono rammaricato che oggi molti ragazzi non possano avere lo stesso tipo di relazione con la natura”.

 

Nelle sue parole si percepisce una filigrana di malinconia...

“Assolutamente no. Tuttavia viene sempre logico dire: “stavamo meglio quando stavamo peggio”. La verità è che oggi le opportunità per i ragazzi sono enormi rispetto alla mia generazione, pensiamo al mondo digitale, sebbene il massimo della sublimazione per i giovani di oggi sarebbe quello di avere questi supporti per la formazione ma non perdere mai il rapporto con la natura”.

 

La sua famiglia l’ha sempre sostenuto nei suoi percorsi professionali?

“Sì. Il modello educativo è sempre stato quello della responsabilizzazione dei figli. Noi siamo due fratelli, un maschio e una femmina: io ho 5 anni più di mia sorella e il modello è sempre stato quello di investire sui talenti, di assecondare e non di limitare, difatti sia io che mia sorella abbiamo sempre fatto quello che ci sentivamo di fare sia alle superiori che all'università”.

 

Se non avesse fatto il politico in quale mestiere si sarebbe cimentato?

“Mi sono sempre dato da fare prima di entrare in politica dove sono arrivato per puro caso. Non ho mai avuto militanze giovanili ma quando ero al terzo anno di università a Udine il mio compagno di appartamento, che è anche mio cugino, mi ha riferito che nel mio comune stavano facendo una lista: era il 1993 - periodo post tangentopoli - e non trovavano candidati perché la gente si vergognava dei politici. Mi ci sono iscritto per solidarietà e da lì ho iniziato la mia carriera politica. All'inizio mi sono occupato delle vicende comunali partime dopodiché quando il lavoro è diventato più complesso e impegnativo, l'ho fatto a tempo pieno”.

 

Era una sorta di ribellione la sua?

“Chi va in politica se non ci va per altri obiettivi ci entra per cambiare le cose. Il mio è sempre stato il tema dell'identità, del rispetto e riscatto del popolo perché spesso non lo vedevo”.

 

Com’è cambiata la famiglia di oggi rispetto a quella della sua generazione?

“Alcune famiglie sono cambiate in meglio. Avevo amici che non avevano un grande dialogo con i genitori a differenza della mia che è sempre stata open mind: siamo stati educati al rispetto toccando anche temi delicati, trattati con tranquillità piuttosto che con vergogna. Non c'erano tabù ma avevo dei miei coetanei con notevoli difficoltà relazionali con i genitori. Oggi noto genitori molto più vicini ai figli e questo è bello da vedere”.

 

Tra quanto ha fatto per il Veneto cosa la rende fiero?

“Potrei citare diversi interventi, dalle Olimpiadi, al Prosecco, alla Pedemontana, alle grandi riforme che abbiamo fatto nella sanità, ai bacini di laminazione, alle opere contro l’alluvione ma probabilmente la più grande “vittoria” è rappresentata dal fatto che ho ridato dignità e rispetto al popolo Veneto: oggi questa comunità è sicuramente sotto i riflettori e con un certo peso” e profondità. Luca rallenta il passo e indica una piazzola vicino alla chiesa: “Vedi proprio lì, una volta all’anno, arrivava il Luna Park. Credo siano ben pochi quelli della mia generazione che da ragazzi non abbiano subito il fascino, come si chiamavano allora “delle giostre”. Difficile è sempre stato sottrarsi all’ebbrezza del vento in faccia sulle “catenelle” o al divertimento con scontri sull’autopista”.

 

Tre aggettivi che la definiscono...

“Sono paziente, ho imparato negli anni ad esserlo, prendendomi il tempo necessario per ragionare sulle cose; non mi faccio più impressionare dagli eventi e seguo molto quel mantra che dice “Dopo la pioggia viene sempre il sereno”, e questo mi aiuta a vivere. Sono preciso, non tollero la superficialità, ovvero se faccio qualcosa deve essere fatta bene, non esiste l'improvvisazione e come ultimo sono un organizzatore”.

 

Cosa si sente dire più spesso e che la infastidisce?

“Sono infastidito quando sento critiche che escono da bocche che non sanno neanche di cosa stanno parlando. Mi infastidisce il qualunquismo, la superficialità, quelli che stanno sempre seduti in “tribuna” e non si sporcano mai le mani giudicando l’altrui: questo è un paese che ha bisogno di un lavoro di squadra e di vivere con meno alibi. Mi dà fastidio quel pregiudizio per cui sembra che i politici siano tutti ladri e gente poco per bene. Io penso di metterci tutto il mio impegno e lo faccio con passione, però pensare che c'è ancora qualcuno che pur di non alzare le chiappe dal divano ha come unico obiettivo quello di trovare difetti al vicino di casa, mi infastidisce”.

 

Secondo lei esiste la fortuna o il merito?

“Il merito è fondamentale, la fortuna aiuta gli audaci. La fortuna è anche guardare la vita in faccia, vivendola e assaporandola ma con attenzione. Quante volte ci passa sotto il naso la persona che può cambiarci la vita e non prestiamo attenzione perché pensiamo non valga la pena darle retta. Quindi mi sento di dire ai giovani: approfittate di tutto anche della persona più umile, più remota dal vostro contesto sociale che vi rivolge la parola e che vi dice buongiorno; cercate di essere inclusivi”.

 

Il suo punto debole?

“A volte mi accusano di essere troppo indulgente e troppo buono. Ecco, io non conosco la cattiveria, non so cosa sia l’invidia, la vendetta e soprattutto gioisco se vedo qualcuno che fa fortuna”.

 

Una cosa che la rende felice?

“Star bene di salute è l’unica cosa”.

“Ecco vedi – continua Luca perdendosi nei ricordi – quel campetto laggiù ancor verdeggiante, era il luogo di ritrovo con i miei amici dopo scuola e nei fine settimana, dove tiravamo qualche calcio al pallone e ci accordavamo in quale casa di ciascuno di noi a turno avremmo trascorso la giornata o consumato la cena”.

 

Un sogno ricorrente?

“Sai io faccio incubi difatti i miei sogni sono sempre estremi, nel senso che ho sempre una sfida da vincere: una corsa contro il tempo, contro una terra che si sgretola, una sparatoria dalla quale scappo e c'è sempre uno che mi rincorre, insomma sogni da cardiopalma. Probabilmente la mia frenesia quotidiana si ripercuote nel sonno; tra l’altro mentre sogno - premetto che dormo pochissimo - mi dico: Tanto è un sogno e prima o poi mi sveglio”, quindi alla fine mi salvo sempre.

 

Una pessima figura che ha fatto e che ripensandoci la fa sorridere?

“Quando ho letto la poesia, durante il periodo del Covid, di Eracleonte da Gela. Mi hanno rifilato un testo scritto nell'antica Roma, da un certo Eracleonte da Gela, ma era tutto inventato... il nome, lo scritto che parlava di un’epidemia. Ho fatto un grande errore non verificando il testo prima e l’ho letto pubblicamente. Vabbè però fa sorridere.. e poi Crozza ha rincalzato la dose nell’imitarmi”.

 

Un errore che si riconosce?

“Commettere errori fa parte dell’esistenza, d’altra parte non esiste la perfezione. Errori se ne fanno tanti e io ne faccio parecchi, d’altronde la vita è un insieme di cose positive e negative. Tuttavia è fondamentale la capacità di apprendere dai propri errori, di non ripeterli e di “costruirsi” una struttura interiore più solida e resistente”.

 

La legge è uguale per tutti. C’è qualcosa che cambierebbe nelle leggi attuali e quale predilige?

“Sono per la legalità e tutti dovrebbero poter affermare che “la legge è uguale per tutti”. Una legge che prediligo è quella dell’autonomia.

 

Di cosa ha paura?

“Da piccolo avevo paura del buio, ora mi spaventa la malattia: è una cosa che arrovella l’uomo nei secoli, ovvero che la vita si coniuga con la morte”.

 

Favorevole alla guerra? Cosa ne pensa di questi conflitti che dilagano drammaticamente?

“Sono contrario tant’è che sono obiettore di coscienza. La storia ci insegna che questi conflitti finiscono con l’armistizio e con un’azione diplomatica; tuttavia il problema è il tempo che intercorre tra l’inizio e la fine di una guerra. Noi abbiamo sessanta focolai di guerra nel mondo, l’Ucraina ed il Medio Oriente sono i più grossi, ma per noi è inaccettabile questa situazione e la diplomazia si deve muovere”.

 

Se fosse in suo potere risolvere un grande problema, uno ed uno solo che affligge l’umanità, su cosa cadrebbe la sua scelta?

“Sulla guerra”.

 

Ritiene che l’Occidente sia superiore alle altre civiltà del mondo?

“Quest è un’utopia, una presunzione. Ci sono civiltà che sono più vecchie della nostra e che hanno dei saperi e conoscenze che noi non possediamo; non c’è nessuno che è più avanti di qualcun altro, tutto il sapere è arrivato per intuizione, per genialità e talento”.

 

Cos’è per lei la libertà?

“E’ una sublimazione mentale e fisica”.

 

Si ritiene un uomo libero?

“Assolutamente si. A tal proposito e mi viene naturale riprendere la citazione di Socrate ovvero “Conosci te stesso” proprio perché credo che la vera libertà inizia con la conoscenza di sé. Tant’è che siamo noi che costruiamo la nostra libertà”.

 

Ha una frase che la rappresenta?

“Ne ho tante ma quella che mi rappresenta di più è: solo i pessimisti non fanno fortuna”.

 

Il suo scrittore preferito?

Non ho uno scrittore preferito sebbene all'università abbia letto parecchio. Mi piace moltissimo il romanzo Le Memorie di Adriano.

 

Gli uomini e le donne quanto sono diversi nella società di oggi?

“Penso che la parità di genere non ci sia, sebbene ci creda, ma ancora non si è raggiunta. C’è comunque una diversità di genere: è ovvio che il maschio e la femmina non sono uguali né fisicamente né biologicamente, tant’è che adesso si studia anche la medicina di genere, nel senso che maschio e femmina hanno reazioni diverse alla stessa malattia. Tuttavia credo fermamente nella assoluta parità, anzi sono convinto che le donne siano più brave sul posto di lavoro tant’è che le mie collaboratrici sono molto preparate e più concrete rispetto all’uomo”.

 

Scuole e sanità: pubblica o privata?

“Siamo la Regione che ha meno quote di sanità privata, fermo restando che quel poco di privati che abbiamo fa un lavoro eccezionale ....”.

 

Da 1 a 10 quanto contano per lei i soldi, gli amici e la famiglia?

“I soldi servono solo per vivere, non danno la felicità e quindi penso che sia fondamentale che siano tutti gli altri i veri valori; c’è gente che si rovina la vita per i soldi e peggio ancora: è piena di soldi e non vive”.

 

Chi vedrebbe al suo posto oggi?

“Questa è una domanda alla quale non rispondo perché non sappiamo ancora se sarà libero il posto; quando lo sapremo vedremo e cercheremo di capire.”

 

Nel suo libro “Fai presto, vai piano” racconta di un viaggio che ha fatto in giovane età. Oggi è quasi utopia quel suo viaggio. Ha un consiglio da dare ai giovani?

“Di essere curiosi, di non fermarsi mai alle apparenze sia nelle conoscenze sia nell'apprendimento e di viaggiare più che possono”.

 

Quattordici anni di presidenza. Qual è il cambiamento nel bene o nel male più importante che ha vissuto tra quello politico, societario, sanitario?

“Sicuramente come ho detto all’inizio un Veneto che conta di più, adesso poi con le Olimpiadi ha anche una visibilità internazionale. Abbiamo lasciato un “segno” come squadra per quello che abbiamo fatto per questa regione, probabilmente siamo stati anche un fuori programma. Questa è stata l'amministrazione che ha dato tanto e questo ce lo riconoscono tutti”.

 


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