Arrigo Cipriani:"Mi batto per usare il nome di famiglia"
| Gloria Girardini |
ASOLO - Cinquantatré anni fa, il 21 marzo del 1967, a margine di una compravendita di azioni, fu stipulato un accordo sull'utilizzo del nome Cipriani. Tolti la Locanda di Torcello, l'hotel alla Giudecca e l'albergo ad Asolo, per cinque anni nessuno dei due contraenti avrebbe potuto utilizzare il nome Cipriani per aprire nuovi locali. Uno dei due firmatari era Giuseppe Cipriani, il fondatore dell'Harry's Bar, il papà di Arrigo che, mezzo secolo dopo, continua a combattere a colpi di carte bollate. Perché i cinque anni sono passati e, dice Arrigo Cipriani al Gazzettino, "non si capisce perché la mia famiglia non possa usare il proprio nome nelle attività imprenditoriali". In America "un giudice della Suprema Corte mi ha dato ragione. A Londra no. Solo in terra britannica abbiamo speso 19 milioni di sterline di avvocati e spese legali".
A giorni "avremo un'udienza in tribunale a Roma, vorrebbero far dichiarare la decadenza di una rivisitazione del nostro marchio". Finora, tutte queste carte bollate sono costate "venticinque milioni di euro". I tanti ristoranti aperti in giro per il mondo in questi anni, oltre una ventina, sono arrivati dopo il concordato stop di un lustro. Solo che nel resto del globo il nome è accettato, spiega il quotidiano ripercorrendo la vicenda, ma in Italia e in Europa "è una guerra". E pensare che il patto di 53 anni fa doveva essere "per difendersi da attacchi di terzi, non dai firmatari". Arrigo Cirpriani comunque ha intenzione di continuare la battaglia per il proprio cognome, "a costo di altre carte bollate" e l'ha fatto mettere anche sulle nuove porte dell'Harry's Bar la cui riapertura è prevista a breve: su una porta "Harry's Arrigo", sull'altra "Harry's Cipriani. Una vita "a difendere il nome di mio padre, figuriamoci se mollo".