Chi spara alla nutria?
Importata in Italia dal Sud America 90 anni fa per farne pellicce, la prolifica nutria è diventata ora un pericolo per l’equilibrio idrogeologico, le colture e - in generale - l’ecosistema, soprattutto veneto. Così la regione è corsa ai ripari.
| Emanuela Da Ros |
TREVISO - Abbiamo voluto la pelliccia di castorino? Ora ci becchiamo l’invasione delle nutrie. E le strategie (cattura attraverso apposite gabbie, uccisione con armi da fuoco) che dovrebbero contenerla, visto che eradicarla dal territorio sembra un’impresa ardua.
La nutria, animale esotico immigrato. Anzi: importato. Novant’anni fa, nel 1929, la pelliccia di castoro era un must. Ma quanti se la potevano permettere? Il castoro (quello vero) era monogamo, aveva sì e no quattro piccoli all’anno, e tra l’Ottocento e il secolo scorso era così ricercato che il prezzo della sua pelliccia era andato alle stelle (senza dimenticare che la caccia al castoro lo aveva messo a rischio estinzione).
Bah! Nessun problema, devono aver pensato i furbotti lungimiranti del Made in Italy: importiamo dal Sud America, dove è tanto diffuso negli ambienti acquatici, il Myocastor Coypus, un roditore di taglia media che sembra il parente povero del castoro. Lo alleviamo soprattutto in Pianura Padana, vista la presenza di un fitto reticolo idrografico, e abbiamo risolto.
Così il Myocastor coypus, ovvero la nutria, ha trovato dalle nostre parti una nuova casa. Per la gioia dei fabbricanti di pellicciotte. Perché questo roditore di origine esotica (protetto come ‘specie selvatica’ fino a quattro anni fa) ha un tasso riproduttivo anche del 200% (la femmina partorisce 14 piccoli all’anno), e qui gode di un favorevole clima caldo umido e di una buona disponibilità alimentare.
Tutto sembrava filare liscio, se non che - ricordate le alluvioni del 1966? - a un certo punto qualcosa è andato storto. E un po’ per cause ‘naturali’, un po’ perché le ‘strutture di stabulazione’ (cioè i recinti di contenimento) erano inadeguate, le nutrie hanno preso il largo. Hanno mandato qua e là i propri esploratori e hanno preso a colonizzare ogni corso d’acqua.
Le tane e la debolezza degli argini. Le mamme nutrie per partorire i piccoli scavano delle tane-gallerie negli argini dei fiumi, rendendoli simili (stiamo semplificando, ma neanche troppo) a dei groviera. Le conseguenze sono intuibili: l’acqua, durante le piene, invade le gallerie e gli argini crollano, provocando esondazioni. Che hanno spesso, sempre più spesso, ripercussioni devastanti sull’ambiente.
L’intervento istituzionale. Con la legge regionale 221, in vigore dal 2016, la Regione Veneto, coinvolgendo province e comuni, e altri organismi ha dunque approvato un piano per l’eradicazione della nutria che fin dal 2014 era stata declassata da ‘specie selvatica a ‘animale infestante’, al pari di topi, talpe e ratti in genere.
Nel piano triennale, recepito dalla provincia di Treviso - che per l’eradicazione della nutria ha ottenuto un budget di 20 mila euro su un totale regionale di 250 mila euro, utili anche all’acquisto dei kit eutanasici e dei gilet ad alta visibilità indossati dai ‘cacciatori di nutrie’ - i roditori possono essere catturati e successivamente abbattuti con trappolaggio, con armi comuni o altri sistemi di controllo selettivo.
La determina stabilisce che non via sia alcun tetto al numero di nutrie catturate o abbattute, che nelle aree venatorie l’uso delle armi è consentito tutto l’anno, mentre da agosto a gennaio nelle zone di ripopolamento, e che le motivazioni alla base dell’intervento sono dovute all’urgenza di contenere l’impatto negativo della presenza delle nutrie sulla biocenesi, sui danni alle produzioni agricole, sui rischi idraulici e sui rischi sanitari, anche se pare che le nutrie non trasmettano la terribile leptospirosi.
L’Enpa. Contraria all’abbattimento di massa delle nutrie si è dichiarata a suo tempo l’Enpa, che promuove invece una sterilizzazione delle femmine, dopo la cattura.
Chi può catturare o sparare alle nutrie? La legge ‘antinutria’ stabilisce che l’opera di eradicazione del roditore sia demandata a soggetti svariati: guardie giurate, guardie volontarie, operatori che a vario titolo si occupano di fauna, flora, ambiente, ma anche a cacciatori e proprietari di fondi agricoli. Per usare il fucile, questi ultimi devono essere ovviamente in possesso di un regolare porto d’armi e delle licenze richieste.