Hanno messo le mani sulla Costituzione. Ma "con calma...poi si vedrà"
ROMA - Giovedì 11 luglio, il Senato ha approvato in prima lettura Il disegno di legge di riforma della Costituzione, mettendo il primo paletto, secondo i tempi preventivati e comunicati al Paese dal Presidente del Consiglio, Enrico Letta.
I tentativi di riforma costituzionale, avviati negli ultimi decenni, sono naufragati, per mancanza di spirito collaborativo tra le maggiori forze parlamentari. C' è stato sempre lo scacco matto, ad ogni tentativo. Questo Governo "delle larghe intese", che continua a far arricciare il naso a destra e sinistra, per ironia della sorte, pur non potendo risolvere alcuni problemi , ritenuti fondamentali dalla singola forza politica, potrebbe pervenire alla tanto attesa riforma della seconda parte della Costituzione.
Sono due le novità più significative: sono stati eliminati una serie di cavilli giuridici, che, spaccando il capello in quattro, in passato hanno impantanato i progetti, magari al classico ultimo miglio; l'altro, invece, riguarda il tempo, scandito dalla certezza che, entro 18 mesi, tutto debba essere concluso: è la consegna, che si è dato e ha consegnato il Presidente Letta al Paese e al Parlamento. La sua "serietà" politica, notoriamente apprezzata nel corso della sua lunga carriera, lascia ben sperare.
E' noto che la Commissione dei 35 deputati + 35 senatori , prevista dalla legge approvata, sarà aiutata da un gruppo di saggi, che, da "esperti", dovrebbero impedire la scrittura di norme difficili da attuare e interpretare. Se non si va alla radice dei problemi, ossia a "rivisitare" la seconda parte della Costituzione, che illustra l'architettura dello Stato e della società italiana, cambiata radicalmente rispetto al 1948, si continuerà a confezionare progetti , immediatamente bocciati per "incostituzionalità". L'ultima è recentissima: il 2 luglio 2013, la Corte Costituzionale ha bocciato la cosiddetta riforma delle Province e il loro accorpamento, su richiesta di alcune Regioni, compreso il Veneto. Sul versante delle Province, siamo all'interno della palude: che cosa avverrà sul piano concreto e operativo, nessuno è in grado di dirlo. Nelle 7 province venete succede questo: due sono attualmente commissariate (Vicenza e Belluno), 4 dovrebbero andare alle elezioni l'anno prossimo, mentre Treviso scade nel 2016.
' possibile che, secondo un certo stile italiano, ci si affidi al vecchio proverbio latino, "quieta non movere", che, tradotto nella sostanza, significa "stiamo quieti... poi si vedrà". Per questo motivo, è condivisibile l'atteggiamento del Governo Letta, che in materia, dopo la bocciatura, ha presentato un disegno di legge costituzionale, che elimina dalla Costituzione il termine "Provincia" e si appresta a rimpolparlo, appena saranno rese note e pubbliche le motivazioni della Consulta, che hanno annullato la legge del Governo Monti. Ragionevolmente, il tutto andrà a inserirsi nella revisione costituzionale, avviata giovedì 11 luglio, come detto all'inizio. E' proprio il caso di concludere: che la fortuna ci assista!