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02 febbraio 2025

Vittorio Veneto

Iride e l’arco degli elfi

Appuntamento con l’arciera Iride Raponi, che assomiglia un sacco - non trovate? - alla ribelle Merida di The Brave

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

elide raponi

TARZO - A un certo punto si scioglie i capelli. Rosso fiamma. Socchiude gli occhi - verde eucalipto (o verde peppermint) - pesca dalla faretra, incocca una freccia, trattiene la corda e lascia andare. “Dopo di che - dice - c’è il buio. E poi il rumore, stock! Se lo senti vuol dire che ce l’hai fatta, la freccia è andata a segno, la sagoma è stata colpita”. Parole e immagini (bellissime, fidatevi) sono quelle di Iride Raponi, arciera con l’arco sportivo. Campionessa di una specialità che pratica da neanche un anno e che le ha cambiato la vita, oltre a darle grandi soddisfazioni. Il Tiro con l’arco di campagna è infatti una specialità sportiva, riconosciuta dal Coni, che si pratica simulando situazioni di caccia in zone boschive o poco antropizzate. L’arma usata dagli atleti è un arco “di campagna” che deve avere precise caratteristiche per arrivare a una potenza di 20/30 libbre (circa 16 chili) se usato da una donna, 42 se impugnato da un uomo. Con l’arco e le frecce in dotazione gli arcieri devono muoversi con accortezza nell’area individuata e colpire sagome tridimensionali di animali, seminascoste tra alberi e arbusti, dimostrando dinamicità del tiro, velocità di esecuzione e precisione.
A Corbanese di Tarzo ha sede il Campo di tiro della Compagnia ASD Arcieri della Vallata di Vittorio Veneto, un’area dove gli associati si allenano e gareggiano. Iride è una di loro. “Anche se da vent’anni vivo a Vittorio Veneto - racconta Iride - sono nata a Subiaco, un paese che affonda le sue radici in una storia millenaria, incastonato tra le verdi montagne dei Monti Simbruini nel Lazio. Per questo motivo forse mi sono sempre sentita legata alla natura e alla storia. La professione di graphic designer che svolgo, dopo aver frequentato l’istituto d'arte Munari, mi aveva però allontanato dalla bellezza e dalla libertà che concedono le attività all’aria aperta. L’unica passione che fino all’anno scorso mi ero concessa - e che continua ad accompagnarmi - è stata la batteria, che suono da 15 anni.”

E poi che è successo, Iride?Perché hai preso in mano un arco e ti sei messa a scoccare frecce in mezzo al bosco?
A novembre 2023 ho deciso che avrei dovuto dare una svolta alla mia vita: ho smesso di fumare e ho detto addio ai dolci, perdendo 23 chili in 7 mesi. Durante il percorso, sapevo che la batteria non sarebbe bastata a contenere i nervosismi causati dal taglio degli zuccheri, perché suonare la batteria è un'attività fisica potente e viscerale, ma coinvolge soprattutto il corpo, non la mente. Sentivo il bisogno di un’attività dove fosse richiesta concentrazione e controllo, e che allo stesso tempo mi permettesse di trascorrere del tempo all’aperto. Per caso, ma soprattutto grazie a un’amica, ho scoperto il tiro con l'arco storico. Con il suo incoraggiamento, ho avuto l'opportunità di conoscere l’allenatore del gruppo, campione italiano di Tiro con l’arco di campagna e uno degli artigiani di archi storici più noti in Europa. Così mi sono avvicinata a questa meravigliosa pratica, che combina l'equilibrio mentale con il contatto diretto con la natura.

Per praticare il tiro con l’arco sei entrata a far parte dell’associazione di arcieri ASD Vallata...
Sì, ho svolto un corso di avvicinamento all’arco, e conosciuto gli altri associati, che sono instancabili. E‘ sorprendente la loro operatività e lo spirito di collaborazione che trasmettono: con un’importante forza lavoro, si attivano regolarmente per la manutenzione del campo da tiro, che si estende in una macchia forestale selvatica tra salite e pendii imponenti, fino giù verso la vallata tra corsi d’acqua e fossati.

Ah! Questa chiacchierata si svolge proprio nel campo arcieri di Corbanese. Per arrivarci bisogna farsi inghiottire dalle colline, procedere su stradine sterrate che tracciano una mappa da caccia al tesoro. Una volta entrata nella “macchia” verde con Iride sento che le sue parole si fanno più misurate, lasciano spazio ai silenzi, che sono il requisito indispensabile per ascoltare i sussurri della natura: il richiamo di un picchio, un ramo che si spezza sotto i passi, il frusciare delle foglie. L’area individuata dagli arcieri è incontaminata: la vegetazione lussureggiante, spontanea, non ha niente a che vedere con le colline- giardino, ricamate di filari, che stanno appena più in là, sull’attenti e sottomesse all’intervento degli uomini. “Il campo Asd - spiega Iride - viene usato dagli arcieri seguendo un rigido protocollo: prima di entrare nell’area delimitata e chiusa da un cancello bisogna informare l’associazione della presenza del numero di atleti o visitatori, in modo da agire in assoluta sicurezza”. La seguo annotando sul taccuino qualche appunto: Iride si muove con circospezione, la faretra legata alla vita, l’arco in pugno, il parabraccio sulla destra e uno strano accessorio sfrangiato che le pende sul fianco. E la curiosità a lanciare lo strale.

Iride a che serve quella sorta di mocio?
“I veneziani lo chiamavano cavo da brodo. Pensa che ai tempi della Serenissima veniva legato con una corda alla nave e immerso nell’acqua del mare, per un duplice uso: i ritagli abborracciati di stoffa bagnata servivano ai marinai per…. pulirsi il culo - ma non scriverlo, ti prego! - dopo aver espletato i loro bisogni, ma anche a lavare le stoviglie su cui mangiavano. Noi arcieri lo usiamo per lucidare le frecce…Oh! guarda là: un orso!” E sta davvero a qualche decina di metri il plantigrado. Grigio, eretto, immobile. Mettendolo a fuoco si intuisce che non si tratta di un orso in carne e rugli, ma di una sagoma. E‘ il bersaglio che Iride, assunta la posizione del lanciatore, si prepara a colpire. Stock! Sorrisi. Soddisfazione. “Il Tiro con l’arco nella foresta - spiega l’arciera - ha proprio queste caratteristiche: camminando e osservando l’intrico della vegetazione ci si imbatte in piazzole che simulano situazioni di caccia, dove si trovano sagome di animali diversi: cinghiali, cervi, camosci e perfino lumache giganti! Alcune di esse sono agganciate a delle carrucole, quindi vi è anche la possibilità di colpirle mentre sono in movimento. È una forma di esercizio che risveglia antichi istinti senza arrecare danno agli esseri viventi, consentendo di riconnettersi con la natura e con se stessi in modo profondo e autentico. La sensazione che si prova quando si tira è pazzesca: in quei pochi secondi ci si isola totalmente e la mente si svuota. Si percepisce solo l’abbraccio del verde e il respiro dell’aria, i movimenti sono controllati…non esiste nient’altro. Si tende la corda, si guarda l’animale nella sua interezza e si scocca la freccia. Il buio e poi il rumore, stock!, che assicura che la sagoma è stata colpita! A questo punto in genere parte l’ovazione dei compagni di caccia. Intensa, se si becca il bersaglio sulla superficie della sagoma, lievemente segnato da un bassorilievo.

Dove ti sei procurata un arco che sembra appartenere agli elfi?
E‘ uscito dalle mani esperte di un bravissimo artigiano. L’ho voluto in giunco, perché è un materiale sorprendentemente elastico e resistente. Sembra davvero l'arco degli elfi! Pesa solamente un etto, e grazie alla perizia che solo il miglior artigiano europeo di archi storici può avere, è stato realizzato in modo magistrale: preciso nel tiro, con delle sfumature talmente ben rifinite che sembra un osso di origine animale, o meglio: un bel paio di corna di toro.

L’arco, il tuo compagno di caccia, ha un nome?
Sì, ho deciso di rendere epica la sua estetica dandogli un senso filosofico. L’ho chiamato Alef, perché l'Alef rappresentava la prima lettera dell'alfabeto fenicio e aveva un'importanza simbolica fondamentale. In origine l’Alef derivava da un segno protosiriano, una forma stilizzata di un toro, simbolo di forza e stabilità. In questo modo ho fatto contento anche mio zio che mi ripeteva sempre di prendere il toro per le corna nelle situazioni difficili.

Iride, ti sei avvicinata a questa specialità neanche un anno fa, eppure tra pochi mesi potresti partecipare ai campionati italiani di Tiro con l’arco sportivo. E‘ corretto?
Mai avrei pensato di raggiungere il podio per ben quattro volte su cinque gare disputate: nella prima gara sono riuscita ad arrivare al bronzo mentre le altre volte all’oro: la vogliamo chiamare fortuna del principiante? oppure possiamo dire che sono portata? Alle spalle ho solo dieci mesi di pratica di tiro con l’arco! Quello che sento dentro è un grande entusiasmo e il desiderio di qualificarmi ai campionati italiani: forse in primavera sapremo se potrò partecipare a un’avventura che durerà diversi giorni. Per ora l’unica cosa che conta è divertirsi. La Compagnia degli arcieri La Compagnia ASD Arcieri della Vallata è attiva nel territorio dal 1987 quando scoccò la prima freccia tra i boschi del Cansiglio. Attualmente il campo di tiro si trova a Corbanese di Tarzo, all’interno di un comprensorio privato di circa 25 ettari interamente recintato. Annovera, al momento, una cinquantina di iscritti variamente divisi in maschi e femmine e di età compresa fra dieci e settant’anni. La Compagnia è affiliata a due associazioni con copertura nazionale: la FIARC (Federazione Italiana Arcieri Tiro di Campagna) e la FIDASC (Federazione Italiana Discipline Armi Sportive da Caccia), quest’ultima facente parte del Coni; con entrambe organizza gare di carattere nazionale ed internazionale. Fra le innumerevoli competizioni svolte nel 2018 ha organizzato il campionato Nazionale IBHC con circa seicento atleti partecipanti riscuotendo i complimenti da parte dell’intero mondo Arcieristico nazionale. Il Tiro di campagna Il Tiro di campagna è l’attività sportiva del tiro venatorio e si pratica simulando situazioni di caccia con l’utilizzo di sagome tridimensionali di animali, sviluppando nell’arciere che lo pratica la dinamicità del tiro e la velocità di esecuzione. Questo tiro di simulazione venatoria vuole conservare e mantenere quei valori ancestrali propri del tiro con l’arco, così come venivano intesi in passato, utilizzando l’arco con lo scopo per cui è stato creato, la caccia, senza però andare a ferire esseri viventi, né offendere l’equilibrio della natura in cui si svolge l’attività. Nella simulazione di situazioni di caccia si utilizzano sagome tridimensionali raffiguranti animali in materiale sintetico espanso. L’uso di questi bersagli è particolarmente stimolante per l’arciere, che non conosce mai la monotonia, sia per la difficoltà oggettiva del tiro sia per la dinamicità dello stesso e riscuote sempre maggiore interesse. L’obiettivo che la FIARC si propone è promuovere e praticare un tiro con l’arco ricreativo, adatto a tutti, per una sana vita sportiva a stretto contatto con la natura. Il tiro con l’arco in generale aiuta chi lo pratica a trovare un centro dentro di sé, a sviluppare le proprie potenzialità di equilibrio, consapevolezza corporea, concentrazione, percezione dei rapporti spaziali e sensoriali tra realtà esterna e interna, integrazione mente-corpo.


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