Manifatturiero in tenuta, ma congiuntura debole
Si allontana per il momento il rischio recessione. In recupero l’industria dei metalli, segno di una possibile ripartenza della domanda di input a supporto dei vari settori
| Isabella Loschi |
TREVISO - I risultati al primo trimestre 2024 dell’indagine congiunturale condotta come di consueto su un campione di imprese manifatturiere venete, trevigiane e bellunesi, non evidenziano ulteriori peggioramenti. "Siamo ancora dentro una fase di rallentamento del ciclo economico, ma con alcuni incoraggianti segnali di attenuazione - commenta il Presidente della Camera di Commercio di Treviso-Belluno, Mario Pozza - Quali sono i dati che ci permettono questa affermazione? Le variazioni congiunturali – spiega Pozza: produzione e raccolta ordini, in particolare dai mercati esteri, sono tornati a recuperare terreno, sostenendo la tenuta e il lieve miglioramento del grado di utilizzo degli impianti, e un altrettanto lieve allungamento dei giorni di produzione assicurati dal portafoglio ordini. Restiamo pur sempre dentro un quadro di congiuntura debole – aggiunge il Presidente – condizionato dai ben noti scenari internazionali e da settori che oggi pagano di più l’inflazione strisciante, il calo del potere d’acquisto delle famiglie, l’incertezza negli investimenti, come anche l’esaurimento di fasi fin troppo effervescenti immediatamente dopo la pandemia. Fra tutti, il legno-arredo è un settore che sembra non partecipare ancora al recupero congiunturale, con tutti i suoi indicatori (non solo produzione, ma anche ordinativi) ancora in negativo. Ma anche il “sistema moda” presenta indicatori prossimi alla stazionarietà, con l’eccezione dell’occhialeria che conferma il suo trend positivo. Interpreto come segnale positivo – continua il Presidente - anche la ripartenza dell’industria dei metalli e della gomma plastica, dopo trimestri di sofferenza: settori che, in quanto fornitori di input, sono anche termometro di una possibile ripartenza delle altre filiere.
Le previsioni per il secondo trimestre dell’anno sono improntate a cauto ottimismo. Però - prosegue il Presidente – non bisogna sottovalutare i rischi che ancora permangono a livello geopolitico; così come sarà fondamentale che la BCE trovi il giusto ritmo per la rimodulazione dei tassi d’interesse, prima di deprimere troppo questi segnali deboli di ripartenza che, parlando con le imprese, fanno fatica a proiettarsi su orizzonti temporali lunghi, inibendo strategie di investimento più strutturate.
Il quadro internazionale e nazionale
La lettura del rallentamento congiunturale come processo di normalizzazione del ciclo economico, anziché di scivolamento in territorio recessivo, su cui convergevano i più autorevoli analisti, è risultata corretta. Le stime del Fondo Monetario per l’anno 2024, nell’Outlook di aprile, prospettano un’economia globale “straordinariamente resiliente con una crescita stabile”: il PIL mondiale crescerà quest’anno del +3,2%, come nel 2023 e come pare avverrà nel 2025. Fra le tendenze più recenti si segnala anche un rialzo della quotazione dei metalli che potrebbe essere letto - in una fase di disinflazione - come segnale di rafforzamento del ciclo dell’industria mondiale, di ripartenza della domanda di beni, dopo la fase di stagnazione che ha caratterizzato l’ultimo anno. In questa direzione pare andare anche la previsione del FMI sul commercio mondiale: stimato in crescita del +3,0% dopo la stagnazione al +0,3% nel 2023. Permangono significative divergenze fra Paesi. La dinamica globale è sostenuta in particolare modo dalle economie emergenti (del +4,2% è la crescita stimata del PIL per il 2024, che sale al +4,6% Cina e al +6,8% India). Gli Stati Uniti continueranno a crescere del +2,7% nel 2024 contro il +2,5% del 2023, benché nel medio termine si ritengano insostenibili gli stimoli fiscali alla domanda, con rischi - così il FMI – per la stabilità finanziaria globale. Saranno necessari correttivi che nel 2025 porteranno a limitare la crescita USA al +1,9%.
Nell’area euro la ripresa ci sarà, ma molto debole (+0,8% contro il +0,4% dell’anno scorso), pagando lo scotto dei costi energetici passati, di un’inflazione ancora strisciante e di una politica monetaria restrittiva che ora deve trovare giusta ricalibrazione per evitare un eccessivo rallentamento della crescita; che poi potrebbe avere ripercussioni nel mercato del lavoro, finora però sostenuto dalle strategie di “accaparramento” del personale da parte delle aziende a sostegno dei cambi di paradigma produttivo (digitalizzazione, sostenibilità). A livello di singolo Paese, a parte il caso della Spagna (+1,9%), le stime di crescita restano nell’ambito dello “zerovirgola”, dove semmai la notizia sta nel cambio di segno della Germania, sempre con riferimento alle previsioni FMI sul PIL, che passerà dal -0,3% del 2023 al +0,2% per l’anno in corso. L’Italia continuerà a galleggiare attorno ad una “crescita” del +0,7%, contro il +0,9% dello scorso anno. Per quanto riguarda l’andamento dell’industria manifatturiera nell’area euro e in Italia le survey che monitorano gli indicatori anticipatori (Purchasing Managers’ Index di S&P) confermano, ancora per il primo trimestre dell’anno (e, a dire il vero, anche per i mesi successivi), la permanenza di una congiuntura debole, interpretata come un sostanziale attendismo delle imprese, pronte però ad accelerare i ritmi quando i segnali di miglioramento saranno concreti. In questa cornice si vanno a collocare i risultati della consueta indagine congiunturale sul manifatturiero veneto, trevigiano e bellunese per il primo trimestre 2024: che, come vedremo nel dettaglio, tratteggiano una situazione di sostanziale tenuta, pur con qualche settore maggiormente in sofferenza di altri.
La dinamica regionale per settori
A livello regionale, la variazione tendenziale della produzione manifatturiera (I trimestre 2024 su stesso trimestre dell’anno precedente) risulta del -2,4%: in linea, come verso, con il dato nazionale Istat (-3,5%), seppure con una contrazione meno intensa. Un dato atteso, in qualche modo, visto che il termine di confronto del dato attuale riguarda la “coda” del periodo di rimbalzo post-Covid (il primo trimestre 2023 è stato l’ultimo trimestre in positivo per la produzione veneta dopo nove trimestri consecutivi). Così accade per gli ordinativi esteri e dal mercato interno, ancora in negativo, anche se con un ritmo di decrescita più blando rispetto al passato.
Per gli stessi indicatori sono semmai da evidenziare le variazioni congiunturali (rispetto al trimestre precedente) che sono d’intonazione positiva anche se debole: la produzione riguadagna un +1,4%, gli ordini dal mercato nazionale un +2,2%, gli ordini dai mercati esteri un +2,8%. Restano importanti le differenze di performance tra settori. Il legno-arredo non partecipa a questo recupero congiunturale per nessuno degli indicatori qui considerati: la produzione flette del -3,7% rispetto al trimestre precedente, come anche ordini esteri (-4,4%) e ordini interni (-2,1%). Anche per la filiera dei mezzi di trasporto e dell’automotive appare critico l’andamento della domanda estera (-5,7%). Per sistema moda, orafo, macchinari industriali, elettrodomestici resta lievemente in negativo la produzione, nel passo congiunturale, ma con un discreto recupero nella raccolta ordini. In certi casi, è l’esempio dei macchinari industriali, più robusto sul fronte del mercato nazionale (+5,0%) rispetto ai mercati esteri (+2,3%). Rimbalzo congiunturale positivo si registra per la gomma plastica (+6,5% la produzione; +10,4% ordini esteri; +6,0% ordini interni) dopo diversi trimestri di sofferenza. Analoga dinamica si riscontra per l’industria dei metalli e lavorazione dei metalli, a conferma che anche in Veneto stanno ripartendo le attività di input trasversali ai vari settori (e che sospingono al rialzo, come si è visto, la quotazione dei metalli). L’occhialeria, al netto delle consuete oscillazioni stagionali, conferma il suo trend positivo (variazione congiunturale della produzione: +3,2%; ordini esteri +17,5%; ordini interni +7,4%). La dinamica del manifatturiero trevigiano e bellunese
L’andamento del manifatturiero trevigiano rispecchia il quadro regionale.
Il confronto su base annua è ancora a sfavore, in particolare per produzione e ordinativi esteri (-2,0% la variazione tendenziale per entrambi questi indicatori). Ma si tratta di una flessione di minore intensità rispetto ai precedenti trimestri. D’intonazione positiva, invece, le variazioni congiunturali, per quasi tutti gli indicatori. La produzione recupera il +1,7% sul trimestre precedente, spingendo il grado di utilizzo degli impianti dal 70,9% al 71,7%. Gli ordinativi dal mercato interno crescono del +1,8%, quelli dai mercati esteri addirittura del +3,9%: con effetto apprezzabile sulla lunghezza del portafoglio ordini che, dopo trimestri di contrazione, torna a salire a 51,5 giorni di produzione assicurata (era a 50,4 giorni lo scorso trimestre).
Solo il fatturato resta sottotono: -0,8% la variazione congiunturale (che diventa del -2,6% per il fatturato estero), +0,9% quella tendenziale (+0,5% per il fatturato estero). Ma si deve tener presente che questo indicatore è tuttora fortemente condizionato dalla dinamica dei prezzi: dopo trimestri di crescita, anche a due cifre, durante i quali le aziende trasferivano sui prezzi i rincari delle materie prime e dei costi energetici, oggi, in fase di contrazione dell’inflazione, sta accadendo un processo (forse non speculare) di aggiustamento dei listini, più accentuato verso l’estero, laddove necessario per non perdere quote di mercato.
Le previsioni per il prossimo trimestre sembrano trasmettere un cauto ottimismo. Per tutti gli indicatori monitorati (produzione, fatturato, ordini) la maggioranza degli imprenditori trevigiani intervistati scommette per situazioni di aumento, con percentuali di giudizi che si posizionano fra il 41% e il 46% degli intervistati. A questa categoria di “ottimisti” si affianca un terzo abbondante degli intervistati che prevede invece stazionarietà: in modo più marcato (37%) per la domanda estera, con tutta evidenza ancora esposta ad una serie di rischi geoeconomici e geopolitici. Non trascurabile quel quinto di imprese del campione che prevede flessione nelle proprie performance (per il fatturato i giudizi di diminuzione interessano il 24% degli intervistati).
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