Coronavirus, "attenti a non importarlo: molti focolai arrivano dall'estero"
| Gloria Girardini |
''Stiamo attenti a non importare il Covid. Molti tra i focolai che si sono sviluppati recentemente in Italia arrivano da fuori. Qui il razzismo non c'entra, evitiamo di ripetere gli errori dello scorso febbraio. Adesso che l'Italia è più avanti degli altri nel contenimento dell'epidemia, cerchiamo di non buttare via il lavoro fatto. Non rimescoliamo le carte, prima di riaprire a ingressi senza le precauzioni del caso dobbiamo accertarci che gli altri Paesi siano arrivati dove siamo noi adesso''. Lo dice Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri a Libero.
''Non facciamoci trarre in inganno dal numero dei contagiati, che poi vuol dire persone con tampone positivo. Se salgono, è anche perché ora li sappiamo trovare, e questa è una buona notizia. Forse gli altri Paesi li cercano ancora meglio di noi''. I posti più pericolosi, dice, ''sono i macelli, le aziende di trasporti, le feste con tante persone, le discoteche, che è giusto restino chiuse. Anche se poi bisogna riconoscere che l'ambiente dove più ci si contagia è la famiglia, dove ci si passa il virus l'uno con l'altro, un po' come succede sulle navi dove i profughi sono in quarantena. Un discorso a parte meritano residenze per anziani e ospedali, ma qui adesso c'è grande attenzione''.
Per Remuzzi ''la situazione in Italia è sotto controllo. Qui a Bergamo non arrivano più malati da maggio e anche nel resto del Paese le terapie intensive non hanno quasi più pazienti di Covid-19. L'aumento dei contagi riflette il numero dei positivi al tampone, dovuto in parte al fatto che ne facciamo di più, visto che adesso chiunque si ricovera in ospedale, per qualsiasi ragione, viene sottoposto al test. Il dato importante però è che i positivi che scopriamo hanno una carica virale bassa, almeno in Lombardia, e sono per lo più asintomatici. Finché non aumentano i ricoveri per Covid in pneumologia e in terapia intensiva possiamo stare abbastanza tranquilli, perché il contagio non si traduce in malattia'' E sulla zona rossa a Nembro e Alzano Lombardo dice che ''probabilmente andava fatta, ma la verità è che l'Italia non era assolutamente preparata a quello che stava per succedere. Abbiamo perso almeno quattro settimane''.