BUONA DOMENICA Il console e l'avvoltoio sul destino degli afghani
Tommaso Claudi, rimasto in Afghanistan per salvare più persone possibili, è per l'Italia motivo di orgoglio. Dall'America invece è giunto Erik Prince che vende espatri per seimilacinquecento dollari a persona
TREVISO - Compie 31 anni domani e gli auguri di buon compleanno - anche se fino all’altro giorno era ai più uno sconosciuto- è proprio il caso di dirlo: sgorgano dal cuore. Tommaso Claudi è quel giovane console (nominato ad interim), immortalato in una delle foto più toccanti che entreranno nei libri di storia per raccontare il dramma senza fine dell’Afghanistan. Inginocchiato sopra al muretto dell’aeroporto di Kabul, indosso un giubbetto antiproiettile, proteso verso un bambino nel gesto di prendere tra le braccia un bambino la cui famiglia di origine vuole mettere in salvo per primo affidandolo al diplomatico italiano.
Al “Corriere della sera” del 26 agosto ha dichiarato: “Stiamo portando in salvo un grandissimo numero di persone, tra cui tutti i nostri connazionali che ne hanno fatto richiesta e quasi 2.700 cittadini afghani. Il numero muta continuamente e crescerà con i prossimi voli in programma. Ad oggi il numero di italiani evacuati si aggira sulla settantina, dalla crisi di metà agosto. E si stima che un’altra ventina siano ancora nel Paese, di cui la grande maggioranza collaboratori di Emergency». Quando - e questo è il caso - essere italiani è motivo di orgoglio.
Non hanno invece proprio di che vantarsi gli americani. Loro come concittadino tutt’altro che esemplare hanno quel Erik Prince, conosciuto come il signore delle guerre private, che all’aeroporto di Kabul vende posti per l’espatrio, seimilacinquecento dollari a persona scrive scrive sempre il “Corriere” lo stesso giorno, nella stessa pagina: “Prince ottenne da Bannon l’incarico di presentare un piano per sostituire i soldati Usa impiegati in Afghanistan con un esercito di mercenari. Non se ne fece nulla, e ora, nell’ultimo atto di questa guerra eterna, ha trovato il modo di fare cassa anche sulla disperazione”.
Le due facce di una storia da raccontare tutta per intero, dall'inizio alla fine, a ogni latitudine ed età, ora che l’Afghanistan è stato lasciato al suo destino. Ha ragione Khaled Hosseini, lo scrittore de “Il cacciatore di aquiloni» e di “Mille splendidi soli” :”Leggere libri di storia. Molte persone si sono affidate ai miei romanzi per avere un’idea di cosa sia l’Afghanistan, e tutto ciò mi onora e mi riempie di gioia. Ma la narrativa non basta per comprendere il mondo”(“Corriere della sera 26 agosto). Non basta se poi ci si volta dall’altra parte, tanto il problema non è nostro: “Sono preoccupato per le persone in carne e ossa, quelle che si sono battute per i diritti umani. Ma in particolare per le donne coraggiose, resilienti e resistenti che sono entrate in politica, che sono diventate capi di polizia, governatrici provinciali, sindaci, che hanno promosso la causa delle altre donne. E ancora, per le ragazze coraggiose che sono andate a scuola nonostante le minacce. Sento il loro dolore. Sento la loro frustrazione. Sento la loro ansia. E sento la loro paura”. Meditate gente, meditate.
Buona domenica