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02 dicembre 2024

Conegliano

"Il nostro è un Teatro libero e pieno di amore"

Paola Pizzolon, presidente di Uilt Veneto, racconta la realtà del teatro amatoriale, dove di fronte alla passione le persone si trasformano e le porte si spalancano

| Fabio Zanchetta |

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| Fabio Zanchetta |

paola pizzolon

Dal 1977 l'Unione Italiana Libero Teatro (Uilt) promuove il teatro spontaneo e assiste le compagnie comunemente definite “amatoriali” nella crescita e promozione delle loro attività.

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Oggi è una delle maggiori federazioni teatrali italiane e raggruppa più di novecento compagnie a livello nazionale: in Veneto poco meno di quaranta sono sopravvissute alla catastrofe del Covid, ma, come spiega la nuova presidente di Uilt Veneto Paola Pizzolon, la forza a cui possono attingere è ancora tanta, perché il teatro è prima di tutto tirare fuori dalle persone l'inaspettato.

 

Due parole caratterizzano il teatro di Uilt: “amatoriale” e “libero”, ce le puoi spiegare?

Amatoriale non va confuso con casalingo: c'è molta professionalità anche nel teatro amatoriale, ma chi lo fa semplicemente non lo fa come lavoro. In Italia questo tipo di teatro ha raggiunto un livello molto alto, e noi di Uilt crediamo nella formazione continua di tutti i tesserati attraverso quello che consideriamo il nostro fiore all'occhiello, la sezione del Centro Studi. La parola “libero” invece può assumere vari significati: c'è molto spazio di manovra nella scelta dei soggetti e dei generi, ma anche delle professionalità di cui avvalersi. Durante il periodo del Covid tutto il mondo del teatro è stato duramente colpito, e noi abbiamo fatto da cuscinetto per i professionisti rimasti senza lavoro, ci siamo aperti alla loro collaborazione permettendogli di guadagnare qualcosa e di riflesso il livello del teatro amatoriale è ulteriormente cresciuto.

 

Il Covid è stato uno spartiacque per chi fa teatro?

Il periodo della pandemia ha avuto effetti negativi importanti, e alcuni non sono ancora terminati: lavori che sono nati e finiti subito in cantina, compagnie che non sono riuscite ad affrontare le spese vive di mantenimento e hanno dovuto chiudere, e gli artisti, persone solitamente molto sensibili, che hanno fatto fatica e faticano ancora a superare il periodo di stop. Il teatro è fatto spesso di persone timide che sul palco si trasformano: durante i lockdown non hanno potuto riempire quel vuoto e per questo ne hanno sofferto tantissimo. D'altra parte è stata anche un'occasione per alcuni per reinventarsi e in cui si sono aperte delle porte inedite: quelle delle case dei privati che venivano a vedere i nostri spettacoli e durante il periodo di restrizioni ci hanno accolto nello loro ville storiche e nei loro parchi per farci avere spazi abbastanza grandi per esibirci.

 

Quanto interesse per quello che fate riscontrate nell'Alta Marca trevigiana?

Dipende da centro a centro. A San Fior per esempio si svolge una rassegna ormai ventennale che è sempre molto partecipata. Vittorio Veneto poi è un cuore pulsante del teatro locale. A Conegliano invece è più complicato trovare l'interesse del pubblico, forse perché c'è più concorrenza di altre attività ricreative, forse perché dobbiamo ancora trovare la giusta chiave per proporre quello che facciamo. Però la sede di Conegliano della Uilt è stata insignita del titolo di “residenza creativa”, prima fra tutte in Veneto e questo ne ha fatto un punto di riferimento per il teatro amatoriale regionale per quanto riguarda la formazione. Volete continuare a investire in questa città? Il mio desiderio è quello di mantenere a Conegliano la presidenza della Uilt e la residenza creativa, abbiamo impiegato tante energie e risorse nel predisporre l'attuale sede di via Battisti, anche se sapevamo che c'era un termine: ora l'area dell'ex Zanussi è stata venduta e con essa l'edificio a disposizione delle associazioni che ci ospita. Dobbiamo cercare una nuova casa e vorremmo che avesse le stesse possibilità logistiche di questa.

 

Come si arriva a un tale impegno nel campo del teatro amatoriale?

Ci sono percorsi molto diversi. Io per esempio non sono né attrice né regista, non salgo il palco, ho iniziato aiutando la compagnia in cui è impegnato mio marito e col tempo qualcuno ha visto in me la persona adatta per portare dialogo tra le compagnie e con l'esterno, per promuovere quello che facciamo e spiegarlo alle istituzioni. Poi ci sono compagnie di amici con la passione comune che vivono il teatro come un gioco e realtà più strutturate che si formano attorno a un autore o regista. Il denominatore comune per tutte le esperienze nel campo del teatro è il volersi donare agli altri superando ogni difficoltà e vergogna e trasformandosi in qualcun altro. Io credo molto nella formazione non perché voglio mettere qualcosa dentro le persone, all'opposto credo che lo scopo principale del teatro sia tirare fuori quello che non ci si aspetta di avere e sorprendersi di ciò che si scopre di poter fare con queste risorse.

 

A livello creativo il nostro territorio è un terreno fertile? La nostra cultura popolare di cui andiamo tanto fieri è valido serbatoio di idee per la scrittura teatrale?

Ci sono autori validi nella nostra provincia, mi viene subito in mente, per citarne uno, Andrea Nardin che scrive e mette in scena testi che vanno dalla commedia dell'arte ai classici, rendendoli fruibili a tutti con la sua penna. Ovviamente le compagnie continuano a preferire i classici che attirano maggiormente il pubblico, italiani e inglesi soprattutto. Poi c'è chi tenta timidamente e con fatica di portare la tradizione popolare veneta a teatro, ma credo che manchi qualcosa che c'è in altri Paesi: la possibilità di diventare cantastorie che portano il teatro direttamente in strada. Sarebbe bello, ma per ora nella Sinistra Piave le regole sono troppo severe su questo.

 


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