Quale futuro per l'Ilva?
L’Arcivescovo di Taranto, Mons. Filippo Santoro, è stato ospite della Diocesi per partecipare al Convegno “ Vita e Lavoro: quale futuro?”, organizzato dalla Commissione Pastorale e Sociale, coordinata da don Andrea Forest. Al dibattito, moderato da Simonetta Venturin, direttrice del settimanale diocesano “Il Popolo” di Pordenone ha partecipato la prof.ssa Chiara Mio dell’Università Cà Foscari di Venezia. Durante la sua permanenza, il Vescovo ha visitato il Duomo di Conegliano, accompagnato dal vice-sindaco Floriano Zambon e il Museo della Battaglia, accompagnato dall’Assessore Barbara De Nardi. L’intervento di Mons. Santoro, focalizzato sul tematica nazionale dell’ILVA di Taranto, apprezzato dal pubblico, è stato oggetto di una intervista a OggiTreviso.
1. Il caso paradigmatico dell’ ILVA nel panorama nazionale ed europeo: per quale motivo Taranto ieri ed oggi continua ad essere al centro della cronaca?
Taranto è un caso specifico, che tocca molti aspetti della vita, entrato a pieno titolo nella cronaca e nei temi scottanti del Paese. Il tema ha come sfondo l’Enciclica Laudato Si di Papa Francesco, che parla di “debito ecologico”, un aspetto rilevante a Taranto, che ha pagato un debito altissimo per inquinamento che ha prodotto nel corso degli anni molte morti e continua ad affliggere la Città. L'ultimo decesso di un giovane di 15 anni e avvenuto nel mese di febbraio di quest'anno e molte altre persone sono ammalate e si curano di cancro. Debito ecologico perché Taranto produce l'acciaio per tutta l'Italia, il migliore acciaio per tutta l'industria italiana e, d'altro canto, riceve questo effetto collaterale ossia la contaminazione ambientale. L'industria risale agli anni ‘70, quando si chiamava Italsider, poi comprata dalla famiglia Riva e dopo alterne vicende, lo scorso anno è stato è stato stipulato un contratto con Archelor Mittal. Sorprende il fatto che sia stata insediata in un terreno prima dedicato ad un'agricoltura di qualità, intensiva, come la cultura del vino, degli alberi da frutta, delle arance, tutte ben sviluppate. Quella occupata dall’ILVA è una estensione ampia quanto una volta e mezza della Città. Questa produzione ha dato stipendi a tante famiglie e persone, a cui non sembrava vero poter avere uno stipendio, però ha dato anche inquinamento. Per questo aspetto negativo, metto sempre in evidenza nel mio ministero che il lavoro è per la vita, non è per la morte, soprattutto quando mi tocca celebrare i funerali per le vittime del lavoro. In questi anni ne ho celebrati sei. Il debito ecologico si è consolidato perché la fabbrica non ha mantenuto i rapporti con la Città, non ha curato il rapporto con l'ambiente, si è preoccupata solo di fare un buon acciaio, i Riva si vantavano di produrre il miglior acciaio dell'Europa. Questo evidentemente non è giusto, ora stiamo pagando il debito ecologico. Il mio intervento come pastore nasce dall'ascolto di tutte le mattine, quando una fila di persone chiede il mio intervento per far cessare questa devastazione ambientale, perché la vita è il primo bene che noi abbiamo. Inoltre c'è sempre una fila di operai dell'Ilva e tanti altri disoccupati, che chiedono che sia conservato il lavoro di circa 10.000 persone, di molte famiglie e di giovani. Quindi si tratta di una situazione veramente grave. A Taranto è evidente il conflitto tra il lavoro e la difesa della vita. Insomma si tratta di cercare una produzione dell'acciaio che sia compatibile con la difesa dell'ambiente, la casa comune, come ci dice Papa Francesco. Questa è la grande battaglia che ci troviamo a combattere. Tutti i miei interventi sono stati per difendere i due aspetti, senza eliminarne nessuno dei due.
2. Nella vicenda c’è un momento storico, da cui partire: la visita di Papa Paolo VI...
Il 24 dicembre del 1968 Papa Paolo VI fece un gesto straordinario: la notte di Natale lascia il Vaticano e viene a celebrare la Natività nella fabbrica dell'Italsider, presenti tantissimi operai. Nell'omelia mise in evidenza la difficoltà che quasi separava la Chiesa dai lavoratori, aggiungendo che tale distanza non aveva ragione di esistere e la sua presenza nella notte di Natale voleva essere l’ annuncio di vicinanze e di attenzione al al mondo del lavoro: la persona umana vale di più che la macchina. Quell’ annuncio continua oggi, quando Papa Francesco parla di una Chiesa in uscita.
3. Dal 2012 con il suo arrivo a Taranto lo sguardo alla vicenda ILVA risente dell’esperienza del prete e vescovo in Brasile.
Certamente i miei anni in Brasile sono stati fondamentali per mettermi in rapporto con la situazione tarantina. Nei 12 anni di sacerdote e 15 di vescovo ho fatto un'esperienza di vicinanza alla gente. I dolori, le sofferenze, le attese soprattutto del popolo povero sono quelle di un pastore, di un sacerdote e di un vescovo. Questa esperienza, quando sono arrivato a Taranto nel 2012, mi ha spinto ad entrare subito sin dall' omelia del mio ingresso in diocesi, ricordando il rapporto tra la difesa dell'ambiente e la difesa del lavoro, come un'azione che va fatta contemporaneamente e simultaneamente. Subito dopo ci fu l'intervento della magistratura, che operò il sequestro dell'Ilva, seguito da 12 interventi governativi, che si sono succeduti per mantenerne la facoltà di uso. Ho seguito tutta la vicenda: il primo atteggiamento che sentivo come vescovo, coinvolgendo in questo l'intera diocesi, è stato quello di metterci in gioco, non potevo accettare una situazione così grave. Il primo gesto dopo l'intervento della magistratura fu una fiaccolata, chiamando gli operai dell'Ilva, i sindacati, gli ambientalisti, proprio all'interno del quartiere “Tamburi”. Lì abbiamo indicato la presenza della Chiesa come fattore, che doveva favorire il dialogo, con queste indicazioni: a) condividere la difficoltà degli uomini e degli altri, di non stare a guardare, per dimostrare la vicinanza alle persone; b) abbiamo favorire il dialogo tra le istituzioni, tra l'azienda, la classe politica, che in quel momento era debole (il sindaco, il presidente della Provincia e della Regione avevano un avviso di garanzia). Come vescovo sentivo la necessità di far dialogare tra di loro tra le varie autorità sulla questione Ilva, includendo il rapporto positivo con il Procuratore e la Magistratura. c) nel 2013 ho promosso un grande convegno su ambiente e salute lavoro, chiamando i tecnici del Politecnico di Bari, Taranto, ma anche di Milano e Torino, ponendo loro la domanda: è possibile una produzione in un luogo così vicino alla città, che non danneggi la salute, che non produca morte? Al convegno i relatori risposero positivamente, come accadeva in altre aziende simili in Germania e Austria ma anche in altre nazioni, come la Spagna e gli USA. Bisognava puntare verso l'innovazione tecnologica per generare una produzione sostenibile, avviandoci sulla via della decarbonizzazione ossia della sostituzione del ciclo completo del carbone con un ciclo, che utilizzasse progressivamente il gas, che è meno inquinante.
4. I dati significativi dell’ILVA di oggi, gli aspetti peculiari e l’atteggiamento della nuova proprietà, con il tentativo del superamento della logica della monocultura.
Al bando per l'assegnazione intervennero due grosse società, che volevano acquisire la proprietà dell'Ilva. Ha vinto Arselor Mittal, una compagnia franco-indiana. Il Ministro del Lavoro Luigi Di Maio, che, come componente delle Cinque Stelle aveva sostenuto in la campagna elettorale la chiusura dell'Ilva, ha firmato l'assegnazione della proprietà alla ditta Arserlor Mittal. Per sette anni, dal 2012 al 2018, siamo stati nell'incertezza totale se chiudere o non chiudere. Adesso c'è un punto fermo: la proprietà è la prima al mondo nella produzione dell'acciaio di qualità. Quando sono venuti a trovarmi, quando abbiamo celebrato i cinquant'anni della visita di Paolo VI con il Cardinale Parolin, Segretario di Stato Vaticano, nella fabbrica Ilva con tutti i responsabili della nuova proprietà, ho sottolineato che “quando manterrete in modo rigoroso tutte le prescrizioni dell'accordo e attiverete le innovazioni positive, avrete il plauso della Diocesi, ma se non metterete in atto tutte le promesse, anche quelle di assumere tutti gli operai, senza licenziare nessuno, avrete le critiche mie e della Diocesi”.
5. Questa sua lettura ha come punto di riferimento il magistero di Papa Francesco: quali sono gli aspetti maggiormente significativi, a cui è solito richiamarsi, per spingere verso soluzioni complessive più accettabili dal punto di vista economico ed umano?
Dopo il primo aspetto già evidenziato ossia il debito ecologico, è ancora più rilevante l'affermazione di Papa Francesco sulla ecologia integrale. Non è sufficiente l'ecologia ambientale, come vogliono tanti ambientalisti, che vogliono solo l'ambiente, separato dal lavoro, dalla vita quotidiana. Bisogna puntare sull’ecologia sociale, porre l'attenzione al mondo lavorativo, alle questioni sociali, all'occupazione, al lavoro. Non si può produrre ignorando la dignità della persona che lavora. Bisogna valorizzare la cultura, tenere conto della storia, porre l'attenzione alle diverse attività produttive, che si realizzano in un determinato territorio, insieme alla difesa dell'ambiente, ma anche senza fossilizzarsi nella monocultura dell'acciaio. Taranto non è solo Ilva, ha altre possibilità, come l'agricoltura, l'artigianato, il turismo, le specialità enogastronomiche e quelle legate al mare, alla valorizzazione della mitilicultura.
6. Ma anche la politica nazionale continua ad essere interpellata con attesa e preoccupazione dalla popolazione tarantina: l’atteggiamento del M5S prima e dopo le ultime elezioni politiche e le reazioni dei tarantini...
La politica nazionale in un primo momento ha ignorato la situazione tarantina. Quando sono arrivato non c'era nessun interesse, che è venuto fuori invece con l'intervento della magistratura e poi, dopo il convegno di cui ho parlato prima, con i due ministri del Lavoro e della Sanità, Orlando e Lorenzin. Da allora è iniziata l'attenzione del Governo ai problemi di Taranto e da lì si è arrivati alle ultime elezioni, con il partito di un gruppo di ambientalisti estremi, che sosteneva la chiusura dell'Ilva. Il Movimento 5 Stelle si è unito a quest'onda, che voleva la chiusura dell'Ilva e ha avuto il successo straordinario del 48%, eleggendo diversi deputati e un senatore tarantino, quasi un monocolore. Quando poi Di Maio ha firmato la cessione dell'Ilva alla ditta Arselor Mittal, c'è stato realmente un disagio grandissimo tra tutti gli ambientalisti, che si sono sentiti traditi e ripudiati. Ed è giusto. Erano promesse irrealizzabili, Di Maio ha detto che non si poteva, perché c'era un accordo firmato prima. Però sapendo di questo accordo, non si poteva fare la campagna esplicitamente per la chiusura, per cui adesso c'è un risentimento fortissimo, è tornata una irritazione grandissima, resa più viva e più forte, anche dalla morte di un quindicenne nel mese di febbraio. Noi siamo in un momento di tensione e la nuova proprietà si sta impegnando seriamente con la difesa dell'ambiente. In primo piano è in atto la copertura dei parchi minerali. E’ la costruzione di un'opera che costa più di 400 milioni di euro, che copre quasi 20 stadi da calcio, rispettando pienamente i tempi e realizzata finora al 50%. La nostra posizione adesso è questa: mantenere gli impegni presi rigorosamente, rispettando tutte le indicazioni delle agenzie nazionale e regionale, che controllano le emissioni, sulla base dei parametri ammessi dall'Italia e dall'Europa. Finora, gli attuali livelli sono sotto l'indice negativo. Inoltre c'è la richiesta di un'altra valutazione dell'impatto per l'inquinamento e per il danno sanitario, secondo le indicazioni dell'organizzazione mondiale, in modo che la salute sia difesa. Ancora oggi c’è tensione e vigilanza, perché la popolazione è insoddisfatta e inquieta a causa dell’ assegnazione dell'Ilva alla nuova proprietà.
7. C’è posto per la speranza per una soluzione, che punti a dare un fondamento ad un futuro meno angosciante?
Certo che c'è posto per la speranza, la battaglia nostra è sempre quella. In tutti i miei inviti ho sempre richiamato la necessità di una produzione compatibile con la difesa dell'ambiente e della salute. C'è posto, perché, quando è stato fatto il decreto ministeriale di assegnazione dell'Ilva, una parte rigorosissima è stata proprio sull'impatto ambientale. Quindi se si rispettano queste prescrizioni, è possibile sperare in un futuro migliore. D'altro canto, io lo dicevo, quando si prospettava la chiusura: abbiamo l'esempio di Bagnoli a Napoli, che è stata dismessa ed è stata lasciata con tutte le sue fonti di inquinamento. E’ necessario che l'impegno preso dalla nuova proprietà prosegua e vada avanti. Noi sosteniamo la responsabilità della nuova proprietà impegnata su tutti i fronti.
8. Conoscendola, mi permetta di domandarle quali sono i consigli che Papa Francesco le ha dato e continua a darle, per favorire un’evoluzione più umana e cristiana di questa storia, che ha anche il volto della tristezza.
Con Papa Francesco, che conoscevo già dal Brasile, sono stato impegnato nella conferenza di Aparecida. Nel maggio del 2007 per un mese intero si svolse l'incontro dei vescovi latinoamericani e lavoravo nella commissione per la redazione del documento finale, presieduta dall’allora Cardinale Bergoglio. Quando è stato eletto Papa, subito l'ho incontrato e Lui ha subito preso a cuore la situazione di Taranto. Ha mostrato sempre la sua vicinanza tutte le volte che l’ ho incontrato. Il Papa ha voluto una informazione dettagliata della situazione e mi ha detto: “Continua con la vicinanza alla gente, non ti spingere troppo sulle questioni tecniche, perché non sono di nostra competenza, ma, quando è necessario, dai i consigli su ciò che promuove di più la dignità della persona umana”. Anche alla luce di questo, penso che viviamo un periodo in cui la funzione del vescovo è come quella del padre ossia di essere vicino alla gente, di consolare, di celebrare i momenti drammatici come le morti, ma poi anche di sostenere la speranza, lottando in tutte le forme pacifiche possibili, sollecitando i governi, sollecitando anche gli ambientalisti ad avere posizioni, che mettano al centro non solo l'aspetto ambientale, ma anche l'aspetto sociale e umano. Ragioni per sperare ce ne sono per noi, siamo testardi nella speranza. Sostengo da sempre che Taranto vive in una situazione complessa, con gravi problemi ma non è agonizzante, è una città bellissima. Se questo aspetto è messo in evidenza, sarà all'altezza proprio delle sue origini, come le città mediterranee, capaci di sviluppare una crescita armonica, che metta al centro la dignità della persona, inserita, in un contesto positivo, in cui la casa comune fiorisce con la dignità della vita e della terra, perché le due battaglie ossia l’ ascolto del grido della terra e l'ascolto del grido dei poveri vanno insieme.
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