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29 gennaio 2025

Politica

"Sono un vecchio semi rimbambito"

A colloquio con Vittorio Feltri che ci parla della sua infanzia, ma anche di Berlusconi e di Zaia

| Federica Gabrieli |

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| Federica Gabrieli |

Vittorio Feltri

MILANO - Una semplice chiacchierata con il Direttore tra le mura della sua dimora milanese...
Un’accoglienza dolce e delicata ed io che mi presento all’uscio abbracciata da una filigrana di timidezza, con due bottiglie di prosecco – da buona veneta – in mano, come segno di gratitudine nel ricevermi.

Bergamasco DOCG, un fuoriclasse 1943, un sarcasmo dirompente e coinvolgente, una capacità di alleggerire, stemperare alquante situazioni con un tono impertinente ma spesso ironico. Uno sguardo presente e penetrante altresì dolce e premuroso se gli si avvicina il suo “Ciccio”, così lo chiama il suo gatto, e la moglie “Santa” Enoe che con lui ha condiviso nel bene e nel male gran parte della sua vita. Un vestiario curato al dettaglio che dice molto di lui. Un uomo d’altri tempi, dove una stretta di mano vale molto di più di cento firme fatte davanti ad un notaio e che con la sua perseveranza, resilienza e passione è riuscito ad anticipare l’onda e scavalcarla divenendo ad oggi uno dei più grandi giornalisti del nostro secolo. Liberalista fino al midollo, realista e grande ascoltatore, a tratti poco diplomatico se lo si interrompe o se l’altrui proferisce cavolate.

La sua verve e la sua pungente ironia hanno lasciato e lasciano un segno nei suoi scritti. Questa dote l’ha sempre avuta sin dall’infanzia?
“Si, è un fatto temperamentale. Anche quando scrivo sono sempre me stesso e questo mi aiuta a vivere in modo lieve”.

Che ricordi ha della sua infanzia?
“La mia infanzia è stata normalissima fino ai sei anni e di cui ho anche pochi ricordi; mio padre è morto quando avevo sei anni e mia madre è rimasta vedova con tre figli lavorando tutta la vita per crescerci, quindi un ricordo di lei molto affettuoso e di gratitudine”.

Vittorio Feltri e la moglie Enoe Bonfanti

La sua famiglia l’ha sempre sostenuta nelle sue scelte di vita?
“Mia madre mi ha sempre stimato sin da ragazzino anche se facevo quello che volevo. Tant’è che terminata la terza media avevo visto che c’erano delle difficoltà economiche in casa: ho smesso di studiare e sono andato a lavorare. Ho fatto il fattorino per un anno poi sono stato assunto in un negozio di confezioni di abbigliamento come apprendista commesso, nel contempo mi sono iscritto ad un corso serale come vetrinista e mi sono prodigato in questo mestiere, guadagnando moltissimi soldi, tant’è che dopo un anno e mezzo avevo risparmiato un paio di milioni di lire, a quei tempi con quei soldi compravi un appartamento, e ho ripreso gli studi. Sorte ha voluto che in quegli anni incontrassi monsignor Angelo Meli che mi ha preso sotto tutela e che tutti i giorni dalle 14.00 alle 17.00 mi recavo da lui e mi faceva lezione, parlandomi o in bergamasco o in latino, quindi il latino lo so benissimo tant’è che ho scritto anche un libro. Dappoichè ho fatto la maturità e mi sono iscritto alla Facoltà di Scienze Politiche, nel frattempo ero riuscito a trovare un posto come praticante giornalista, a seguire sono diventato professionista; quindi non avevo tanto tempo per studiare e facevo un esame ogni tanto arrivando a laurearmi a quaranta anni.

Una laurea, la mia, che non mi è servita a niente sebbene l’esame di statistica è quello che mi è tornato utile di più negli anni, affrontandolo con disgusto inizialmente ma poi mi sono appassionato a questa materia, tant’è che oggi la statistica mi è utilissima a capire la realtà”.

E’ sempre stato se stesso o c’è stato un momento della sua vita dove ha dovuto soffocare il suo essere così diretto a tratti poco diplomatico per accondiscendere, scavalcare ed arrivare?
“Ho mentito soltanto alle donne per eccesso di legittima difesa – sorridiamo -. Per il resto sono sempre stato me stesso. Tra l’altro ho potuto constatare che in età adulta, quando lavori, più che l’intelligenza conta l’astuzia, nel senso di adattabilità, proprio perché è difficile che la realtà si adatti a noi”.

Si apre la porta della sala dove Vittorio ed io stavamo chiacchierando: entra la moglie Enoe e per un attimo interrompiamo il nostro scambio di pensieri, presentandoCi. Vittorio indica alla moglie le due bottiglie di prosecco che avevo omaggiato alla famiglia e la esortò nell’aprirne subito una: “Vedi quelle due bottiglie di prosecco veneto sul tavolo? Ecco, le ha portate Federica; sono cose interessanti ed io ne stapperei subito una, tanto per gradire, perché sono le 10.15 del mattino”. La moglie che con modo elegante altresì abbracciata da un timido sorriso rispose:” No dai…. Aspettiamo”….Il gentil uomo di Feltri guardandomi disse: “Lo facciamo tutte le mattine, adesso fa la vergine….”. La moglie fa finta di nulla e si accomoda con noi sfogliando Il Giornale.

La notizia più interessante nella sua carriera lavorativa che ha documentato negli anni?
“Quella di Tortora. Tutti lo davano per colpevole, io no. Tant’è che mi sono prodigato, quasi in modo scientifico, studiando il caso; ho analizzato bene la documentazione e le carte erano piene di strafalcioni, ho visto l’inghippo e con il supporto ed aiuto di avvocati sono riuscito a sgrovigliare la matassa e scolpevolizzare Tortora”.

 

Se dovesse fare un grafico riportando la sua vita, come lo disegnerebbe?
“E’ una linea retta. Non ho mai cambiato, non ho fatto nulla per opportunismo ma soltanto se lo ritenevo giusto e produttivo per me. Sono sempre riuscito a guadagnare tanto: credo di essere uno dei pochi giornalisti che ha intascato un botto di soldi grazie alla mia passione per il giornalismo”.

Quindi è il lavoro che da dignità all’uomo o è l’uomo che da dignità al lavoro?
“E’ l’uomo che da dignità al lavoro”.

Ma se oggi l’uomo è sottopagato, come fa ad avere gratificazioni sebbene la passione lo accompagna?
“Peggio per lui, si vede che non ha trovato la chiave giusta. Non è che il mondo è cambiato così tanto nelle sue fondamentali abitudini. Bisogna sapersi adattare alla realtà, imparare bene un mestiere e quando lo sai fare bene ti metti in proprio e guadagni, altrimenti resti uno sfigato”.

Il suo è stato un bel viaggio nello “spazio” terreno o contro il tempo; ossia verso una imponente frenesia?
“Nessuna frenesia. Per tanti anni ho fatto l’inviato speciale per il Corriere della Sera girando mezzo mondo e lì ho fatto un’esperienza notevole a livelli alti; pensa che alquante volte ripubblicano a distanza di molti anni i miei articoli. Ricordo con una filigrana di malinconia ma con gioia, il pezzo che ho redatto riguardo Marconi, lo hanno ripubblicato da poco, sono stato l’unico che ha intervistato la moglie e che con astuzia ci sono riuscito perché lei non voleva. Ho suonato il campanello di casa sua e mi mandò via; allora sono sceso, andato in una fioreria, le ho preso un mazzo di fiori con un biglietto con scritto “Grazie lo stesso”; dopo cinque minuti mi ha richiamato e sono andato a farle l’intervista”.

Che uomo è Feltri oggi?
“Un vecchio semi rimbambito”. La moglie che, nel mentre leggeva il giornale altresì seguiva la nostra chiacchierata, esclamò :” Ma no non dire così, non è vero. Abbiamo solo l’abitudine di dimenticare le cose ma si vede che non sono così importanti e meritevoli di essere ricordate”.

C’è una cosa che ha fatto di cui va particolarmente fiero?
“La mia parte lavorativa è stata particolarmente elevata, non ho mai fatto cose che non mi piacessero e ho sempre avuto la stima dei miei direttori e poi ho fatto io il direttore di ben otto giornali: Bergamo Oggi, L’Europeo, L’Indipendente, Il Giornale, Il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno e ho fondato Libero. Non ho mai “bucato”, non ho mai avuto con i giornalisti un rapporto teso bensì di grande collaborazione e rispetto”.

Se non avesse fatto il giornalista in cosa si sarebbe adoperato?
“Volevo fare il medico e mi è rimasto questo desiderio ma per la condizione della mia famiglia non è stato possibile”.

 

Se avesse una bacchetta magica e potesse fare una magia, una sola, in cosa si adopererebbe?
“Mi danno fastidio quelli del politicamente corretto, li sterminerei tutti, rendono complicato ciò che non è”.

Clement Freud disse “ Se smetti di bere, fumare e fare l’amore la vita non diventa più lunga ma sembra più lunga”.
“La vita non si misura col decametro ma con le soddisfazioni che puoi avere; se ti fa comodo fumare, fumi e chi se ne frega, io fumo da quando avevo tredici anni ed oggi ne ho ottantadue: non c’ho un cazzo. Bevo poco sebbene il vino mi garba molto. Vedi di solito a quest’ora ci facciamo l’aperitivo, sono già le 11.00; rivolgendosi alla moglie: “Vero Bonfanti? Oggi ti vergogni?” Lei con delicatezza: “Ho messo in frigo i due prosecchi che ha portato la signora perché vanno freddi”. Vittorio con un sorriso a mezz’asta “Meglio un vino caldo che un’acqua fresca”.

Tutta questa tecnologia è una evoluzione o involuzione?
“Non ho ancora potuto fare una verifica in questo senso: mi accontento della mia ignoranza”.

Come dovrebbe essere secondo lei un bravo giornalista?
“Deve avere un po' di intuito, ovvero interpretare la realtà cinque minuti prima che si manifesti. La realtà bisogna annusarla”.

Un suo consiglio ai giovani d’oggi che intraprendono il giornalismo.
“Lo sconsiglio perché non si guadagna più niente, il settore è talmente in crisi che le aziende editoriali non hanno soldi e quindi non possono investire. E’ un settore un po' in declino”.

Com’è cambiato il giornalismo da quando lei ha iniziato?
“Molto perché la cronaca non esiste più altresì non si approfondisce nulla e nessuno va sul posto a documentare direttamente l’accaduto. Un tempo il giornalista consumava anche le scarpe con il suo prodigarsi in continui spostamenti. Insomma una crisi di settore”.

E la politica com’è cambiata?
“La politica sino a quando ero piccolino era sempre stata accompagnata da un certo disprezzo da parte della opinione pubblica e quindi si è adattata e continua a fare ribrezzo. Io sono consigliere regionale ed è tutto da ridere, c’è una grande comicità”.

Un sistema politico quello di oggi ormai, poco stabile, non più solido come una volta.
Possiamo dire che la politica è destinata a perdere se non le daremo la giusta importanza?

“Secondo me sopravvalutiamo il passato perché cambiava il governo ogni venti minuti anche anni fa. E’ pur vero che una volta c’erano i comunisti e i democristiani: oggi le cose sono cambiate nel senso che i comunisti ci sono ma non contano più nulla. C’è una certa crescita nella zona conservatrice e quindi è chiaro che gli equilibri sono cambiati ma il gioco è sempre lo stesso tant’è che la costituzione ce l’abbiamo fra i coglioni da sempre. Nella sostanza insomma non ci sono grandi cambiamenti sebbene si muta”.

Idro Montanelli scrisse di Berlusconi:” E‘ il bugiardo più sincero che ci sia. E’ il primo a credere alle proprie menzogne e questo che lo rende così pericoloso. Lei, che ha conosciuto entrambi e che ha condiviso parte del suo percorso professionale, come si esprime a riguardo? “Montanelli era un genio, il migliore di tutti a scrivere. Berlusconi era un genio assoluto nel fare: non ha mai sbagliato un colpo. Giovanissimo appena terminata l’università ha costruito Milano 2, la città satellite più bella del mondo, ha fatto Milano 3, ha aperto le televisioni private per fare concorrenza alla Rai e ci è riuscito pienamente nell’intento tanto che le sue superano le altre. Ha aperto una banca con Ennio Doris, diventando la più importante d’Europa; a seguire si è messo in politica e in tre mesi ha vinto le elezioni, nel calcio ha vinto tutto quello che si poteva vincere, come si fa a discutere una persona così che è riuscito a far tutto benissimo a livello mondiale”.

Una burocrazia quella di oggi fastidiosa, una serie di formalità e procedure, spesso avvertite come eccessive e inutili e che ha portato ad una lentezza in tutti i campi, osservanze più negli aspetti formali che nella sostanza.
“Purtroppo bisogna considerare che l’uomo crea burocrazia per difendersi ma è solo una parte dell’umanità che si difende con essa, gli altri cittadini la subiscono come una tortura e una schiavitù”.

C’è una correlazione tra più leggi e più delinquenti?
“Le leggi vanno adattate alla realtà e quindi mutate con i tempi. Se non si fa questo si creano delle situazioni imbarazzanti. Il problema della immigrazione ad esempio è dovuto al fatto che noi accettiamo tutti, cani e porci e quindi viviamo tra di essi. Basterebbe il respingimento delle navi e si risolverebbe il problema”.

Il popolo si ritiene libero tuttavia non crede invece che fluttiamo all’interno di una globalizzazione degenerativa dove ci illudiamo di fare scelte libere ma ci uniformiamo ed omologhiamo ad un programma comportamentale della specie che senza rendersene conto vive in una pri-gionia travestita da libertà?
“Il problema è il conformismo e il politicamente corretto che hanno attecchito ed è diventato come una moda: questa è come una malattia e si espande”.

Che cos’è la libertà per lei?
“Nel limite dell’umano io sono libero. Tuttavia noi siamo schiavi del nostro stomaco, della nostra salute, della nostra famiglia, delle nostre relazioni sociali e quindi non è facile definirsi liberi”.

 

Un suo pensiero riguardo il popolo e la governance in Veneto.
“Mi garba moltissimo il Veneto e quando ci vado mi sento a casa mia. Il popolo veneto è un gran popolo fatto di lavoratori e in tutto quello che si è adoperato Zaia, lo ha fatto bene. Un uomo intelligente, il migliore governatore italiano”.

Cosa ne pensa dell’autonomia?
“E’ ovvia. Sono d’accordissimo, tant’è che un Paese esteso come il nostro che va dalle Alpi alla Sicilia non può essere governato alla stessa maniera. L’autonomia interpreta le esigenze locali”.

Tre aggettivi per definire Zaia.
“Colto, astuto e ha il senso della praticità. Un politico deve essere così”.

Quindi favorevole al suo terzo mandato?
“Assolutamente sì. Non capisco perché un onorevole possa essere eletto cinquanta volte mentre un governatore di regione solo due volte”.

Terminata la chiacchierata, si stappa una bottiglia di prosecco, ormai fresca al punto giusto, e che la signora Enoe con cura ha preparato assieme a tre bicchieri.
“Un brindisi al Veneto” – conclude il Direttore Feltri -.


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