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Il volontariato: l’ultimo bene disprezzato

06-08-2015 - Treviso

 

Caro OggiTreviso,

scrivo questa lettera spinto dallo sdegno. Dopo aver letto che l’onorevole Galan, che deve ancora scontare un anno e dieci mesi di reclusione per le tangenti percepite, ha chiesto (e presumibilmente ottenuto) di espiare le proprie “colpe” ai danni della collettività facendo del volontariato in una cooperativa sociale (che gli consentirebbe di svolgere “attività agrituristica” sui colli Euganei) mi sono sentito ferito. Una volta di più.

 

Ho sempre ritenuto che il “volontariato” debba essere visto come un valore qualitativo di gestione di gestione utile al territorio, un valore sociale, solidale e di valenza culturale. Un’attività che premia il buono che c’è nell’essere umano mettendola a disposizione del prossimo. Non come una punizione. Il fatto che Galan o l’ex premier facciano del “volontariato” a copertura dei propri misfatti mi disorienta. Mi provoca sfiducia.

 

Perché resto convinto che chi infrange o infanga la legge debba andare in carcere. Come ogni reo. E non importa (anzi: importa, eccome) se chi si è macchiato di atti di disonestà abbia ricoperto ruoli istituzionali e non sia il povero cristo che ruba un tubetto di dentifricio al supermercato per necessità: la legge (e la punizione) dovrebbero essere uguali per tutti.

 

Nel 2003 io, come artigiano, avevo optato per l’obiezione fiscale. Avevo chiesto di non pagare le tasse e di sostituire quanto dovevo col volontariato. Attività che ho sempre intrapreso con coscienza, d’altra parte. Bene, in quell’occasione avevo scritto al presidente della repubblica e all’onorevole Galan, quale presidente del Veneto, le ragioni della mia protesta fiscale. Galan, il 15 aprile del 2004, mi aveva risposto che “comprendeva le mie ragioni” ma che restava convinto che “le tasse fossero un dovere imprescindibile per ogni cittadino, in ogni circostanza”, soprattutto quando il “governo ha bisogno di essere incoraggiato e non indebolito evadendo il fisco e togliendo linfa vitale alla nostra competitività e produttività”.

 

Non so che facesse Galan mentre mi scriveva queste belle parole. So che le sue responsabilità sono venute alla luce e che il suo comportamento non ha certo contribuito al benessere del paese.

 

E il fatto che lui possa cavarsela col “volontariato”, a cui ho dedicato gli ultimi trent’anni della mia vita di uomo e cittadino, confidando nel valore etico di questa funzione mi disorienta. E amareggia.

 

Un onesto saluto,
Gino Sommariva, Colle Umberto



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