Carnevale di Venezia “vipss”
EDITORIALE - Quando la narrazione racconta solo una piccola fetta di umanità
EDITORIALE – In queste ore non c’è mass media che non abbia diffuso la notizia del "Ballo del Doge" tenutosi a Venezia, per il Carnevale: sì anche OggiTreviso. Costumi di alta sartoria, celebrità, menù da gourmet e una torta faraonica firmata da un famoso cake designer. Ai lettori piace sognare, tant’è che basta verificare i feedback degli articoli, per un rapido riscontro: immancabilmente sono di gran lunga più gradite le notizie che parlano di lusso anziché quelle che raccontano di povertà. Non a caso di recente un mio articolo sui senzatetto, di cui ammetto di essere andata particolarmente fiera, ha sortito un ben misero interesse. Ma il nostro mestiere è raccontare di umanità, a prescindere dal gradimento, con buona pace dell’editore che ovviamente apprezzerebbe maggior riguardo agli accessi al giornale. Esaurita la lezioncina spicciola sul rapporto tra editoria e giornalismo è ben più interessante una riflessione letta questa mattina, sugli sfarzi carnascialeschi.
“Tutti al gran ballo, pieno di vipss… Insomma, un vero carnevale pieno di "bella gente" che si diverte e che beve e che magna! Un carnevale fatto apposta per chi se lo può permettere. E mentre noi annaspiamo con la benzina alle stelle, coi rimborsi bloccati, con gli stipendi da fame. Mentre noi facciamo a gomitate sui ponti per raggiungere il nostro angolino di piazza San Marco e poi rientrare in treno che... Sarò io che mi indigno per niente che i problemi sono ben altri”: è il commento di un amico, sempre acuto nelle sue analisi. Si, è vero! La narrazione del Carnevale di Venezia è stata lacunosa da parte di tutti, anche da parte nostra come OT. Ci siamo scordati di raccontare che tanti sono arrivati in città, con i mezzi pubblici per essere “governati come branchi di ovini”, con tanto di sensi unici pedonali, pur di raggiungere l’agognata piazza San Marco. Rincasando poi in treni strapieni, stanchi e un po’ frustrati dall’aver visto “quello che si poteva”, per la calca umana.
Il rovescio della medaglia? No, il Carnevale veneziano visto dai più. Perché solo una piccola élite ha viceversa potuto beneficiare di contesti più confortevoli ed eleganti. Ma questa, purtroppo, è la realtà in tanti ambiti. A pochi i privilegi, alla massa le briciole, non solo a Carnevale anche nel resto dell’anno. Questa è la triste condizione umana. L’iniquità regna sovrana su tutto e ciò che più sconcerta è che sembra essere una costante. In trent’anni di giornalismo ho visto e scritto di un’infinità d’argomenti ma se c’è un aspetto umano che ancora mi sconcerto come il primo giorno, sono le ingiustizie: dover raccontare di gente che perde il lavoro, di famiglie senza un tetto, di popoli che migrano per sfuggire a guerre e carestie, di malati senza un’assistenza adeguata e legittima, di discriminazioni. Tante cose in questo mondo sono sbagliate e come giornalisti cerchiamo di testimoniare ciò che non va: qualche volta in maniera efficace altre volte meno. Probabilmente si è sbagliato ad enfatizzare gli sfarzi veneziani ma negli anni mi sono resa conto che, come per una sorta d’istinto di sopravvivenza, di tanto in tanto, scatta il bisogno di spensieratezza. Forse questa è stata una di quelle volte. Forse...
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