LA FATICA DELL'ESSERE PRETE
In un intervento rivolto sopratutto ai "laici", don Roberto Camillotti spiega le sue inquietudini
| Emanuela Da Ros |
VITTORIO VENETO -"Oggi trovo difficile cantare "primavera nella Chiesa!".
Don Roberto Camillotti, il parroco di Sant'Andrea e Serravalle, che presto partirà per Gerusalemme e verrà sostituito nelle due parrocchie da don Ermanno Crestani saluta i suoi parrocchiani accennando ai suoi dubbi, alle stanchezze, al senso di soffocamento che lo opprimono nel suo ministero. Alla fatica e al senso di appiattimento che prova da diverso tempo.
"Credo faccia bene anche ai laici - scrive don Roberto nell'Eco di Santa Maria Nuova e Sant'Andrea - sentire, per quanto è possibile, il vissuto interiore di un prete".
Dopo aver sottotolineato che nei due contesti parrocchiali ha trovato collaborazione onesta e pulita, don Roberto scrive: "le motivazioni della scelta (a partire per Gerusalemme, ndr) non vanno cercate nella vita parrocchiale ma in un altro aspetto della vita di un prete (...). Non mi fa paura lavorare ma sento il bisogno di essere parte di una chiesa concreta, qui e ora. In questi ultimi anni questa dimensione si è incrinata, come se si fosse ammalata una parte del mio essere prete. In questa Chiesa, oggi vivo come se mancasse l'ossigeno...E' un'esperienza di malessere relazionale nei confronti dell'Istituzione che porta a un sofferto silenzio, talvolta a una criticità esasperata e per evitarla, ad un ritirarsi in disparte...Sembra quasi che appiattimento e un grigiore avvolgano tutto, in cui l'unico impegno è quello di un'azione pastorale timida, di conservazione del'esistente, talvolta paurosa e priva di ricerca."
Dopo aver ricordato le occasioni e gli stimoli che hanno fatto maturare la sua vocazione, don Roberto riapre il suo cuore, facendone intravedere il malessere. "Ne consegue - scrive - il vivere un clima da orizzonte chiuso, in cui la speranza fatica a mantenersi sufficientemente viva, le domande e le perplessità sono in numero e in peso maggiore della luce e delle certezze necessarie per proseguire il cammino da viventi e non da stanchi e rassegnati."
Don Roberto Camillotti prosegue dicendo di "constatare che il respirare di credente e di prete trova ostacoli nell'aprire mente e cuore alla volontà di pace e vita piena che il Signore propone e offre". E spiega di voler ricercare la forza e le ragioni per vivere intensamente la scelta che a suo tempo aveva fatto. "Essere cristiani e preti è una sfida nel mondo moderno. Vorrei avere un supplemento di forze."
A volte allontanarsi da una dimensione soffocante richiede coraggio.
Don Roberto Camillotti non solo ha dimostrato questo coraggio, ma ha voluto congedarsi con una "predica intima", laica, umana. Dove trapela un "male dell'essere prete" dovuto sì alla società moderna, ma anche alla consapevolezza che la Chiesa agisce e ha un suo ruolo proprio in questa società.