VITTORIO VENETO - Le pietre d’inciampo, blocchi di pietra con targa in ottone col nome di vittime del nazismo sono state collocate a decine di migliaia in quasi tutti i paesi d’Europa a ricordo della apocalittica bestialità dell’olocausto. Su queste, sia chiaro, ogni ironia è esclusa tanto meno avvicinandosi la Giornata della Memoria.

Non c’è invece da lesinar sconsolato sarcasmo su una singolare rimodulazione di quest’idea, realizzata nella nostra città durante una lontana giunta leghista. E’ il sistema Pollicino; centinaia di calottine simil-bronzo che avrebbero dovuto guidare il turista, disorientato dall’intrico urbanistico dell’Urbe Vittoriosa, lungo alcuni percorsi di visita. Quando vennero collocate trapanando con furia marciapiedi e nobili ciottolati, sollevarono oltre che polvere e rumore molte perplessità cui, come di prassi a Vittorio, seguì fatalistica rassegnazione a tal fantozziana bojata. Che poi, a memoria d’uomo, nessuno ricorda d’aver mai visto un turista che sia uno vagolare per le nostre vie con lo sguardo fisso al suolo, intento a seguire le calottine marchiate “Visitando” per non perdersi nella metropoli. Viceversa queste anomale protuberanze dei marciapiedi, già disseminati di trabocchetti per inveterata incuria, costituiscono un inciampo in più per i pedoni. 

Tanto che il compianto Quasipoeta Carlo Piasentin coniò per esse il sòranome di svejabauchi, scrivendoci pure una sapida e garbata lirica nell’ amato dialetto zenedese. Nel frattempo le applicazioni degli inseparabili telefonini ci han permesso di muoverci in zone ignote in piena scioltezza; guide cartacee e mappe topografiche son diventate preistoria, almeno fin che ‘l te-efonin ‘l ciàpa o no ‘l se scarica. Ora quanto ci vorrà e chi sarà il sindaco-statista che sradicherà i residui svejabauchi; ennesimo inutile, dannoso, costoso tiro da mat della politica nostrana?

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