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20 luglio 2024

Nord-Est

Inchiesta Venezia, sono 32 gli indagati. La Procura: "Nel Comune c'è 'illegittimità diffusa"

Oltre a Brugnaro e Boraso, imprenditori e 14 società

| Gianandrea Rorato |

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Inchiesta Venezia, sono 32 gli indagati. La Procura:

VENEZIA - Sono 32 gli indagati nella maxi inchiesta della Procura della repubblica di Venezia che vede coinvolti il sindaco Luigi Brugnaro, l'assessore alla Mobilità Renato Boraso, quest'ultimo in carcere, il capo e il vice capo di gabinetto del Comune Morrsi Ceron e Derek Donadini. La Procura, nella sue richiesta delle misure cautelari scattate martedì scorso, indaga su tutti gli altri 28 imprenditori per gli 11 presunti atti corruttivi legati a Boraso e Brugnaro, e su una serie di false fatturazioni per coprire le tangenti ai politici da parte di 14 società in tutto. Un fascicolo a parte, sempre per corruzione e legato alle trattative per la vendita dell'area dei Pili e di Palazzo papadopoli, è stato aperto anche nei confronti del principale accusatore, l'imprenditore Claudio Vanin. Nelle vicende sono indagati Brugnaro, Ceron, Donadini e l'imprenditore di singapore Ching Chiat Kwong, con l'emissario italiano Carlo Louis Lotti.

Fin dall'inizio dell'indagine della Procura veneziana sul Comune di Venezia sarebbe emerso "un contesto amministrativo improntato a un'illegittimità diffusa" soprattutto nei settore urbanistico, dell'edilizia e delle gare d'appalto. Lo scrivono i pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, nelle richieste di misure cautelari relative all'inchiesta sulla presunta corruzione. Ma i pm ravvisano anche una "corruzione ambientale", con criticità nella struttura amministrativa del Comune, delle partecipate, nella Città Metrpolitana (di cui lo stesso Brugnaro è sindaco, ndr) o strutture regionali come la Commissione Vas o l'Arpav.

Tutte le interferenze sull'attività amministrativa, notano i pm, "sono avvenute senza nessuna reazione e opposizione da parte dei funzionari", segno che per loro era "prassi consolidata e accettabile". A detta dei magistrati, le regole di trasparenza e di perseguimento dell'interesse pubblico "appaiono non raramente sacrificati" a favore degli "interessi particolari degli amministratori" e degli imprenditori con "rapporti privilegiati e occulti" o che "corrispondono un obolo o una vera e propria tangente" all'assessore Boraso.

Pm a Brugnaro, sistematico perseguimento interessi privati 
Il blind trust che gestisce le aziende di Luigi Bugnaro durante la sua carica di sindaco "è inefficace", perchè "è evidente come Brugnaro non abbia in realtà dismesso la propria partecipazione" alle società. Il fondo cieco, inoltre, è in mano ai "fedelissimi" del sindaco, ovvero alti funzionari del Comune "persone che svolgono tuttora l'incarico di amministratori del reticolato di società" del primo cittadino. Sono alcune delle accuse che la Procura di Venezia - si legge nelle carte di richiesta delle misure dei Pm - rivolge a Brugnaro. "Un sistematico perseguimento di interessi personali" scrivono nelle 940 pagine i magistrati.

Luigi Brugnaro, ma anche assessori, altri dirigenti, amministratori delle partecipate o figure di spicco "hanno avuto l'evidenza" del "mercimonio della funzione pubblica" dell'assessore Renato Boraso ma "si sono ben guardati dal riprenderlo, dal censurarlo, dal denunciarlo". Lo scrivono i sostituti procuratori Roberto Terzo e Federica Baccaglini, nella richiesta di misure cautelari per l'indagine sul Comune di Venezia. "Clamoroso", per i pm, l'ormai noto episodio del marzo scorso, quando Brugnaro avrebbe segnalato a Boraso delle segnalazioni sugli illeciti ma "solo al fine di invitarlo a essere più prudente, avvisandolo pure che la Guardia di Finanza e gli inquirenti gli avevano messo gli occhi addosso, garantendogli comunque il suo 'silenzio'".

Renato Boraso negli ultimi tempi si sarebbe "particolarmente dedicato" ai progetti del nuovissimo "Bosco dello Sport", l'area vicina all'aeroporto Marco Polo su cui dovrebbero venire edificati il nuovo stadio e il nuovo palasport veneziani e un raccordo ferroviario con lo scalo lagunare. Lo scrivono i pm Roberto terzo e Federica Baccaglin, motivando le esigenze di custodia cautelare per l'assessore comunale dimissionario. Secondo i magistrati, Boraso avrebbe "già raggiunto accordi corruttivi" per inserire alcune imprese nell'area e l'aggiudicazione di alcune opere. Dopo la trasmissione Report del 17 dicembre scorso che lo riguardava, Boraso si sarebbe anche "dedicato... a produrre documentazione giustificativa delle somme di denaro ricevute dai suoi corruttori" e "a distruggere documenti e prove" gettandoli nella stufa della casa di sua madre.


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Gianandrea Rorato

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