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06 febbraio 2025

Treviso

"Io e Berlusconi da soli, ad Arcore..."

Maurizio Castro ricorda, e si stacca: "Il ritorno a Forza Italia? Un grave errore"

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

TREVISO - Il panorama politico italiano è in movimento, anzi in fibrillazione. Vediamo cosa sta succedendo nel centro destra. Ne abbiamo parlato con il Senatore Maurizio Castro (in foto) con una panoramica ad ampio spettro su Berlusconi, sugli effetti derivanti dalla sua decadenza da senatore, annunciata per mercoledì 26 novembre. Abbiamo ragionato di Veneto, del Trevigiano, ma anche di Vittorio Veneto, chiamata a scegliere il prossimo sindaco a maggio.

 

Nell'ultima intervista ti eri collocato sull'Aventino rispetto a Forza Italia - in stand-by all'inglese - quando è scattata la molla del "rientro" attivo?

Ho sempre considerato un grave errore l'operazione di ritorno a Forza Italia: sul piano politico, la scelta di far prevalere il richiamo nostalgico e sentimentale ai miti originari del berlusconismo testimonia cupamente la rinunzia a proporre per il futuro un progetto limpido e forte per liberare l'Italia dalla crisi, ed è dunque in ogni caso perdente; sul piano organizzativo, la trasformazione programmatica, quasi ideologica, del partito in corte significa l'abbandono della tradizione occidentale della partecipazione per sdrucciolare in modelli di stampo satrapico. Di qui il mio no a Forza Italia; e insieme il mio no a quanti, specularmente, mi proponevano di partecipare alla riedizione di Alleanza Nazionale, che pure è la mia matrice storica. Quando finalmente, prima con l'atto di forza del 2 ottobre e poi con il rifiuto dell'ammassamento in FI, ho visto crearsi le condizioni per un nuovo partito che fungesse da perno per la ricostruzione del centrodestra, ho ritenuto doveroso non sottrarmi a questa responsabilità.

 

Fotografa l'incontro di venerdì sera organizzato dal Nuovo CentroDestra, lo spirito che aleggiava, i presenti...

La riunione organizzata venerdì sera a Treviso dal capogruppo NCD al Senato, Maurizio Sacconi, dall'eurodeputato Antonio Cancian e dal senatore Conte ha segnato l'atto di fondazione trevigiana del nuovo soggetto politico. C'erano moltissimi amministratori: sindaci importanti come Zambon, Mazzocato, Lo Stimolo; assessori provinciali come Noal; presidenti di associazioni di categoria come Muschietti. C'era la miglior politica trevigiana: quella interessata a costruire un partito espressione dei valori tradizionali della nazione, a forte trazione comunitaria, nitidamente orientato all'economia sociale di mercato; quella che dà e chiede partecipazione corale alle scelte politiche e seleziona la sua classe dirigente in base alla competenza e alla trasparenza; quella che disprezza l'esercizio fanatico del sottopotere e della demagogia.

 

A livello regionale NCD appare ancora freddino.. contano ancora Ghedini, Galan e Sernagiotto?

Provo profondo rispetto per la scelta di chi è rimasto in FI in buona fede, e ciò vale certamente sia per Ghedini, al quale mi unisce l'amicizia ma dal quale mi separa l'idea monocratica di partito che lo ispira, sia per Galan, del quale ammiro l'energia ma del quale combatto l'ideologia secolarizzata e individualista. Quanto a Sernagiotto, le sue scelte sono solo e sempre frutto del più cinico opportunismo, come ho provato sulla mia pelle.

 

Il quadro trevigiano...

Sono sorpreso dalle difficoltà della Giunta Manildo nel governare il processo della modernizzazione cittadina. E sono preoccupato: nella Marca, si sta dilatando un vuoto fosco e pericoloso. Da un lato, si è esaurito il ruolo storico della Lega, condannata dalla debolezza della sua risposta localista alla sfida della Grande Crisi e dall'occlusività della sua militarizzazione del territorio; dall'altro, il centrosinistra si rivela ancora incapace di intercettare i moti più profondi e più autentici della comunità trevigiana. Di qui l'urgenza che intorno al Nuovo Centrodestra si coagulino le esperienze più significative del cattolicesimo politico veneto, ovunque oggi siano posizionate, proponendo un partito neo-comunitario, dai tratti neo-conservatori sul piano dei valori antropologici e dai tratti neo-riformisti sul piano del modello economico e competitivo.

 

E nel Coneglianese?

Conegliano, dopo il grande sviluppo che l'ha condotta dagli Anni Settanta a oggi a divenire la seconda forza della Marca dopo il capoluogo, deve rileggere la sua missione strategica, magari approfittando della drammatica vicenda della tentata delocalizzazione della sua industria eponima. Va ripensato il suo ruolo mescolando le radicate competenze industriali dei suoi distretti alle traiettorie internazionali di un settore quaternario sofisticato e innovativo. Il suo sindaco Zambon ha insieme saggezza e visione: si faccia protagonista di un progetto scandito di cambiamento della città all'interno di una dimensione europea, la cui lettura può essere facilitata dalla collaborazione con Antonio Cancian, un imprenditore cattolico che sembra educato alla miglior Scuola di Friburgo.

 

Le amministrative a Vittorio Veneto: sei impegnato in prima persona o ACC ti "frena"?

Molti mi hanno chiesto di candidarmi a sindaco di Vittorio, e ci ho pensato seriamente. Ma mi sono convinto, per il bene della mia città, ormai quasi consumata dalla decadenza, che può essere salvata solo da un candidato civico, distante dagli schieramenti tradizionali, capace di proporre un'ampia e forte intesa programmatica per il rinascimento vittoriese su cui far convergere le migliori energie della nostra comunità. Sto lavorando con umiltà e discrezione a questo progetto. Vittorio non può essere affidata né a Toni Da Re per l'assenza di qualsiasi visione strategica, né a un PD ancora troppo conservatore nelle sue proposte e troppo burocratico nella sua cultura.

 

La foto di ACC adesso: tutto o quasi a posto?

Ancora qualche giorno, e ACC entrerà, grazie all'accordo in via di definizione con le banche e grazie alla fiducia dei grandi clienti internazionali nella formidabile competenza produttiva delle sue maestranze, in un territorio sicuro, pronta a essere ceduta a un primario operatore globale. Sin d'ora va però sottolineata la memorabile dimostrazione di unità del territorio bellunese che ha consentito, con uno scatto d'orgoglio, di salvare uno dei suoi patrimoni industriali più preziosi: insieme, le istituzioni locali, i lavoratori, il management, i sindacati, gli industriali, la politica, si sono coralmente impegnate rivendicando la manifattura come elemento distintivo della propria identità culturale e sociale, prima ancora che economica. Un esempio per tutto il Nordest.

 

Ma Berlusconi dal tuo punto di vista è veramente quello stinco di santo che gli istituzionali continuano a dipingere?

Berlusconi non è un santo, né ha mai preteso di esserlo: anzi, la sua esplicita vitalità, il suo profilo insieme di gran lavoratore e gran gaudente, hanno non poco contribuito a far convergere su di lui il consenso di tanta parte di quell'Italia schietta, positiva, genuina, troppo a lunga esclusa dall'accigliata biografia ufficiale della nazione come suo capitolo minore e non commendevole. Così come molte vessazioni processuali continuano ad attirargli la simpatia di tanti concittadini vittime degli apparati burocratici e delle oligarchie del potere: in questo senso è formidabile la capacità berlusconiana di essere insieme opulento e plebeo, imperiale e comune. È un imprenditore di gran razza, che ha innovato e dominato in tutti i settori in cui si è cimentato, dall'edilizia alla televisione, dal calcio alla... politica. È un uomo generoso: ma non credo che vi sia nulla di più di uno stile di vita esuberante sino all'imprudenza: lo stile di vita, nemico di ogni gravitas istituzionale, di un tycoon televisivo, come egli stesso ama definirsi, affermatosi nella Milano edonista degli Anni Ottanta. E quasi mi vien da rimpiangere la garbata ipocrisia della Prima Repubblica, quando giammai il leader del PCI avrebbe tollerato una campagna di stampa contro le condotte private di un premier democristiano, per quanto disallineate rispetto ai canoni dell'epoca.

 

Berlusconi cerca ora un manager per Forza Italia... Puoi e vuoi raccontare il tuo precedente tentativo a Villa San Martino?

Nell'autunno del 2003, Berlusconi mi selezionò come direttore generale di Forza Italia, mosso dall'idea che un partito cesarista di massa abbisognasse di una guida organizzativa di schietto impianto manageriale. Ebbi così occasione di passare con lui un'intera giornata ad Arcore, quasi sempre da soli: fu un ospite straordinario per gentilezza e affabilità. Ma avevo già dato la mia parola per assumere la direzione generale dell'INAIL, e non me la sentii di accettare la pur affascinante proposta. Mi chiedo ancora, senza rimpianti ma per una sorta di curiosità controfattuale, come sarebbero andate le cose, per Forza Italia e per me.

 


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