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29 novembre 2024

Cultura

Ragazzo di colore “placcato” dalle forze dell’ordine: un deja-vu anche culturale

Andy Warhol nel 1964 con la sua opera “Little Race Riot” condanna le discriminazioni che il tempo non sembra placare

| Manuel Trevisan |

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| Manuel Trevisan |

Andy Warhol, Little Race Riot, 1964

FOTO - fonte: Artribune.com

ITALIA – Sembra un déjà vu; cinquantasette anni dopo la storia si ripete e fa più male che mai. Il tempo sembra congelato in quell’immagine che Andy Warhol ci ha consegnato nel suo lavoro “Little Race Riot” tristemente attuale.

Cinquantasette anni dopo continuiamo a parlare di un tema che purtroppo non è mai scomparso ma, al contrario, è presente quotidianamente e in forme sempre nuove e subdole: il razzismo.

I fatti recentemente accaduti a Padova, dove un ragazzo nero è stato placcato violentemente da quattro agenti della Polizia locale, sono solo la punta di un’iceberg molto profondo.

Il maestro della Pop Art già nel 1964 - con l’opera Little Race Riot - denunciava l’anima razzista delle società (con particolare riferimento a quella statunitense) presentando al fruitore la riproduzione di una fotografia di Charles Moore in cui veniva immortalata l’aggressività della polizia nei confronti di un manifestante nero.

 

Andy Warhol, Little Race Riot, 1964

Troppo spesso la Pop Art è stata classificata come un’arte fredda, superficiale e schiava dell’industria culturale dell’immagine di consumo, ma una breve analisi ci permette di comprendere come dietro alla scelta dell’artista di utilizzare immagini fredde e impersonali ci sia in realtà un lavoro volto ad aprire uno spazio di riflessione critico.

Il boom economico degli anni ‘60 aveva rivoluzionato anche il mondo della stampa; immagini crude rappresentative di temi delicati, quali la morte o la violenza, iniziavano ad invadere le prime pagine dei giornali in un’ottica di attrazione volta al consumo degli stessi.

Warhol comprende che temi e immagini così forti e dalla portata drammatica, se proposti continuamente e compulsivamente, finiscono per perdere il loro impatto scioccante per effetto di “mitridatizzazione”.

Ecco perché il maestro della Pop Art decide di isolare quelle immagini che la comunicazione di massa propone quotidianamente e che il lettore scorre in modo veloce e disinteressato per introdurci in un tempo che va a dilatarsi diventando, così, il tempo della critica e della riflessione.

È quanto avviene in Little Race Riot, opera che permette una riflessione più generale sulla società e sulla contemporaneità. La fotografia ripetuta quattro volte raffigura dei poliziotti intenti ad aizzare un cane lupo contro un manifestante nero.

Un’aggressività verso l’alterità che porta il nostro pensiero a George Floyde, Breonna Taylor, Jacob Blake (e la lista sarebbe tristemente ancora lunga) e a tutti coloro i quali vivono ancora oggi disparità sociali e razziali particolarmente vive negli Stati Uniti ma, teniamolo bene a mente, presenti ovunque e con forme sempre differenti. Warhol, infatti, tinge la ripetizione con i colori della bandiera statunitense, ad indicare come quest’anima razzista sia profondamente radicata nel suo paese d’origine.

Ancora una volta l’arte ci permette di vedere la realtà con occhi diversi, ci invita a ribellarci a un sistema che non deve essere inteso come normale, a un sistema malato che porta alla sopraffazione degli ultimi.

 


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Manuel Trevisan

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