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28 luglio 2024

Treviso

TREVISO SCOPRE LA CHIESA DI SANTA MARGHERITA

La studiosa Chiara Voltarel ha scritto un volume sulla storia di un manufatto dimenticato

| Laura Tuveri |

| Laura Tuveri |

Treviso - Mancava un’opera sulla chiesa di S. Margherita, eretta tra il 1282 e il primo decennio del Trecento. A colmare il vuoto ci ha pensato Chiara Voltarel, giornalista e storica dell’arte trevigiana. Il prezioso lavoro è il frutto della sua tesi di laurea discussa nel 2006 all’Università di Udine, facoltà di Conservazione dei beni culturali.

La Fondazione Cassamarca, che sull’edificio ha ambiziosi progetti, a proposto di farla diventare un libro intitolato “La chiesa di Santa Margherita. Storia di un monumento dimenticato” che è anche il titolo della conferenza organizzata dalla Società iconografica trevigiana, in programma giovedì 17 aprile alle 20.45 presso la chiesa di Santa Croce.

Minuziosa è stata l’analisi dei documenti: atti notarili, compilazioni sei-settecentesche e testimonianze iconografiche. Il libro narra la storia della chiesa dalla genesi, posa della prima pietra, lo sviluppo, il periodo di grande splendore e quindi il doloroso declino: soppressione degli ordini monastici, demolizione delle ricchissime cappelle che si affacciavano sulla navata, arrivo dell’esercito, divenne granaio e successivamente ridotta a maneggio cavallerizza. Racconta anche le appassionanti vicende del Bailo e dei suoi collaboratori per salvare gli affreschi di Sant’Orsola. In quel periodo la chiesa viene notevolmente rimaneggiata: abbassata e allargata per diventare cavallerizza militare.

Gli ultimi riferimenti sono alla seconda guerra, i bombardamenti, quindi le fasi di restauro del primissimo dopoguerra accompagnati anche queste da foto e una bella immagine che la mostrano quando ospitava la ditta Conean che la aveva presa in affitto come magazzino di generi alimentari. Come ultima destinazione si è pensato allo sport: palestra, pista di pattinaggio ecc. Il complesso appartiene al demanio.

“Per spiegare un monumento, illustrare un’opera d’arte si parte sempre dall’opera, osservandolo, analizzandolo nei dettagli. Nel mio caso – dice Voltarel - l’edificio esistente è un vero e proprio zibaldone di mattoni e materiali di epoche diverse e solo alcune parti sono originali. I documenti giunti a noi sono pochissimi, scarsa anche la documentazione iconografica perché unici riferimenti sono il dipinto del Coghetto e gli acquerelli del Carlini. Con il mio studio sono però riuscita a proporre varie fasi dell’edificio. Da quella iniziale che quindi risponde a quello che doveva essere stato il progetto originario della chiesa - molto semplice per rispondere alle caratteristiche delle chiesa ad aula unica secondo modello e regole degli edifici degli ordini mendicanti- segue la stagione tra le più felici, dalla metà del Trecento quando sulla parete verso l’attuale strada iniziano ad aprirsi una serie di cappelline, fioriscono quasi ingemmandola. Così per il Quattro e Cinquecento. Sono anni in cui la chiesa ha uno splendore straordinario tra altari, dipinti, suppellettili. Nella chiesa e nel chiostro fin dal primissimo Trecento c’erano numerosissime tombe di ricchi ed illustri uomini tra cui la tomba del figlio di Dante Pietro, che oggi si trova a San Francesco. Era considerata – sottolinea Voltarel - il Pantheon dei fiorentini: gli esuli fiorentini (ricchissimi banchieri, prestatori, mercanti, notai) l’avevano infatti eletta a loro luogo di culto quindi cimitero”.

 


| modificato il:

Laura Tuveri

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