Pil in caduta -11,2%
(come viene visto da una piccola impresa)
| Gloria Girardini |
di Claudio Bottos
La Ue stima un calo del Pil per l’Italia nel 2020 del 11,2%, peggior risultato su una media in Europa del 8.7%. Altro dato preoccupante che si affianca a questo è quello dell’ISTAT che stima una impresa su tre a rischio sopravvivenza. Un imprenditore mi chiede come nascono questi numeri. Gli rispondo che sono frutto di formule e modelli matematici. Mi chiede un esempio semplice per provare ad osservare, nella realtà quotidiana, il calo del PIL e comprendere la stima annunciata. Gli ho premesso che nessuno può vedere il futuro e, al di là di formule e modelli matematici, ho provato ad illustrare, con un esempio semplice e comprensibile, come si genera. Ho preso spunto da quello che mi aveva detto poco prima: “l’ente fiera XXX mi ha comunicato di avere annullato, a data destinarsi, la manifestazione biennale di settore, che si doveva tenere in autunno. Gli ho detto di pensare all’effetto domino che questa decisione, causa Covid-19, provoca sulle attività collegate e gli ho chiesto di elencare sequenzialmente cosa ha fatto e cosa avrebbe dovuto fare la sua impresa per partecipazione.
Ecco, in sintesi, la sequenza e il relativo contagio economico dovuto all’annullamento di ordini e mancate presenze: Trasporti. Costi inferiori, per la sua azienda, relativi ai mezzi per il trasporto di merci e persone che avrebbero dovuto andare in fiera. Meno ricavi per le aziende che erogano carburante e pedaggi autostradali; Vitto e alloggio. Costi inferiori per hotel e ristoranti dei dipendenti e collaboratori che avrebbero dovuto presenziare alla fiera. Meno ricavi per gli hotel, ristoranti e bar che avrebbero frequentato nel periodo fiera i dipendenti e i collaboratori. Allestimento degli stand fieristici. Meno costi per l’azienda visto che lo stand non si farà. Meno ricavi per le aziende che dovevano allestire lo stand fieristico e meno ricavi per il relativo personale di supporto, come traduttori, hostess e manutentori. Quote alla società organizzatrice. Meno costi per l’azienda, non dovendo pagare il canone per la partecipazione e l’occupazione dello spazio per lo stand. Meni ricavi per l’ente fiera che organizza l’evento fieristico. Ricavi dell’impresa. La mancata partecipazione, essendo mirata alla acquisizione di nuovi clienti o nuove vendite ai clienti in essere, porta ricavi inferiori all’azienda. Mancato afflusso nella città dei visitatori.
Meno ricavi per l’ente fiera per mancata vendita di biglietti di ingresso, per i ristoranti, gli hotel, i bar, i trasporti pubblici e privati. Tutti i ricavi in meno delle varie attività contengono un valore aggiunto, perché il prezzo di vendita di un servizio o prodotto dovrebbe contenere, il condizionale di questi tempi è d’obbligo, oltre ai costi fissi e variabili, anche la remunerazione del costo degli oneri finanziari, la remunerazione del rischio di impresa e del capitale investito dall’imprenditore. Se pensiamo ai punti analizzati sopra, vediamo che i mancati ricavi non annullano i costi come fosse un gioco a somma zero. Non solo, ma molte delle aziende coinvolte in questo effetto domino, non chiuderanno in pareggio ma in perdita. Si capisce così la stima ISTAT sulle imprese a rischio chiusura. Una azienda che non produce reddito, non produce flussi di cassa e rischia di chiudere.
Teniamo presente che, oltre alle imprese, sono coinvolti anche i dipendenti delle stesse. Questi ultimi, ammesso che possano usufruire della cassa integrazione, non percepiranno lo stesso importo del salario/stipendio, ne prenderanno una parte che può variare dal 50 al 70 per cento. Questo introito inferiore porterà ad una diminuzione dei consumi e, se proviamo a fare la stessa operazione fatta nell’esempio fiera, vediamo che la loro minore spesa intaccherà i ricavi delle aziende produttrici o fornitrici di servizi che abitualmente acquistano le persone. Così si spiega l’effetto domino e il perché del calo del PIL a questo livello, il calo dei ricavi e dei flussi finanziari generati dalle imprese. Va bene concedere finanziamenti per reggere nel breve e medio termine, ma se le imprese non producono utili e non sono patrimonializzate e ben gestite, sono destinate comunque a chiudere e, l’unico effetto dei finanziamenti è quello spostare in avanti tale momento. Per rompere questa spirale servono investimenti sia pubblici che privati. Gli investimenti servono per generare profitti a medio lungo termine, e vanno fatti se frutto di una visione, sia per le imprese, sia per il paese. Se così non sarà quel numero -11,2% potrebbe ulteriormente peggiorare e allora saranno guai per tutti.