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21 novembre 2024

Lavoro

Il prossimo 29 luglio a Roma manifesteranno i consulenti del lavoro

Le richiesta al Governo: semplificare normative e procedure e non prorogare il divieto di licenziamento

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

29 luglio a Roma manifesteranno i consulenti del lavoro

LAVORO - I consulenti del lavoro hanno indetto una manifestazione a Roma il prossimo 29 luglio alle ore 15.00 in Piazza Montecitorio, per sottolineare le storture legate alla disciplina degli ammortizzatori sociali e l'esigenza di un intervento parlamentare che vi ponga rimedio, semplificando l'elevato numero di normative e procedure oggi esistenti. Questa situazione confusa, esistente nelle procedure per la gestione degli ammortizzatori sociali, e le criticità operative per i Consulenti del Lavoro e le aziende, porta a ritardi sulla liquidazione delle integrazioni salariali.

Oltre alla manifestazione, la categoria dei consulenti del lavoro ha preso posizione contro la proroga del divieto di licenziamento che, dai sessanta giorni iniziali, è stata poi estesa fino al 17 agosto 2020, perdendo così i connotati di straordinarietà ed estemporaneità. Tale circostanza sembra proprio in contrasto con la Costituzione in quanto, oltre che comprimere in maniera irragionevole il diritto di iniziativa economica che, in base all’articolo 41 è libera, attua un indebito trasferimento ai privati degli oneri di solidarietà sociale che, in base all’articolo 38, devono incombere sullo Stato, minando così la sopravvivenza delle impese. Considerato che il lavoratore licenziato è comunque tutelato dagli strumenti di sostegno al reddito (NASpI), non si comprende la ratio della norma che rende gli ammortizzatori sociali uno strumento di assistenzialismo indiscriminato e distorto.

Il divieto dei licenziamenti per ragioni economiche è una disposizione che di fatto sospende la potestà decisionale e organizzativa del datore di lavoro, e limita fortemente la libertà d’impresa. Dallo scorso anno con il decreto legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019, conosciuto come “codice della crisi di impresa e dell’insolvenza”, sono stati variati diversi articoli del Codice civile, tra questi il 2086 nel quale si dice che l’imprenditore, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale. Una norma successiva, che impone all’imprenditore di non poter istituire l’assetto organizzativo adeguato, diventa un ossimoro giuridico perché, mentre una norma ti impone di fare una cosa, un’altra norma ti impedisce di poterlo fare.

Sembra ormai assodato, stando a quanto annunciato dal governo, che sarà emanato un provvedimento di proroga del divieto di licenziamento fino al 31 dicembre 2020, con una ulteriore novità per il lavoro che sembra essere la decontribuzione per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e le trasformazioni. Viene da chiedersi se non ci sia un distacco notevole fra chi genera le norme e i problemi quotidiani vissuti da imprese e lavoratori del settore privato. Sono le imprese che creano il lavoro e forse, prima di pensare a decontribuzioni per nuove assunzioni, bisognerebbe chiedersi “cosa e come fare” per aiutare le aziende a creare il lavoro, vista la situazione di crisi in cui si trova il paese a causa del Covid-19.

In questo mio articolo del 12 maggio 2020, indicavo la necessita di una soluzione ai lacci e lacciuoli che vincolano le imprese nella organizzazione e nella gestione del personale evidenziando che, visto il farraginoso sistema normativo, per accelerare l’uscita dalla crisi economica, dovrebbero essere bloccate temporaneamente alcune norme fiscali, previdenziali e del lavoro, come ad esempio gli orari e le assunzioni temporanee di personale, al fine di rendere l’impresa, più snella e veloce nelle decisioni e nelle azioni senza dover ricorrere a procedure complicate. Dovrebbero essere tolti una serie di vincoli e blocchi di carattere burocratico e gestionale, sempre nel rispetto delle norme di sicurezza e fornendo adeguate coperture assicurative e previdenziali ai dipendenti. In questo modo si possono aiutare le imprese a riprendere il cammino della normalità e della ripresa. L’obbligo di non licenziare per motivi economici fa lievitare i costi allungando di conseguenza i tempi di uscita dalla crisi.

Da più parti si leggono stime sulle difficoltà delle piccole e medie imprese. L’Istat ha svolto un'indagine sulle imprese sopra i tre addetti dalla quale sono emersi dati preoccupanti. Il pericolo di chiudere l’attività è maggiore fra le microimprese e le piccole ma è concreto anche fra le medie e le grandi. L'impatto della crisi a causa del Covid-19, sta determinando rischi enormi, visto che quasi il 40% delle imprese italiane, con oltre 3,5 milioni di addetti, ha denunciato l'esistenza di fattori economici e organizzativi che mettono a rischio la sopravvivenza nel corso dell'anno 2020. Oltre il 60% degli alberghi dei ristoranti rischiano la chiusura entro un anno, mettendo in pericolo oltre 800 mila posti di lavoro.

Per questo il governo, dovrebbe far proprie alcune istanze di imprese e professionisti che vivono quotidianamente fianco a fianco la battaglia per la sopravvivenza e la tenuta di tutto il sistema economico del paese.

 

di Claudio Bottos

consulente del lavoro e direzione strategica aziendale

 



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