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21 dicembre 2024

Italia

Il rapimento di Aldo Moro

A quaranta anni dalla strage di via Fani

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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Il rapimento di Aldo Moro

TREVISO - Nella storia dell'Italia repubblicana, il 16 marzo 1978, segna una data indelebile non solo tra le generazioni di quel momento, ma anche per quelle successive. Insomma un evento senza precedenti, che ha lasciato il segno anche in tutto il mondo.

Nel Paese la fase precedente aveva visto un crescendo di iniziative contro l'ordine costituito, sempre più cruento, con le gambizzazioni e le uccisioni di rappresentanti delle varie istituzioni sociali fino a raggiungere il politico più ascoltato per antonomasia: il presidente della DC, Aldo Moro.

Era lui che aveva saputo traghettare l'Italia dalla fase centrista, a quella del centro-sinistra fino alla solidarietà nazionale che, nello stesso giorno del suo rapimento, portava il PCI nella maggioranza politica del Parlamento.

Tutti hanno i ricordi scolpiti nella propria memoria.

Quella mattina ero in classe, insegnavo all'Istituto Professionale per l'Agricoltura di Colle Umberto.

Da tempo, come giornalista, pubblicavo articoli che privilegiavano la politica: da un anno scrivevo sul settimanale diocesano L'Azione e da alcuni mesi ero responsabile della politica a Radio 80 di Conegliano, una delle prime radio locali, fondata dal senatore Lino Innocenti.

Innocenti era uno dei pochi parlamentari, che non aveva condiviso pienamente l'apertura di Moro verso il PCI e con lui discutevo sistematicamente dell'argomento.

Appena la notizia del rapimento venne data dalla radio, un bidello venne a comunicarmelo in classe.

Immediatamente, andai dal preside e, con il suo assenso, riunimmo tutti gli studenti nell'aula magna per seguire l'evento davanti al televisore.

 

Nel territorio ci furono molte manifestazioni.

Tra queste una delle più importanti venne organizzata dalla DC nel fine settimana, a San Vendemmiano, con l'intervento dell' on. le Tina Anselmi, all'epoca prima donna Ministro della Repubblica, passata dal Lavoro alla Sanità.

Durante l'intervista per Radio 80 Anselmi confermò che, dopo l'eccidio della scorta di Moro, a maggior ragione riteneva inutile la scorta per la propria incolumità.

Anche il Partito Comunista in provincia allertò i propri simpatizzanti, coordinati dall'onorevole Renato Donazzon, che, anni dopo, raccontava di molti dirigenti costretti, dopo il rapimento di Moro, soprattutto durante la notte, a vigilare presso le maggiori fabbriche della zona, per timore che le Brigate Rosse potessero occuparle.

 

Iniziò un periodo di grande incertezza e molta paura tra la popolazione oltre che tra i dirigenti politici di tutti i partiti e in modo particolare quelli della DC.

Qualche anno dopo, durante un convegno, organizzato a Conegliano a Casa Fenzi, il relatore principale, l'on. le Corrado Belci, all'epoca direttore del quotidiano Il Popolo, organo ufficiale della DC che durante tutta la vicenda del rapimento dettava la posizione ufficiale del partito, raccontò alcune decisioni prese in tali circostanze.

 

A Roma la paura della rivoluzione era così forte, che, su indicazione delle forze dell'ordine, i maggiori dirigenti della DC furono invitati a modificare le proprie abitudini e a cambiare sistematicamente il luogo dove dormivano.

 

Il dopo Moro continua ad essere presente anche adesso, come hanno dimostrato i lavori della Commissione Parlamentare Moro-2, che negli ultimi quattro anni ha rivisitato le vicende di quel periodo, raggiungendo conclusioni unanimi, votate in Parlamento.

Sono stati aperti nuovi squarci sul sequestro e sul rapimento, in cui sarebbero state coinvolte, insieme alle Brigate Rosse, anche pezzi deviati delle Istituzioni nazionali.

 

In questi ultimi giorni i media nazionali hanno dato ampio spazio a tutta la vicenda, con uno sguardo alla situazione critica politica odierna, che, a quasi due settimane dalle ultime elezioni, presenta un quadro generale molto incerto per la nascita del nuovo governo.

pietro.panzarino@oggitreviso.it

 


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