Ricercatrice di Motta scopre come “riparare” il cuore dopo l’infarto
Lo studio di Giulia Prosdocimo viene pubblicato oggi dalla prestigiosa rivista scientifica “Nature”
MOTTA DI LIVENZA - Il cuore può auto-ripararsi dopo l’infarto: è il risultato di un’importante studio i cui risultati vengono pubblicati oggi dalla rivista scientifica internazionale Nature.
La ricerca è stata firmata da una giovane trevigiana, la mottense Giulia Prosdocimo (nella foto).
Giulia, 30 anni, di Motta di Livenza, si è laureata a Trieste in Biotecnologie Mediche e ha ottenuto il dottorato di ricerca a Cambridge, in Gran Bretagna.
In quest’ultimo periodo la ricercatrice trevigiana ha lavorato a stretto contatto con i ricercatori dell'International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology di Trieste e dell'Istituto Scienze della vita della della Scuola Sant'Anna di Pisa.
Giulia spiega: «Abbiamo studiato nel dettaglio la possibilità di “riparare” il cuore dopo un infarto del miocardio, provocato dall’occlusione improvvisa di una arteria coronaria. L’evento, ad oggi, interessa oltre 23 milioni di persone nel mondo. La chiusura dell'arteria è legata all'incapacità del cuore di auto-riparare i danni che subisce dopo un infarto».
«Per superare lo scompenso, l'unica possibilità era fin qui la formazione di una cicatrice. Tuttavia a lungo andare la cicatrice stessa compromette la funzione dell’organo. Il nostro gruppo è intervenuto in quest’ambito, sviluppando delle ricerche dapprima sul cuore di un maiale. E abbiamo scoperto che la somministrazione di un piccolo RNA (l’elemento biologico denominato “acido ribonucleico” che trasferisce l'informazione genetica dal DNA alle proteine) stimola la rigenerazione del cuore, portando al recupero quasi completo delle funzioni cardiache dopo l'infarto. In un mese. Credo che in qualche anno si potrà arrivare anche a risultati concreti per l’uomo».
«Il piccolo frammento di RNA finora è stato somministrato utilizzando un virus modificato. Ma questo non consente un dosaggio preciso, causando a lungo termine effetti indesiderati. Sarà dunque necessario somministrare il microRNA-199 (questo il nome scientifico, nda) come farmaco sintetico per modulare meglio il dosaggio e la sua permanenza nelle cellule cardiache. Ormai sappiamo come funziona il meccanismo. Siamo fiduciosi perché abbiamo visto che nei topi già funziona».
Un risultato che potrebbe aprire scenari importanti per la ricerca.
«Direi di sì. Sono fiduciosa che questi risultati potranno portare a dei miglioramenti sensibili anche agli infartuati. Inoltre questo studio è la dimostrazione che si può fare ricerca ad alto livello anche in Italia. Spero che questo traguardo non solo sproni altri giovani ad avviarsi sulla strada della ricerca, ma convinca chi ne ha il compito di sostenere di più la ricerca in Italia».