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19 aprile 2024

Cronaca

Senza Maestri

Storie di una generazione fragile

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

Senza Maestri

ROMA - Anna Ascani, parlamentare nella XVII e XVIII Legislatura, viceministro alla Pubblica Istruzione, ha pubblicato nel 2019 una riflessione, che fotografa aspetti della vita del cittadino di oggi, edito da Rubettino, € 14,00. Le 126 pagine, con la prefazione di Matteo Renzi, dopo una breve introduzione, si sviluppano su 3 capitoli.

 

Per cogliere il messaggio fondamentale dell'autrice, ci si sofferma sul terzo capitolo, introdotto da alcuni versi della canzone di Cesare Cremonini: " Ti sei accorto anche tu che siamo tutti più soli? Tutti col numero 10 sulla schiena e poi sbagliamo i rigori. Ti sei accorto anche tu che, in questo mondo di eroi, nessuno vuole essere Robin?"

 

Si comincia, rievocando dal Vangelo di Matteo la pagina sulla Trasfigurazione, sottolineado la dimensione religiosa, che accompagna tutto il suo ragionamento. La Trasfigurazione mette in luce la suggestione del vivere, che va oltre la quotidianità. E subito lascia trasparire il contrasto con la visione di Karl Marx, che aveva definito la religione "oppio dei popoli".

 

Tornando alla figura di Pietro, protagonista con Giacomo e Giovanni sul monte Tabor, lo ricorda con i panni del traditore, quando, fuori dal sinedrio, ripete convinto per tre volte, che non aveva mai conosciuto il tizio che veniva processato all'interno. Nonostante questo, Cristo lo scelse, perché era "l'unico che può guidare e accompagnare un popolo costitutivamente fragile ... All'economia di questo libro più che una discussione sul potere nella Chiesa serve la riflessione di fondo che si può ricavare da queste immagini che ho voluto proporre: gli uomini sono innanzitutto fragili e su questa fragilità è costruita la vicenda più solida e duratura che l'Occidente abbia conosciuto, quella del cristianesimo. E’ l'affermazione più potente del diritto alla fragilità....”.

 

E allora arriva la prima conclusione sulla dimensione esistenziale della vita: "Ma cos'è la fragilità? Trattandosi del concetto chiave di questo libro è il momento di provare a definirne meglio i tratti essenziali. L'etimologia non ci dice granché: fragile deriva da frangere che in latino significa spezzare, schiacciare, rompere o deprimere, fiaccare. La fragilità è quindi la tendenza a rompersi, la scarsa resistenza all'urto". Dopo un rapido cenno al mondo orientale con il riferimento al kintsugi, che "è infatti un’arte orientale legata alla filosofia zen e al wabi-sabi, che letteralmente significa riparare con l’ oro, appunto. L'idea che sottende a questa pratica è che la vera bellezza non sta nell'integrità di un oggetto che appare privo di imperfezioni, ma nella sua capacità di dare la giusta luce a cicatrici, segni del tempo, fratture".

 

Ascani quindi ritorna alla filosofia dell’Occidente, chiamando In causa la filosofa Hannah Arendt e la sua tesi su talune categorie, quali "la banalità del male, che è diventato pietra miliare della filosofia contemporanea” nella triplice distinzione del "male metafisico, fisico e morale", mettendo in luce come “la fragilità è il segreto essenziale della condizione dell'uomo, perché ha a che fare col formarsi, nel tempo, di crepe, spacchi, piccole erosioni dalle quali entra, però, la luce. L'uomo non è una costruzione perfetta, data, una volta per tutte. L'uomo si fa tale camminando e cadendo, è descritto dalle sue cicatrici".

 

Dopo tali argomentazioni, Ascani va al cuore del suo interesse ossia alla politica, ma senza la voglia di parlarne in termini consolatori, ma entrando nel cuore della sua proposta. "E allora la politica diventa l'arte di saper definire le precedenze, le priorità e non ha nulla a che vedere con l'enunciazione di incrollabili certezze".

 

E traccia una prima sfaccettatura: "io credo fermamente che la possibilità di una politica nuova e di una nuova politica possa trovare la radice nell'affermazione del diritto alla fragilità, che proprio ciò che i diversi populismi, sottolineando i difetti veri o presunti della società in cui viviamo - come fossero semplicemente figli di complotti, degli errori dell' élite, della globalizzazione - tentano di negare, di cancellare. Nel momento in cui l'individuo si sente fragile e spaventato di fronte a un mondo divenuto enorme e piccolissimo, insieme, a consolarlo arriva a chi lo assolve, semplicemente. Se siamo deboli è colpa di qualcun altro. Togliamo alla finanza, al Bilderberg, ai circoli opachi che governano l'economia il controllo delle cose e torneremo a sentirci padroni del mondo! Magari bastasse. Non è così ".

 

Questa visione dell'Ascani è in totale sintonia con il pensiero del filosofo Blaise Pascal, che nei suoi Pensieri scrisse: “L'uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante. Non occorre che l'universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d'acqua è sufficiente per ucciderlo... Tutta la nostra dignità sta dunque nel pensiero. È in virtù di esso che dobbiamo elevarci, e non nello spazio e nella durata che non sapremmo riempire. Lavoriamo dunque a ben pensare: ecco il principio della morale”.

 

L’ Ascani conclude:"l'elogio della fragilità contenuto in questo libro non è un elogio dell'errore, come si potrebbe pensare, è piuttosto il tentativo di trovare una via umana da consegnare a una generazione che ha visto il crollo dei muri, degli idoli, degli dèi e si sente finalmente, senza coperture, la canna più fragile in tutta la natura, quella di cui parla il filosofo francese. Una generazione senza maestri ma, come ho già detto, circondata da aspiranti in-insegnanti che pretendono di inculcare verità di ogni genere, collocandosi al di sopra della condizione di fragilità e fallibilità che a noi, giovani, si rivela invece tutta la sua chiarezza. L'era della robotica, dell'automazione, della manipolazione genetica, invece di renderci superuomini, come qualcuno sperava, ci sta facendo rivelare per quel che siamo ed è in realtà la miglior cosa che potesse capitarci". Nelle ultime pagine, Ascani tocca un argomento a lei molto caro, quello della scuola, che oggi diventa ancora più importante, proprio perché lei ricopre la funzione di vice-ministro della Pubblica Istruzione.

 

Questa la sua prima indicazione: "serve che l'insegnamento sia sempre meno frontale e che sempre più spazio abbiano le attività fatte in gruppo, i progetti sviluppati insieme ai compagni, la discussione sui temi... Occorre dedicare più tempo a ore di cittadinanza e Costituzione che non siano un esercizio di memorizzazione degli articoli della nostra bellissima Carta fondamentale o di altre leggi, ma piuttosto momenti di confronto, discussione, apertura". La conclusione si riallaccia all’inizio del saggio: “Ci hanno consegnato un mondo faticoso, fatto di individui sempre in competizione, alla fine sempre soli di fronte alle proprie ambizioni e ai propri fallimenti e successi... Dobbiamo rimuovere l'immagine devastante di questo mondo di eroi in cui - come canta Cremonini - nessuno vuole essere Robin. Non è solo una questione di manie di protagonismo: Robin non è semplicemente "il secondo", è lo sbruffone che si caccia nei guai, il confusionario che non risolve quasi mai i problemi, ma molto spesso li crea. Robin è quello fragile. Alla fine la verità è che noi umani, anche se ci piace travestirci da supereroi, siamo tutti semplicemente Robin: del resto lui esiste, Batman no".

 



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