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16 agosto 2024

Vittorio Veneto

Volevo giocare a pallone, ma ho dovuto fare l'arbitro

Viaggiare mi ha insegnato a fermarmi. Per guardare le cose belle.

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

Filippo Arnaudo

VITTORIO VENETO - Filippo Arnaudo e il motore della sua disabilità. Nato con una rara forma di distrofia muscolare, Filippo, ventiquattrenne graphic designer vittoriese, non ha mai camminato. Ma col tempo - grazie alla sua carrozzina motorizzata ha conquistato la libertà di viaggiare e seguire le sue passioni. Che dice di sé? “Sono un ragazzo fortunato”

 

Filippo, Pippo o Fillo. Nella vita quotidiana e nella videoanedottica che posta sui social, Filippo Arnaudo, 24enne graphic designer, ha almeno tre nomi che lo identificano. Ma a dirci qualcosa di lui sono soprattutto i tatuaggi che ha sulle braccia, dove spiccano le parole felicità, abilità, sorrisi.

 

Filippo, nel tatuaggio che hai sulla mano, hai cancellato il prefisso alla parola disabilità. Perché?

 

Ho deciso di tatuarmi la parola disabilità senza il prefisso perché penso che la parola disabilità venga molto spesso usata con un’accezione negativa. Il prefisso dis sta a significare qualcosa di negativo, difettoso, ma io non mi sento tale. Ciò che realmente condiziona la nostra libertà e ci rende disabili è la società che ci circonda, le città inaccessibili, la segregazione scolastica e l’ignoranza.

 

Dicci un po’ di te. Quanti anni hai, che lavoro fai, con chi vivi…e che passioni hai.

 

Sono nato a Vittorio Veneto, la città dove vivo, l’11 novembre 1999. Abito con la mia famiglia, due gatti, Sissi e Matisse, e il nostro bassotto Harry. Sono un graphic designer freelance. Concluso il liceo artistico Munari ho frequentato a Venezia un master biennale presso la scuola internazionale di grafica. Il mio lavoro è frutto delle mie passioni. Sono appassionato di tutto ciò che è arte, non a caso ogni qualvolta ne ho l’occasione visito mostre o gallerie d’arte. Il mio lavoro mi permette di esprimere al meglio quello che provo, i miei sentimenti, le mie emozioni, le mie paure. Nella mia vita non può mancare la musica, uno strumento potentissimo che mi fa compagnia durante tutta la giornata. Molto spesso vado ai concerti e allo stadio a vedere le partite.

 

Il cinema è un‘altra mia grande passione. Da diversi anni infatti non mi perdo il festival del cinema di Venezia. Il mio film preferito, visto almeno quindici volte, è Forrest Gump. Tra i miei registi preferiti c’è sicuramente Wes Anderson e Scorsese.

 

Guardano i tuoi profili social intuisco che tu sia anche un appassionato di viaggi…

 

E‘ vero! Nonostante la mia disabilità non mi sono mai precluso nulla. In questi anni ho visitato molte capitali europee e mi sono spinto fino alle isole Canarie. Certo, organizzare un viaggio per me non è sempre facile e rilassante soprattutto quando si tratta di prendere un aereo. La preoccupazione principale è sempre per la mia carrozzina elettrica che deve andare in stiva e il mio terrore è che possa danneggiarsi. Altro problema è che devo stare seduto come un normale passeggero e questo crea notevoli disagi soprattutto alla mia schiena. Quando ho affrontato il mio primo viaggio in aereo ero spaventato a morte per la ‘salute’ della mia carrozzina più che per la mia. Tutte queste difficoltà non mi hanno fermato e non mi fermeranno. Il mio obiettivo è poter visitare più luoghi possibili. Viaggiare mi ha insegnato a fermarmi, a rallentare, a guardare le cose belle che ho intorno.

 

Per deambulare hai una carrozzina a cui hai dedicato parole di riconoscenza, pur chiamandola “la bestia”…

 

Sono nato con una rara forma di distrofia muscolare, non ho mai camminato autonomamente e fin da quando avevo cinque anni ho iniziato a spostarmi in carrozzina. Ricordo ancora la mia prima carrozzina di colore rosso Ferrari e poi via via altre tonalità finché è arrivata la prima carrozzina elettrica (verso i 10 anni) che mi ha cambiato la vita: finalmente potevo essere autonomo negli spostamenti. Le chiamano carrozzine elettriche per un motivo: sono potenti, da qui il nome “ la bestia”. Per chi non usa la carrozzina, potrebbe sembrare solo il modo con cui spostarsi dal punto A al punto B, ma coloro che usano la carrozzina sanno che è molto più di questo. Io e la mia “bestia” ne abbiamo fatte tante insieme: il primo dei tanti tatuaggi, la maturità, i diciott’anni, gli innumerevoli concerti e il diploma alla scuola di grafica. Lei c’era in tutti i viaggi in giro per il mondo, con lei ho preso aerei, treni, navi.

 

Si è dovuta adattare a me e al mio corpo e io la porterò sempre nel cuore perché la mia prima carrozzina a motore è stata una compagna che mi ha permesso di essere libero e indipendente.

 

Ti sei diplomato all’artistico Munari: quali ostacoli - se ci sono stati - hai incontrato a scuola? Sotto il profilo architettonico, ma anche di eventuali rapporti coi compagni e i prof?

 

Ho frequentato la scuola primaria alla Pascoli, poi le medie alla Cosmo e il liceo artistico Munari. Tutto sommato durante il mio percorso scolastico non ho mai riscontrato grossi problemi: ho un ricordo bellissimo delle mie maestre e dei miei compagni della scuola elementare. Con alcuni di loro siamo ancora in contatto. Forse i primi problemi li ho incontrati al liceo, soprattutto con alcuni compagni. Talvolta mi sono sentito escluso e diverso. Ma se alcuni mi hanno fatto sentire diverso, molti mi sono stati vicini, sempre disponibili ad aiutarmi, e sono amici tutt’ora. Ovviamente le barriere architettoniche non sono mai mancate ma non sono state un grosso ostacolo.

 

Che cosa ha voluto dire essere un bambino disabile alle elementari? C’è stato qualche episodio o momento difficile? E essere un adolescente su una carrozzina? Ti ha costretto a rinunce?

 

Le mie maestre della scuola elementare sono state bravissime a creare un clima inclusivo. Certo, talvolta avrei desiderato dare un calcio al pallone ma ricordo che i miei compagni mi facevano fare l’arbitro e subito ritornava il sereno.

 

Crescendo le cose si sono un po’ complicate anche perché il mio fisico ha cominciato a subire cambiamenti perciò ci sono stati periodi di ricovero ospedaliero, interventi e nuove abitudini di vita. Ma grazie alla mia volontà, ai miei genitori e a mia sorella sono riuscito a superare questi momenti. Dal punto di vista relazionale l’adolescenza è per tutti un periodo complicato e lo è stato anche per me.

 

Com’è la tua giornata tipo?

 

Quando c’è l’occasione mi piace uscire con gli amici e fare tardi. Il mio lavoro mi permette di gestirmi gli orari, perciò al mattino posso dormire. Nella mia giornata tipo devo, oltre al lavoro, trovare tempo per le sedute di fisioterapia e permettere al mio fisico di avere alcuni momenti di pausa.

 

Quali sono stati i paesi più accoglienti che hai visitato?

 

Tra i paesi più accessibili c’è la Spagna, ma anche Londra e Parigi. Spesso i problemi li ho incontrati in Italia. Questo mi dispiace, ma nel nostro paese non c’è ancora la cultura del turismo accessibile. Non esiste l’attenzione per le persone con disabilità. Anche nella mia città ci sono ancora numerose criticità sia dal punto di vista architettonico che culturale. Ogni qualvolta devo andare in un ristorante devo prima accertarmi che vi sia la possibilità di entrare in carrozzina, per andare in posta devo essere sicuro che l’ascensore funzioni, per prendere il treno devo andare a Conegliano perché a Vittorio non esiste il servizio di assistenza. Non parliamo poi degli autobus cittadini che sono praticamente inaccessibili così come molti marciapiedi e spazi pubblici.

 

 

Il tuo sogno nel cassetto?

 

Non è tanto un sogno, ma un progetto: sensibilizzare le persone sul tema dell’inclusione e della disabilità. Credo che solamente quando tutti avremo le stesse opportunità sia lavorative che sociali allora potremmo definirci un paese civile.

 

Io sono nato con una malattia che mi ha reso disabile da sempre; sono stato un bambino disabile, uno studente disabile, un adolescente disabile ed ora mi definisco un giovane adulto disabile ma questo non mi ha mai abbattuto anzi ho sempre trovato dentro di me la forza di andare avanti e di combattere per tutte le persone che come me devono lottare per ciò che per le persone “abili” è scontato. Spero che tutte le persone possano crescere in una società che riconosce il loro valore.

 

Hai conosciuto il valore dell'amicizia, la forza dell’amore familiare…ma ti sei mai innamorato?

 

Ho delle relazioni importanti, amici cari a cui voglio bene e con i quali ho condiviso momenti di felicità, ma anche momenti più tristi. I miei genitori sono sempre stati un sostegno, non si sono mai scoraggiati davanti alle difficoltà, mi hanno sempre permesso di fare ciò che desideravo e mi hanno sostenuto in tutte le mie scelte. Talvolta non erano d’accordo con le mie decisioni, ma mi hanno appoggiato comunque. Mi hanno insegnato che, nonostante la malattia, potevo fare tutto senza rinunciare a nulla. Una figura fondamentale nella mia vita è sicuramente Camilla, mia sorella. Siamo sempre stati complici: lei è la mia compagna di viaggio, sempre pronta ad ascoltarmi.

 

Se mi sono mai innamorato? No… ma non mi precludo nulla. Mi sento un ragazzo fortunato, nonostante le difficoltà che posso avere non mi sento assolutamente diverso.

 



 

 


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Emanuela Da Ros

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