"Alberi secolari, addio"
Il pamphlet (e la rabbia) di Paolo Steffan. Che lotta per difendere i tigli
| Luca Barbirati |
SAN FIOR – Sono settimane di protesta quelle che sta vivendo la comunità di Castello Roganzuolo, frazione di San Fior, ed è già diventato un caso diocesano. Non sono le biciclette sgangherate del Giro a turbare i sanfioresi, ma l'abbattimento di antichi tigli piantati lungo il percorso pedonale che conduce alla chiesa monumentale di Castello. La protesta è nata da un pamphlet firmato da Paolo Steffan, scrittore e critico veneto, a cui sono seguite due lettere di indignazione indirizzate al Vescovo Corrado Pizziolo, nonchè un botta-risposta sul foglio parrocchiale.
Chiedo direttamente all'Autore di raccontarci i fatti accaduti. Chi ha deciso l'abbattimento di questi alberi?
L’ha deciso la parrocchia, legittima proprietaria di questo luogo. Però è inaudito che possa essere un gruppo chiuso a stabilire le sorti di un paesaggio di valore assoluto, com’è quello della chiesa monumentale di Castello Roganzuolo, e che una decisione così importante sia stata presa senza preavvisare la comunità!
Quali motivi hanno addotto per tale decisione?
Ci hanno raccontato che quegli alberi erano brutti. In realtà, quei tigli erano una sorta di “Via Crucis” vivente che, anche nelle giornate più afose, da oltre mezzo secolo accompagnava il pellegrino lungo l’erta salita, regalando poi in autunno colori e prospettive di rara bellezza! Hanno risposto vagamente, confondendo la questione dei tigli con quella degli abeti tagliati due-tre anni fa, per i quali portavano argomentazioni di statica del colle o del basamento della chiesa. Fatto sta che hanno privilegiato la presenza di ulivi giovani, piantati malamente e troppo fittamente. I tigli avrebbero fatto ombra molesta a una fila di ulivi, che − va ricordato − sono alberi scarsamente integrati nel paesaggio veneto, come quello di Castello, diversamente da alberature storiche come il gelso, il pioppo o appunto il tiglio.
Nella tua invettiva parli di alberi antichi, ma la parrocchia afferma che risalgono solo al 1950. Dopo quanto tempo un elemento ambientale può considerarsi un bene paesaggistico?
Non può essere solo una questione di anni. E comunque 64 anni non mi paiono pochi... Il tiglio è un albero a crescita non molto veloce e che ha una certa longevità, per cui si adatta bene ad aree come quella monumentale di Castello, richiedendo la cura che necessitano i luoghi di valore e dando la prospettiva di arricchire e ombreggiare nei secoli. Nel mio pamphlet li ho chiamati “alberi secolari” perché hanno superato gli anni più difficili per il paesaggio veneto, quelli successivi al 1950, inoltrandosi gloriosamente nel nuovo millennio, e “secolari” anche guardandoli in prospettiva, ossia la prospettiva di divenire secolari, se qualcuno non li avesse già stroncati.
Sul foglio parrocchiale del 16 marzo 2014, i tigli che difendi sono stati paragonati a “tristi figure esteticamente discutibili”. Cosa ne pensi?
È un’aberrazione! Semmai sono proprio loro della parrocchia ad averli capitozzati annualmente, non permettendo alla chioma di riformarsi e facendo soffrire elementi di un Creato che esortano a rispettare e amare...
Come hanno reagito i sanfioresi?
Credo sia significativo che un privato cittadino, vedendo casualmente l’inizio dei lavori, abbia cercato di fermarli e subito contattato le autorità comunali. Poi sono entrato in gioco io, scrivendo al Comune e diffondendo in paese un volantino. Tra la gente che ama quel luogo è iniziato subito a serpeggiare il malcontento. Il dibattito sugli alberi interessa molti cittadini, contrariamente a quanto si possa pensare. Stavolta sono fiero di aver fatto cambiare rotta: chissà che possa servire a salvare l’altro viale di tigli, che è un “unicum” per cura e bellezza ma che qualche albero malato ha messo a rischio di rimozione!
Perché ora il Comune ha sospeso i lavori? Non sono mai stato clemente verso le scelte delle recenti amministrazioni in fatto di gestione del territorio. Vi sono molte ferite difficili da rimarginare, però va dato atto che al colle della chiesa monumentale e alle sue bellezze è sempre stata data la priorità. Nessuno avrebbe mai pensato che si accanissero contro il rigoglio dei tigli. Le telefonate di numerosi cittadini e la mia lettera alle autorità hanno fatto partire le verifiche necessarie.
Come mai ti sei sentito in dovere di protestare? Che significato avevano quei tigli per te e per il paesaggio di San Fior? Non è una novità per me. Da tempo mi occupo dei rapporti tra ecologia e letteratura; vivo e studio di anno in anno le conseguenze del caos climatico a cui stiamo andando sempre più incontro. Ci sono intere colline che cadono a valle nell’Alta Trevigiana, alluvioni nella pianura; vivo in prima persona questo degrado − e nel degrado − di un paesaggio devastato da speculazioni selvagge e in un ambiente tra i più inquinati d’Europa.
Sono motivi sufficienti? Quando l’incuria e il poco rispetto generalizzato per il territorio in cui si vive si estende anche ai polmoni delle aree monumentali vuol dire che il male dell’indifferenza è penetrato anche nei più riposti recessi, allora tacere diventerebbe cosa complice e delittuosa!
Per concludere, ti vorrei fare una domanda quasi impossibile. Ma ci provo: Cosa penserebbe di tutto ciò uno dei più grandi poeti del secondo Novecento, Andrea Zanzotto?
Credo che penserebbe esattamente quello che ci ha insegnato a pensare con la sua esperienza di poeta e di cittadino, di abitatore di Pieve di Soligo, del Veneto e del mondo. Non posso che rimandare alle parole che ha lasciato nella conversazione con Marzio Breda “In questo progresso scorsoio” e alla recente raccolta postuma di articoli e saggi “Luoghi e paesaggi”: è tutto lì. E se vuoi approfondire il tema sul fronte della sua produzione poetica, beh, non posso che consigliarti il mio libro “Un giardino di crode disperse” (Aracne, 2012).
A questo punto Paolo scoppia a ridere, non ho capito se per imbarazzo o per disperazione.