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28 marzo 2024

Treviso

Arti, professioni e mestieri: un tuffo nella Treviso del Medioevo

Suggestivo percorso indietro nel tempo, con la guida di Alessandra Iannacci, a scoprire come si viveva a Treviso ottocento anni fa

| Roberto Grigoletto |

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| Roberto Grigoletto |

Arti, professioni e mestieri: un tuffo nella Treviso del Medioevo

TREVISO - Il 10 ottobre, come ieri, di ottocento anni fa a Treviso era un giorno feriale: chi lavorava nella sua bottega o in quella del padrone; chi andava alla scuola delle corporazioni delle arti e dei mestieri: nella chiesa di San Francesco o in Santa Maria Maggiore o in San Nicolò, perché ogni ordine professionale aveva il suo santo protettore di riferimento. Le pale e i dipinti dentro le chiese; sulle facciate esterne - anche di alcuni palazzi - gli affreschi, spesso consumati dal trascorrere del tempo: sono le tracce disseminate lungo un percorso che in un istante permette di riavvolgere il nastro dei secoli fino a quelli del Medioevo e del Rinascimento.

Una suggestione che ha provato chi si è fatto accompagnare ieri pomeriggio da Alessandra Iannacci, dello “Studio didattica nordest” (nella foto, ieri nel tempio di San Francesco) nelle le vie del centro cittadino, nelle chiese, nei palazzi e nelle case. Su una di queste, in Piazza Tommasini è affrescata una “bigoncia”, per la pigiatura del vino: era qui che andava chi del vino voleva diventare un portatore. Se la vocazione era quella del “calegher” (calzolaio) bastava andare in via Campana e cercare la casa sul cui portone di ingresso campeggia ancora il dipinto – adesso assai rovinato - di un paio di suole adagiate su un alloro.

Si producevano scarpe anche a Sant’Agostino, dove è raffigurato Sant’Aniano, patrono dei ciabattini. Nel tempio di San Francesco, un affresco che rappresenta i santi protettori Cosma e Damiano conferma che lì dentro si diventava invece barbieri e chirurghi, contemporaneamente: all’epoca e per molti secoli l’una professione si è intrecciata all’altra, probabilmente per via dei “ferri del mestiere”.

Ma a San Francesco anche c’era un altare dedicato a San Sebastiano con una pala del Mansueti: certa la frequentazione di macellai e beccai. Una chiesa, dedicata a San Giovanni, adesso non c’è più: sorgeva accanto a quella di Sant’Andrea in Riva ed era la scuola degli “scorzeri”, dove venivano messe a macerare le pelli degli animali per ricavarne il cuoio. In quella di Santa Lucia, un S. Eligio   accoglie i visitatori abbigliato con tutti gli strumenti del mestiere anche se il ritrovo dei fabbri-ferrai era in quel di San Lorenzo; mentre gli “scudelari” con le loro scodelle dovevano coabitare a San Nicolò insieme a pellicciai, berrettai e legnaiuoli.

A palazzo Zignoli, nei pressi di quello del Podestà, abitavano e producevano le loro merci e i loro prodotti gli speziali che erano anche commercianti di ferro, olio e sapone: un affresco con i quattro elementi terra-acqua-aria-fuoco è l’indizio. Ma Treviso è pure la città delle acque: la pala del Pozzoserrato con la “Madonna dei barcaioli” testimonia che Santa Maria Maggiore, vicino al porto fluviale sul fiume Sile, era la loro scuola; mentre in zona fra’ Giocondo si ritrova ancora quella macina per i cereali utilizzata dai produttori di farina.

A Treviso, circa ottocento anni fa…

 


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Roberto Grigoletto

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