Il baco delle tradizioni
Uomini e donne si raccontano
| Tiziana Benincà |
VITTORIO VENETO - Il baco da seta racchiude mistero, magia e storia.
Una tradizione che è andata a mancare nei primi anni Settanta del secolo scorso, quando ormai lo sforzo che questo lavoro richiedeva, non era più ripagato economicamente.
Il 2020 lo vogliamo ricordare anche per essere stato il decimo anniversario del Museo del Baco da Seta a San Giacomo di Veglia, una realtà che ha voluto festeggiare questo traguardo con tante testimonianze di uomini e donne che hanno vissuto in prima persona la lavorazione del baco.
“Era una risorsa, ma quando abbiamo raggiunto un certo tenore di vita, non ce n’era più bisogno. Un quintale di bozzoli faceva guadagnare 100.000 lire, ma bisognava sapere quante uova acquistare. Bisognava valutare quanti gelsi avevamo e quanto spazio c’era per metterli a filare” così commenta Mario Peruch.
Carmelo Dalla Torre, classe 1928 racconta “Ogni due ore dovevamo dar loro da mangiare per farli andare via prima. Tanti impiegavano 8/10 giorni più di noi. Più caldo era e più spesso si dava loro da mangiare, prima andavano a fare il bozzolo”.
Tradizioni che hanno coinvolto non solo i contadini, ma le intere comunità, perché nei momenti di maggiore lavoro, per esempio quando bisognava staccare i bozzoli per la raccolta, tutti erano felici di aiutare, come ricorda Domenico Dal Cin, classe 1923 “Andavamo volentieri ad aiutare, perché quando eravamo lì ci facevano mangiare la carne di maiale che a casa nostra lo vedevamo solo in fotografia.”
“I primi 15 giorni si gestivano bene, ma gli ultimi 15 giorni era un lavoraccio, dalla mattina alle 5 fino alla sera alle 22. Bisognava portare dentro foglia in quantità, fino a rami di due metri” ricorda così il duro lavoro Sebastiano Baccichetti.
Oggi c’è ancora chi ha deciso di mantenere viva questa attività, come Marzia Barzotto, ma questa è una storia che vi abbiamo già raccontato.