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23 luglio 2024

Treviso

Il cappellano del carcere dei minori di Treviso: "La repressione non servirà"

''Le agenzie educative non ce la fanno? Facile lavarsene le mani''

| Ansa |

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Il cappellano del carcere dei minori di Treviso:

TREVISO - Era rimasto chiuso per un anno e mezzo dopo un episodio di ribellione in cui fu dato alle fiamme del materiale nelle celle. Il carcere minorile di Treviso ha riaperto lo scorso luglio, oggi ci sono dieci ospiti, sette dei quali stranieri. "Gli stranieri non sono di più perché commettono più reati - fa subito presente don Otello Bisetto, cappellano assegnato alla sezione - Ha a che vedere col fatto che gli italiani hanno più opportunità di condurre esperienze alternative alla detenzione". Le accuse per i giovani reclusi nel carcere trevigiano sono le stesse: spaccio di droga, rapine, aggressioni.

"Inasprire la repressione? E' il modo di prendere il toro per la coda, anziché per le corna - prosegue il sacerdote - perché se non risolvi i problemi a monte come fai a prevenire le devianze? E poi è la storia che ce lo insegna: il proibizionismo non fa che generare un surplus di abusi". Il perché i ragazzi finiscano in spirali che li porteranno alla prigione è spiegato da don Bisetto con una espressione semplice. "La strada è più attraente, fai guadagni facili e non i 900 euro al mese che potresti avere dopo aver studiato e raggiunto un primo impiego.

Me lo dicono con chiarezza: perché dovrei? Vivere alla giornata è una prospettiva corta ma di sicuro effetto. Se mi serve una maglia entro in un grande magazzino e la rubo. Stop". Presi da soli, poi, molto spesso sono ragazzi che non farebbero male ad una mosca, sostiene il sacerdote. "Quando sono in gruppo però trovano il coraggio, lo fanno per non sentirsi esclusi. In fin dei conti credo trovino nel gruppo un riferimento familiare che spesso a casa non hanno". Ma non ci sono alibi, anche per le altre agenzie educative. La scuola e, in caso di difficoltà, i servizi sociali. "Possono dire che hanno molto altro da fare, che sono in pochi, che lavorano troppo. Ma così, a lavarcene le mani con questa giustificazione - aggiunge - siamo capaci tutti".

Sì, una volta c'era anche la parrocchia. Ma è un luogo di aggregazione sempre meno frequentato. I carcerati la peggiore umanità? "Espressione infelice quella usata ieri dall'assessore veneto Donazzan", continua don Bisetto. E poi "se il carcere è il luogo della riabilitazione, o lo Stato mette i mezzi necessari perché questo avvenga o viene meno al suo mandato. Non basta mettere la gente in cella, devi offrire un percorso di redenzione. Se no, dicono, quando uscirò cosa farò? C'è un problema di fondo che è quello dello stigma. Da detenuto sono considerato delinquente a vita. Esiste il diritto all'oblio oncologico. E l'oblio per gli ex detenuti?".

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