CASO BURQA
Il caso-burqa sta suscitando molteplici polemiche. Dopo l'episodio avvenuto al supermercato di Pieve di Soligo sono sorti dibattiti sui pro e sui...
Debora Da Dalt
Come ben si sa, date le recenti vicende di cronaca, il burqa è quel capo d’abbigliamento tradizionale di molte donne dei Paesi di origine islamica.
Con questo stesso termine si suole indicare due tipi di vestiti diversi: il primo è una sorta di velo che copre l'intera testa permettendo di vedere solamente attraverso una finestrella all'altezza degli occhi e che lascia gli occhi stessi scoperti. L'altra forma, chiamata anche burqa completo o burqa afghano, è un abito, solitamente di colore blu, che copre sia la testa sia il corpo.
Recentemente si è acceso un forte dibattito sull'opportunità o meno di vietare di indossarlo, dopo l’episodio accaduto a Pieve di Soligo: in un supermercato è stato chiesto al direttore di obbligare una donna con il burqa ad allontanarsi. Il direttore ha risposto che in quell’esercizio si devono rispettare le varie culture, religioni e tradizioni. Non contenta della risposta, la donna preoccupata da questo modo di vestire, ha sostenuto che se ciò fosse successo un’altra volta avrebbe chiamato le autorità poiché ritiene che la presenza di una persona con il volto coperto non le consenta di fare la spesa in modo tranquillo e sicuro.
Tutto questo ha provocato un vero e proprio caso politico.
La Lega Nord, infatti, ha colto l’occasione per ribadire le proprie opinioni e convinzioni sostenendo che tutti debbono entrare nei luoghi pubblici con capo scoperto e riconoscibile. Il sindaco di Vittorio Veneto, Gianantonio Da Re, ha addirittura invitato i contrari al burqa a boicottare il supermarket in questione. Il consigliere regionale leghista Federico Caner ha dato ragione alla signora denunciante il fatto, affermando che trova giusto e oppotuno che le irregolarità vengano segnalate alle forze dell’ordine.
Noi ci chiediamo e vi chiediamo, però, dove si pone qui il confine fra regolarità e irregolarità, fra il lecito e l’illecito? Fra il pericoloso e il semplice appartenere a una cultura diversa dalla nostra? Si sa che la nostra legge sostiene la libera professione della propria religione e della propria cultura, ma quando questa fede può nuocere ad un comune cittadino?
E’ il burqa o semplicemente un altro credo a far paura a noi italiani? Se quella donna non avesse avuto il volto coperto ma fosse stata visibilmente islamica (portando altri simboli tipici) sarebbe passata inosservata? Dove si pone il limite fra razzismo e salvaguardia dell’ordine pubblico?
Il problema è legato soprattutto al fatto che dietro ad un semplice velo potrebbe nascondersi qualsiasi persona, anche non donna e non musulmana, ma per esempio un delinquente in fuga. Il burqa potrebbe, infatti, diventare come un “passamontagna”, ma un passamontagna approvato dalla legge! La legge allora non tutelerebbe adeguatamente il cittadino come invece dovrebbe fare?
Ci possono essere, invece, delle possibili vie di mezzo per lasciare a queste donne la libertà di esprimere la propria fede e per gli altri di ritenersi al sicuro?
Debora Da Dalt
Foto Paolo Balanza