Craxi è morto da latitante, non da esiliato
L'ex leader socialista fuggì in Tunisia per evitare le condanne definitive
Bettino Craxi, figura controversa della Prima Repubblica, morì il 19 gennaio 2000 ad Hammamet, in Tunisia, dove si era rifugiato nel 1994 per sfuggire alla giustizia italiana. A 25 anni dalla sua scomparsa, il dibattito sulla natura del suo soggiorno tunisino continua ad animare la politica e l'opinione pubblica italiana.
La fuga in Tunisia
Nel maggio 1994, mentre era ancora in corso l'inchiesta "Mani Pulite", Craxi lasciò l'Italia per la Tunisia. Il suo passaporto fu ritirato poco dopo, ma ormai l'ex premier si era già stabilito nella sua villa di Hammamet. Il 21 luglio 1995, Craxi fu ufficialmente dichiarato latitante dalla magistratura italiana.
Le condanne definitive
Al momento della morte, Craxi aveva sulle spalle due condanne definitive: la prima a 5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai, la seconda a 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito nel processo Metropolitana Milanese. Inoltre, erano in corso altri procedimenti, poi estinti per "morte del reo". Tra questi, una condanna in appello a 5 anni e 9 mesi per bancarotta fraudolenta nel caso del conto "Protezione". I sostenitori di Craxi hanno sempre parlato di "esilio", paragonando la sua situazione a quella di figure storiche come Garibaldi. Tuttavia, questa narrazione non trova alcun riscontro nei fatti giudiziari.
L'avvocato Gianni Lanzinger, ex parlamentare dei Verdi, afferma: "Craxi ad Hammamet non era in esilio come Garibaldi a Caprera, era latitante. In realtà non era in esilio, era ahimé latitante, con due condanne in giudicato per finanziamento illecito ai partiti e corruzione".
Le richieste di estradizione
Il governo italiano presentò tra il 95 e il 98 tre richieste di estradizione alla Tunisia. Tuttavia, le autorità tunisine non diedero mai seguito a queste richieste, adducendo varie motivazioni, tra cui la complessità dei casi e le differenze tra i sistemi giudiziari dei due paesi.
Il conto svizzero e le tasse evase
Nel 2021, la Cassazione ha respinto il ricorso degli eredi Craxi contro gli avvisi di accertamento per tasse evase su oltre 19 miliardi di lire depositati sul conto svizzero "International Gold Coast". Secondo la sentenza, quel conto era "materialmente riconducibile al Craxi e non al partito", smentendo la tesi difensiva secondo cui i fondi sarebbero stati destinati al PSI.
Il dibattito politico
La vicenda di Craxi continua a dividere l'opinione pubblica e la politica italiana. Per alcuni, come il figlio Bobo Craxi, si trattò di un "esilio dolorosissimo". Altri, come il giornalista Marco Travaglio, sostengono che Craxi sia "scappato all'estero per sottrarsi alla giustizia".
Claudio Martelli, ex braccio destro di Craxi, ammette: "Capivo che era un errore, ma Bettino stava male e sapevo che se fosse rimasto in Italia lo avrebbero massacrato".
Se da un lato i suoi sostenitori parlano di persecuzione giudiziaria, dall'altro i fatti processuali e le sentenze definitive dipingono il quadro di un uomo che ha scelto di sottrarsi alla giustizia del suo paese. Se si accettasse la definizione di "esiliato" per Craxi, lo stesso titolo dovrebbe essere esteso a tutti i condannati o ricercati che fuggono all'estero per evitare le conseguenze legali delle proprie azioni.
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