Il Giorno della Memoria e le parole “censurate”
Quando la Storia viene usata come un paio di scarpe da cambiare a piacimento
EDITORIALE – In questi giorni molti Comuni stanno annunciando le celebrazioni per il “Giorno della Memoria”, la ricorrenza internazionale introdotta nel 2005 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare le vittime dell'Olocausto. Una data non casuale quella del 27 gennaio perché lo stesso giorno del 1945 le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Ma l’Italia si era attivata già nel 2000 in tal senso e, consapevole delle proprie responsabilità storiche, con la legge n. 211 del 20 luglio ha istituito il Giorno della Memoria, che all’articolo 1 recita: «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati».
Le finalità del Giorno della Memoria sono quindi inequivocabili ma non è dato sapere perché alcune Municipalità, anche della nostra bella Marca Gioiosa, nel rendere note le celebrazioni - stabilite all'articolo 2 della legge 211 del 2000 - si sentano esonerate dall’usare parole come Olocausto piuttosto che condannare Nazismo e Fascismo. Non solo si sta assistendo a una sorta di amnesia storica e linguistica ma ci sono pure i “creativi” che fanno riferimento a più generici “crimini del secolo scorso” quasi a voler attribuire a questa ricorrenza altri drammi, facendone una sorta di calderone delle atrocità, sminuendo di fatto i crimini di cui Nazismo e Fascismo di sono macchiati.
Ma non basta. C’è pure chi ha ribattezzato la ricorrenza internazionale “Giornata della Memoria”, così tanto per gradire, come se si volesse equiparare questa celebrazione alla moltitudine di “Giornate” istituite per finalità di tutt’altra natura, dalla “Giornata degli abbracci” alla “Giornata della Gentilezza”.
No! Il 27 gennaio di ogni anno si celebra “Il Giorno della Memoria”, come sancito dallo Stato e dall’ONU. I casi sono due: o qualcuno ha bisogno di tornare sui banchi si scuola a fare un bel ripasso di Storia oppure c’è malafede.
Nel primo caso non si può che biasimare l’ignoranza e l’arroganza di chi ricopre un ruolo pubblico senza nemmeno conoscere gli argomenti che tratta. Nel secondo caso la questione è ben più seria perché apre degli interrogativi. Si tratta forse di “nostalgici” del Ventennio? Si vuole negare o ridimensionare le atrocità del Fascismo? Si tratta di malcelato antisemitismo? Quesiti che è auspicabile restino solo mere elucubrazioni e non trovino mai conferma. Ciò che invece è certo è che la storia non si può addomesticare a proprio piacimento, tanto più, quando sono ancora in vita i sopravvissuti alle atrocità compiute nei campi di sterminio nazisti, dove finirono anche molti italiani per preciso volere della dittatura fascista.
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