I GIUDICI IN PIAZZA RIZZO
La Corte d'Assise accoglie l'istanza della famiglia per un sopralluogo sui luoghi della tragedia
| Milvana Citter |
TREVISO – I giudici della Corte d'Assise il 27 ottobre andranno in Piazza Rizzo e lungo l'argine del Monticano. La decisione ieri durante l'udienza del processo a carico di Simone Moreira, accusata di aver ucciso la figlia gettandola nel fiume. I giudici hanno così accolto l'istanza del papà della piccola, Michele Favaro convinto che solo andando sui luoghi della tragedia la corte potrà avere tutti gli elementi per compiere la difficile scelta. In aula anche gli specialisti nominati dal tribunale per la superperizia che ha chiarito orario e causa della morte e stabilito che i medici che soccorsero la piccola non hanno commesso errori.
Il sopralluogo
A 17 mesi dall'inizio del processo, i giudici andranno in Piazza Rizzo. Percorreranno quello che si suppone sia stato il percorso di Simone Moreira e della figlia negli ultimi minuti di vita della bambina. Vedranno la piazza, il pertugio nella recizione attraverso cui, secondo la ricostruzione della difesa, la bambina è passata prima di lanciarsi lungo l'argine e finire in acqua. Vedranno anche le strade limitrofe, dove si svolsero le ricerche e arriveranno fino al punto in cui il corpo della piccola fu avvistato, riverso in acqua a faccia in giù, alle 24.05 del 3 settembre 2009. A deciderlo, accogliendo l'istanza presentata più volte dai legali di parte civile per conto della famiglia e in particolare del padre della bimba Michele Favaro. Il sopralluogo è fissato per il 27 ottobre, alle 15.30. Convocati anche gli investigatori e i tecnici che svolsero i primi accertamenti. La corte ha disposto anche l'acquisizione delle registrazioni delle chiamate al 118 intercorse tra soccorritori e medici.
La perizia
L’ora della morte, fissata tra le 22.30 e le 23.20. La permanenza in acqua per 45 minuti. La causa della morte: asfissia meccanica da annegamento. L’assoluta correttezza degli interventi di soccorso messi in atto da medici e infermieri che fecero l'impossibile per rianimare la piccola. Queste le risposte certe che emergono dalla superperizia disposta dal tribunale e presentata ieri in aula durante l’ultima udienza del processo che vede Simone Moreira, 24 anni, imputata della morte della figlia Giuliana Favaro, annegata nel Monticano il 2 settembre del 2009.
Risposte definitive che, se fanno segnare qualche punto a favore dell’accusa, non incastrano però definitivamente l’imputata. Il processo a carico della 24enne brasiliana, infatti, continua ad essere un processo indiziario. Le risposte elaborate dai periti alle domande del tribunale, infatti, spiegano l’orario e la causa della morte ma non come la bimba sia finita nelle acque del fiume e cioè se vi sia caduta accidentalmente, come sostiene la difesa, oppure sia stata gettata dalla madre come sostiene invece l’accusa.
L’ora del decesso
Le conclusioni a cui sono giunti i periti però, fissano quanto meno alcuni fondamentali paletti. A cominciare dall’ora della morte e dalla permanenza in acqua. Giuliana potrebbe essere finita nel fiume anche un minuto dopo essere passata, in braccio alla mamma, davanti alla telecamera di videosorveglianza che l’ha immortalata per l’ultima volta viva alle 22.23 del 2 settembre. Secondo Carlo Sorbara, direttore del dipartimento di Anestesia dell'ospedale di Treviso, la bambina è rimasta in acqua 96 minuti, con uno scarto di dieci minuti in più o in meno, e la morte, per asfissia meccanica da annegamento, è intervenuta in un periodo che va dai 45 minuti ad un’ora e 45 minuti prima che, alle 24.05 i vigili del fuoco la ritrovassero riversa a faccia in già nell’acqua del fiume.
“I dati clinici ci dicono che non possiamo escludere che la bimba sia caduta in acqua anche un minuto dopo essere passata davanti alla telecamera”. Alle 22.39 la madre, Simone Moreira chiama l’amica Aline per dirle che ha perso la bambina. Orari importanti perché stabiliscono che il dramma di Giuliana si è consumato, in quei 16 minuti che intercorrono tra l’immagine catturata dalla telecamera e la chiamata della madre. Sedici minuti che, secondo l’accusa, sarebbero stati insufficienti alla piccola per arrivare in Piazza Rizzo, passare attraverso il pertugio nella recinzione, scendere l’argine e quindi finire in acqua.
I segni sul corpo
Un altro punto a favore dell’accusa lo segnano le dichiarazioni del professor Raffaele De Caro, direttore del dipartimento di Anatomia dell'Università di Padova, che ha ribadito in aula, come il corpo di Giuliana non presentasse: “Nessuna lesione da contatto meccanico o sfregamento. Non aveva contusioni o ferite compatibili con cadute. Non avendo segni sulle piante dei piedi che potessero indicare il transito lungo un terreno scosceso l’unica ipotesi è che lo spazio percorso fosse estremamente limitato altrimenti avremmo trovato tracce visibili”.
Scontro tra accusa e difesa
La discussione è poi proseguita con gli interventi dei consulenti di parte che non hanno contribuito a chiarire il quadro, né in un senso né nell’altro. Ma sia accusa sia difesa si dicono soddisfatte: “La perizia lascia aperte tutte le ipotesi e rimane il dubbio legittimo che le cose siano andate come da sempre sostiene l’imputata – spiega Alvise Tommaseo Ponzetta, avvocato di Simone Moreira, - e cioè che la bambina sia caduta in acqua accidentalmente.
Il ragionevole dubbio sussiste”. “La perizia chiaramente afferma che la morte della bimba può essere avvenuta a ridosso delle 22.20-22.30 – replica l’avvocato di parte civile Luigi Fadalti -, e quindi ciò si collega alla prima telefonata che l’imputata fa all’amica Aline dove si lamenta della, secondo lei, avvenuta scomparsa della piccola e ciò è chiaramente un elemento che sostiene la tesi dell’omicidio”.
La prossima udienza è fissata per il 27 ottobre.