IANOTTO E ARMELLIN: "TORNIAMO IN ITALIA LA PROSSIMA SETTIMANA"
Il suocero: "in quegli 80 giorni Roberto non ha mai perso la speranza e la fiducia"
| Milvana Citter |
Conegliano - E’ felice ma anche un po’ frastornato. In Venezuela, Roberto Armellin si gode il suo secondo giorno di libertà e vuole stare tranquillo. Per lui oggi parla il suocero Walter Ianotto (nella foto) che abbiamo raggiunto nella sua villa di Caracas e che finito l’incubo accetta di parlare e raccontarci un po’ della prigionia e la della liberazione.
Signor Iannotto, ieri mattina per voi è finito un incubo?
Assolutamente sì. Quando abbiamo visto Roberto entrare in casa abbiamo provato una gioia immensa. Eravamo fiduciosi che la vicenda si risolvesse positivamente e ci dicevano che mancava poco, ma la preoccupazione era tanta.
Com’è avvenuta la liberazione?
I rapitori hanno accompagnato mio genero fuori dal bosco, su una strada sterrata. Gli hanno detto di camminare per circa due chilometri fino a raggiungere un paese dove avrebbe potuto trovare un taxi e tornare a casa e così ha fatto. E’ arrivato all’alba.
Perché i rapitori hanno deciso di lasciarlo libero?
Secondo quanto ci hanno detto i responsabili della Farnesina, che hanno seguito le trattative insieme alla polizia venezuelana, l’hanno liberato perché si erano resi conto di essere ormai accerchiati. I banditi hanno capito che in pochi giorni la polizia li avrebbe catturati e l’hanno lasciato libero.
E’ stato pagato un riscatto, quanto vi avevano chiesto?
Non abbiamo pagato e non so nulla della questione riscatto. Non avevamo un contatto diretto con i rapitori, se ne sono occupati i responsabili della Farnesina che hanno sempre mantenuto il massimo riserbo. Hanno fatto un ottimo lavoro, insieme alla polizia venezuelana hanno esercitato le giuste pressioni sui rapitori. Durante tutto il periodo del sequestro ci sono stati vicini, rassicurandoci e dicendoci che tutto stava andando bene e che dovevano essere fiduciosi.
Com’è stato trattato Roberto?
Bene, l’hanno sempre trattato con rispetto. E’ un po’ dimagrito perché è stato tenuto in un bosco, in condizioni non certo facili. Ma le sue condizioni sono buone. I rapitori non sono mai stati violenti con noi, neppure quando ci sono piombati in casa e ci hanno prelevato.
Suo genero come ha vissuto psicologicamente gli oltre 80 giorni di prigionia?
Mi ha detto che non ha mai perso la speranza e la fiducia. Ha sempre saputo che sarebbe tornato a casa e che ci avrebbe riabbracciato e questa consapevolezza gli ha dato la forza di resistere.
Anche lei è stato nelle mani dei rapitori cinque giorni, come ha vissuto la prigionia?
Eravamo in mezzo ad un bosco molto fitto, con vegetazione altissima che non faceva passare neanche il sole. Come riparo avevamo solo una specie di tettoia fatta con un tenda fissata a quattro pali.
Eravate legati? Vi davano da mangiare a sufficienza?
Non eravamo legati anche perché era impossibile scappare visto il luogo impervio. A controllarci erano in tre, i quali ricevevano ordini da altri. Ci hanno sempre dato da mangiare a sufficienza per quantità, il problema è che non erano cibi a cui siamo troppo abituati.
Perché l’hanno lasciata libera?
Dopo qualche giorno che ero con loro, gli ho spiegato che problemi di salute ho e gli ho detto o mi date i farmaci che mi servono o mi sentirò male. Allora mi hanno annunciato che mi avrebbero liberato. Anche perché poi ci avrebbero spostato in un posto, dove hanno effettivamente portato Roberto, troppo impervio e difficile da raggiungere per me.
Vi hanno dato modo di salutarvi con Roberto? Cosa vi siete detti?
Sì ci hanno detto che ci avrebbero separato e che io sarei stato liberato. Ho salutato mio genero e gli ho detto stai tranquillo, non ti abbandono. Sai che ho delle conoscenze a Caracas, farò di tutto per farti liberare al più presto. E lui ne è stato rassicurato, sapeva che con me a casa sarebbe stato tutto più facile anche per lui.
Quando tornerete in Italia?
Dobbiamo rimanere ancora qualche giorno ma pensiamo di rientrare la prossima settimana per riabbracciare tutta la famiglia. Roberto è ansioso di rivedere i suoi figli.
Signor Iannotto lei ha vissuto molti anni in Venezuela, continua ad avere attività ed interessi in quel Paese. Dopo quanto successo pensa che ritornerà a Caracas?
Non lo so. Quest’esperienza mi ha segnato. Per capire quanto bisognerebbe averla provata. L’attività che c’è qui la seguirà mia figlia, io davvero non so se tornerò.