Italicum, governo pone la fiducia. Bagarre in Aula, il Pd si spacca
Il governo, per voce del ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, pone alla Camera la questione di fiducia sugli articoli della legge elettorale. In Aula si scatena la bagarre con proteste e urla da parte delle opposizioni, grillini in testa.
A fatica, la presidente della Camera Laura Boldrini riporta la calma per far terminare la formula di rito al ministro e convoca la Capigruppo. Che stabilisce la tabella di marcia: tre fiducie sui tre articoli che compongono il provvedimento. Si parte domani, alle 15.25 in programma la prima chiama. Si prosegue giovedì con gli altri due articoli, ma, con ogni probabilità, il voto finale slitterà alla settimana prossima, post primo maggio.
"I casi di esclusione della facoltà di porre la questione di fiducia sono individuati dall'articolo 116 comma 4 del regolamento", che "non possono che essere di stretta interpretazione - dice poi la presidente della Camera rispondendo in Aula alle obiezioni - Dal momento che tale disposizione non prevede tra le materie escluse quella elettorale, la presidenza, senza entrare nel merito di valutazioni sull'opportunità politica del voto di fiducia, non può che ammettere da parte del governo l'esercizio di tale prerogativa costituzionale".
E' scontro in aula tra Boldrini e il M5S. Ad accendere la miccia il deputato Diego De Lorenzis, che grida e dà della "collusa" alla presidente della Camera che ammetteva, motivandolo, il voto di fiducia sull'Italicum. "Lei - dice Boldrini a De Lorenzis - non può esprimersi in questi termini sulla presidenza, dovrà risponderne". Così dai banchi dei 5 Stelle si leva un coro di proteste. "Contrastate pure le spiegazioni con gli insulti - replica Boldrini - insultate, insultate perché non sapete argomentare. Complimenti, avanti così...". Ma per Beppe Grillo la fiducia è ''uno scempio", con l'aggravante che non arriva "nessun segnale da Mattarella. Dopo moniti di Napolitano, l'estrema unzione silenziosa del Quirinale. Eia eia alalà", scrive il leader del M5S in un tweet.
Dopo che il governo ha posto la questione di fiducia, il premier Matteo Renzi interviene su Twitter sottolineando: "Dopo anni di rinvii noi ci prendiamo le nostre responsabilità in Parlamento e davanti al Paese, senza paura". Poco dopo arriva un altro tweet: "La Camera ha il diritto di mandarmi a casa, se vuole: la fiducia serve a questo. Finché sto qui, provo a cambiare l'Italia".
Sempre su Twitter arriva il no di Pippo Civati alla fiducia. "Non la voterò" annuncia. E sul blog sottolinea che la fiducia è ''una scelta forzata, non giustificata da nessun elemento, né numerico, né politico". "La fiducia su legge elettorale è inaccettabile - gli fa eco su Twitter Stefano Fassina - Mina alle fondamenta la democrazia. Tradisce i valori costitutivi del Pd. Non si può votare". Anche Alfredo D'Attorre annuncia che non voterà la fiducia, mentre Gianni Cuperlo pur parlando di ''strappo" non si sbilancia sul voto: "Valuteremo". E Pierluigi Bersani avverte: "Qui c'è in gioco una cosuccia che si chiama democrazia, non tocca solo a me farlo capire ma a tutti. Non c'è Bersani-Renzi, non c'entra niente il governo o la fiducia, c'è in gioco la democrazia".
Renato Brunetta, capogruppo di Fi alla Camera, prende la parola per condannare la fiducia sull'Italicum e attacca: "Non consentiremo che quest'Aula diventi un bivacco di renziani...". ''Non consentiremo il fascismo renziano, non lo consentiremo!". Durissimo l'intervento anche della capogruppo di M5S alla Camera, Fabiana Dadone. Porre la fiducia sulla legge elettorale è "un atteggiamento da miserabili" scandisce in Aula.
"La gente si sta svegliando e ha capito che siete un bluff al servizio del potente di turno e non al servizio dei cittadini - dice Massimiliano Fedriga della Lega - Avrei voluto vedere questo piglio decisionista del governo sulla disoccupazione".
Maurizio Bianconi, deputato 'ribelle' di Forza Italia, si allontana furente dall'Aula di Montecitorio. E ne ha per tutti. Insulti irripetibili diretti a Maria Elena Boschi, 'rea' di aver messo materialmente la fiducia. Poi sbotta diretto al governo: "Branco di maiali, infami e rottincu...Vergogna!". Il collega azzurro Pietro Laffranco tenta di rincuorarlo, ma con una battuta infelice vista la presenza dei cronisti: "Dai, non fare così. Meglio la fiducia, si lavora di meno...".