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28 marzo 2024

Treviso

Ludopatie: nella Marca la spesa media per il gioco segna +40%

In Italia 42 giocate al secondo; Veneto e Treviso casi nazionali

| Davide Bellacicco |

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| Davide Bellacicco |

Ludopatie: nella Marca la spesa media per il gioco segna +40%

TREVISO- Uno scenario allarmante, quello emerso nel corso della Commissione Consiliare Provinciale Sviluppo Economico del 9 settembre, con la relazione sull’estensione del fenomeno del gioco d’azzardo stilata dall’associazione Avviso Pubblico: il Veneto, con 40.485 apparecchi elettronici installati nei pubblici esercizi ed una media di 70 per comune, rientrerebbe tra le prime cinque regioni italiane, seguita solo dalle regioni del Nord-Ovest. La spesa annuale sostenuta dai veneti per il gioco è aumentata di oltre il 40% rispetto al 2008, attestandosi sui 1131 euro pro capite (di cui 865€ relativi a videolottery e slot machine, in repentino aumento sul territorio), dato che fa riflettere se rapportato ai quasi quindicimila cittadini veneti con problemi di dipendenza da gioco patologico, dipendenza per cui, spiega il dott. Zanusso, in rappresentanza delle ULSS, «il governo non stanzia fondi ad hoc ma lascia solo la possibilità di ridurre il budget riservato alla cura di altre dipendenze per far fronte anche alle ludopatie».

 

Il problema si attesta, purtroppo, su scala nazionale, considerato come la sola Italia detenga una quota di mercato nel settore del gioco d’azzardo parti al 23% e ben 42 giocate al secondo, pur rappresentando appena l’1% della popolazione mondiale, ma a far riflettere è in particolar modo la posizione con cui si classifica la Marca trevigiana, diciannovesima e con l’allarmante record di 1089€ di spesa pro capite, 91 euro al mese.

 

«La liberalizzazione del settore a fine anni ’90 non ha arginato minimamente la criminalità organizzata, che anzi ha iniziato ad acquisire quote rilevanti nella legalità, entrando nel tessuto economico dei comuni prima intrattenendo rapporti con le istituzioni, poi offrendo servizi paralleli agli esercizi che hanno accettato la presenza degli impianti, in particolare nel settore bar e ristorazione, e infine proponendo prodotti finanziari per la clientela indebitata o acquisendo quote di debito per il recupero crediti mediante estorsione», denunciano Romani e Cereser, amministratori locali intervenuti in rappresentanza dell’associazione.

 

Fra le proposte presentate, l’istituzione di registri delle scommesse, il divieto di pubblicità ingannevole (promesse di facili vincite), la tracciabilità dei flussi finanziari mediante la regolamentazione degli accessi agli impianti per mezzo della tessera sanitaria, un aumento della tassazione sui giochi, sovente assai esigua rispetto ad altre attività a scopo di lucro.

 

Gabrielli, capogruppo di Forza Veneto per l’Italia, chiede di rimarcare l’obbligo di esposizione dei rischi.

Per Sartoretto (PD) «i comuni hanno ancora poteri troppo limitati per riuscire ad arginare il fenomeno».

Amendola, capogruppo di SEL, propone un aumento della tassazione per gli esercizi che ospitino le slot, così da scoraggiarne l’adozione.

Zabotti, capogruppo di Marca Civica, pone l’accento sulle esternalità negative non solo per i singoli, ma per la comunità: «La crisi ha generato l’occasione per un momento di riflessione sulle politiche di welfare. Questo fenomeno ha un costo ingente sul piano sanitario ma anche sociale, in termini di coesione familiare. Occorre una battaglia di tipo culturale, che parta dalla formazione dei giovani e, in questo senso, lo stesso concorso scolastico promosso da Avviso Pubblico, “Mettiamoci in Gioco”, meriterebbe una seria ed efficace campagna di promozione». 

 

Di fatto lo stato non trae un significativo vantaggio economico dal gioco d’azzardo, considerando che, a fronte di un ricavo complessivo di circa 86 miliardi di euro derivante dalle concessioni in essere (come nel caso dei “gratta e vinci” o delle cosiddette schedine) e dall’imposizione fiscale, l’utile al netto dei costi derivanti da perdita di occupazione, depressione, uso di sostanze stupefacenti, psicofarmaci, cure mediche, liti familiari e violenza domestica, sfiorerebbe appena i 2,3 miliardi. Sarebbe una scelta politica, allora, quella di trovare delle fonti che non rendano l’economia nazionale, è il caso di dirlo, dipendente da fenomeni distruttivi del tessuto sociale. Nel maggio 2015, la Regione Veneto ha approvato la Legge Regionale 6/2015 finalizzata anche alla prevezione del rischio di dipendenza da gioco d’azzardo. Sul fronte parlamentare le iniziative non sono mancate (si ricorderà il dibattito che ha riempito le prime pagine dei quotidiani per qualche giorno al tempo del Governo Letta, poi affievolitosi fino al silenzio) ma, come gli stessi amministratori intervenuti in commissione non hanno mancato di riflettere, «quella del gioco è una lobby trasversale, che sa superare i confini fra schieramenti e il dibattito fra maggioranza e opposizioni» . Almeno nelle nostre piccole realtà, tuttavia, delle misure decise, a salvaguardia soprattutto dei più giovani, sarà bene assumerle.

 


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