"La morte è una meta della nostra vita, nessuno ha il diritto di provocarla"
La comunità bengalese di Conegliano prende le distanze dai fatti di Dacca
CONEGLIANO - “Il dolore della morte non ha religione. La morte è una meta della nostra vita, nessuno ha il diritto di provocarla. Nessuno ha il diritto di colpire il prossimo. Tantomeno in nome di Dio”. Risponde com l’amore e la pace, alla strage di Dacca, la comunità bengalese di Conegliano che, in una lettera, si dissocia dagli atti di violenza avvenuti venerdì scorso, spiegando che non può rimanere in silenzio rischiando di "interromepere il dialogo aperto e onesto con tutte le persone con le quali viviamo". La comuniìtà del Bangladesh, che si è perfettamente integrata nel tessuto coneglianese, teme che questi fatti possano causare rotture, paure, diffidenza, ed è per questo che ha deciso di far sentire la propria voce spiegando che quell'attentato non fa parte della loro cultura, della loro indole, che invece è pacifica, aperta, accogliente.
“Oggi - si legge nella lettera - il dolore per la morte di donne e uomini italiani, giapponesi e bengalesi di Dacca è un dolore forte, unico, condiviso. Ci sentiamo vicini a ciascuno di loro e alle loro famiglie che hanno subito una perdita ingiusta. La comunità del Bangladesh non si riconosce in questi atti di violenza, di orrore, che non rappresentano minimamente l’indole pacifica del nostro popolo, che si distingue per una cultura di accoglienza e del rispetto verso le diversità che ognuno porta con sé”.
“Non possiamo restare in silenzio di fronte ad eventi che, come quelli di Dacca, possano diventare strumento di rottura - continua la comunità bengalese - Non vogliamo interrompere il dialogo aperto e onesto con tutte le persone con le quali viviamo. Noi vogliamo riuscire a costruire il futuro dei nostri figli - conclude - che siano essi italiani o bengalesi, non solo con la speranza ma con atti concreti di rispetto, fiducia e di reciprocità”.