IERI E OGGI "Di partigiani il nostro Paese ha ancora bisogno"
Giuliano Varnier rieletto presidente dell' Anpi provinciale: " Con la pandemia si sono evidenziate enormi fragilità, nella scuola e nella sanità". E su Berlusconi al Colle si augura che l'incubo svanisca
TREVISO - Un Congresso ancora dentro la pandemia (e con tutte le emergenze annesse e connesse) è quello celebrato nei giorni scorsi dall'Anpi di Treviso, l'associazione dei partigiani. Presidente è stato rieletto Giuliano Varnier che abbiamo intervistato.
Nella sua relazione ha esordito spiegando che che “non siete solo un’associazione di chi la Resistenza l’ha fatta, e che purtroppo ormai per ragioni anagrafiche spesso non è più tra noi…”: che cos’è, cosa fa e a cosa serve oggi l’Anpi?
E' una associazione fondata dai partigiani, dai resistenti nel 1944. Fu fondata dai grandi partiti antifascisti, dal Cnl del Centro Italia il 6 giugno 1944, quando il nord era occupato dai nazifascisti e era ancora in corso la lotta armata per liberare il Paese. Fu riconosciuta il 5 aprile 1945, dopo la liberazione, da un decreto luogotenenziale. Il 27 giugno 1945, a guerra finita, i Cln del Centro e dell’Alta Italia decisero l’unificazione e l’associazione ebbe la fisionomia pressoché definitiva. È un “ente morale” con personalità giuridica. Alla fondazione, nella Presidenza, vi entrarono i rappresentanti del Comando Generale del Cln.
Chi ne faceva parte?
C’erano Luigi Longo, Ferruccio Parri, Enrico Mattei, Raffaele Cadorna e altri. Abbiamo la presenza unitaria dei partiti del Cnl che guidarono la Resistenza: comunisti, democristiani, socialisti, azionisti, liberali. Questo in sintesi per la storia. Le vicende politiche del dopoguerra e la guerra fredda portarono a delle dolorose separazioni, ma in questi anni l’organizzazione ha ritrovato la sua vocazione unitaria.
In che modo?
Nel 2006 l’associazione si aprì alle generazioni che la Resistenza non l’avevano fatta. Insomma l’associazione non si esauriva con le generazioni resistenziali, con i partigiani. L’antifascismo e i valori della Costituzione, che sono il lascito della Resistenza, non dovevano esaurirsi, ma rimanere come riferimento costante della nuova Italia.
Ma oggi come oggi c'è ancora bisogni di una associazione come l'Anpi...?
Le vicende della storia, comprese quelle di questi anni, dimostrano che c’è la necessità di una associazione com’è l’Anpi, che ricordi a tutti ed inveri le nostre radici: una Repubblica democratica fondata sul lavoro, sull’antifascismo, sulla solidarietà, sul sostegno a tutte le lotte per la libertà e per valori di uguaglianza in qualsiasi parte del mondo avvengano.
E sempre la sua relazione al Congresso non poteva non partire dalla pandemia, a proposito della quale ha detto che “non possiamo soltanto incolpare questo minuscolo virus di essere il responsabile di quanto sta accadendo”. Di chi la colpa più grande allora?
C’è stata e c’è una certa dose di irresponsabilità da parte di tanti governi nel mondo e soprattutto da parte delle maggiori potenze. Stiamo invadendo e distruggendo gli ambienti selvatici, la natura è diventata sempre più una merce da usare senza pensare alle conseguenze sul clima e sulle popolazioni. Stiamo distruggendo il pianeta. Questa irresponsabile politica provoca tragedie, inondazioni, desertificazioni e conseguentemente migrazioni di massa. La violenza sulla natura porta, lo sappiamo da anni, all’emergere e al diffondersi di queste pandemie. Questa volta ne è arrivata una più pericolosa e diffusiva di altre. Eppure c’è la pretesa, da parte di nazioni che inquinano e distruggono i mari, l’aria e il territorio da più di due secoli, che a fermarsi sia chi lo sviluppo comincia ad intravederlo.
Invece di cosa c'è bisogno?
Occorre la formazione di una “agenzia mondiale” che regoli le scelte di tutti e introduca anche delle compensazioni per chi si affaccia allo sviluppo solo di recente e soprattutto per i Paesi più poveri. La propose Obama nel 2014, ma non si è fatto nulla. Intanto cominciamo a convertire l’enorme industria delle armi, che è tra le più inquinanti, oltre a essere un pugno in faccia alle idee di pace, in qualcosa di utile per tutti.
Non ha mancato poi di parlare di povertà; quella assoluta in Italia è aumentata: 2 milioni di famiglie, oltre 5,6 milioni di persone.
Un numero enorme che colpisce soprattutto donne e bambini. Nel mondo ci sono miliardi di persone che soffrono la fame. Donne e bambini sono tra i più vulnerabili, sono i più colpiti. Si calcola che il padrone di Amazon abbia tratto profitti, solo in questi due anni di pandemia, per 81,5 miliardi di dollari. E altri Jeff Bezos hanno tratto profitti simili. Le stesse grandi case farmaceutiche, coi vaccini, stanno facendo miliardi. E spesso la ricerca è stata finanziata con soldi pubblici e anche utilizzando centri di ricerca e università pubbliche. Costoro ogni tanto fanno qualche elargizione umanitaria per farsi pubblicità, ma il grosso lo tengono ben chiuso in cassaforte.
Anche qui da noi, in Italia, la povertà dilaga...
Sono troppi quelli che non hanno un lavoro, una casa, l’essenziale per vivere con dignità. Si è poveri speso anche lavorando. Ormai il precariato è la forma di lavoro dominante. In Veneto i nuovi assunti sono tutti precari. Superano l’85%. Ma aumenta spaventosamente anche la ricchezza di pochi. Basta visitare qualche centro della Caritas e di altre associazioni assistenziali per rendersi conto di un dramma sempre più grave ed inaccettabile.
Secondo lei l’economia, il modo di produrre e consumare come potranno - se mai riusciranno - a cambiare profondamente?
Oggi tante produzioni, tanta economia, si fondano sull’eccesso, sullo spreco. Non vogliamo certo mettere a digiuno il mondo, ricordando sempre che c’è chi digiuna non per scelta. Occorre una maggiore sobrietà nel consumare e nel produrre. Ha senso trasportare merci tanto lontano, con l’inquinamento che ne consegue, quando potremmo consumare merci prodotte molto più vicino a noi? Sì, credo che dovremmo cambiare i modi di produrre e di consumare. Liquidiamo intanto l’industria di guerra e investiamo altrove. Occorre praticare un’austerità dettata dal buon senso, se vogliamo vivere e far vivere meglio chi oggi non ha nulla. Ma nessuno sarà trasformato in un frate francescano penitente.
Intanto sono sempre una emergenza la disoccupazione giovanile e femminile e i morti sul lavoro. Come si deve intervenire?
L’Italia ha una disoccupazione giovanile e femminile altissima. C’è una evidente incapacità di utilizzare le potenzialità del Paese. Sono tantissimi i giovani laureati e diplomati che vanno all’estero perché qui non trovano lavoro o sono sottopagati. Siamo l’unico Paese europeo dove il valore di salari e pensioni è al di sotto del 1990: - 2,9%. E poi è carente la formazione e la conoscenza delle nuove tecnologie resta ristretta. I morti sul lavoro sono una piaga vergognosa, inaccettabile. Invertire queste tendenze negative richiede innanzitutto un governo coeso, che non c’è, e poi servirebbe che lo Stato si dotasse di strumenti, banche e strutture di indirizzo dell’economia e della produzione. C’erano nella prima Repubblica, ma furono utilizzati male con sprechi e ruberie. Per questo fallirono. Vanno riproposti con altro spirito e altra moralità.
E poi abbiamo scuola, sistema sanitario, diritti: con la pandemia sono esplose emergenze anche su questi fronti.
Sono tutti temi che fanno riferimento ai principi costituzionali. La scuola e la sanità hanno bisogno di riforme profonde. La sanità pubblica ormai è quasi subordinata a quella privata. Mancano medici, personale qualificato. Con la pandemia si sono evidenziate enormi fragilità. Uguale la situazione nella scuola: carenza di aule, sovraffollamento, scarsa formazione degli stessi docenti e anche tanto precariato. La formazione deve essere una attività continua. E poi certamente i diritti civili.
Quanto ai diritti civili è di alcune settimane fa l'affossamento del ddl Zan.
Una vergogna. Come come mi sembra inaccettabile che non ci sia la possibilità, per chi soffre di malattie gravissime ed insopportabili, di scegliere di morire con dignità, senza essere legato a macchine che danno solo tormento e non vita.
Lunedì prossimo iniziano gli scrutini per l’elezione del presidente della Repubblica: davvero c’è il rischio di mandare sul Colle più alto Silvio Berlusconi?
Sarebbe un ulteriore schiaffo al prestigio del Paese a livello mondiale. Berlusconi non è stato soltanto divisivo. È uno che ha piegato le leggi ai suoi interessi quando ha governato. È stato condannato in via definitiva per evasione fiscale e accusato di tante altre cose, anche peggiori, finite in prescrizione. Speriamo che l’incubo svanisca.
Siamo alle prese con il solito problema della mancanza di memoria di questo Paese?
Il Paese non ha memoria se non c’è chi la trasmette. Chi governa deve farlo con l’esempio e la moralità. La scuola con la formazione e tenendo alto il valore dell’insegnamento della storia. I partiti democratici dovrebbero riscoprire l’insegnamento dei partiti storici che hanno guidato il Paese fuori dal fascismo e ci hanno dato la Costituzione. Partiti che formano la coscienza pubblica e non degli acchiappa voti. Noi Anpi cerchiamo di fare la nostra parte coniugando memoria, presente e attenzione al futuro.
Ma lei chi vedrebbe bene come Capo dello Stato? E se dovesse provenire dal centro-destra?
Mi piacerebbe una donna, ma con nome, cognome e qualità dimostrate. Non mi piace che si dica una donna e basta. Rosy Bindi ad esempio. Questa è una idea personale, non coinvolgo l’Anpi. Credo però che troverebbe non 101 franchi tiratori, ma 202. Per il resto non faccio nomi. Che sia uno/a competente, di sicura fede antifascista e che faccia dello spirito della Costituzione il suo Vangelo.